Senza sogni, colori e passione cosa resta del calcio? Nulla. Ecco perchè non riesco più a digerirlo.
Un cambiamento lento, ma inesorabile. Negli ultimi anni questo sport è diventato esclusivamente un business di potere. Un business in cui, inevitabilmente, i soldi contano più di ogni altra cosa.
E’ un calcio moderno in cui si parla sempre meno di pallone, ma di diritti tv, rigori dati o non dati, di appelli, ricorsi e controricorsi, di partite sospese per una nevicata, di faldoni in tribunale e di penalizzazioni.
Non se ne può davvero più. Anche perchè a rimetterci sono sempre i tifosi, delle squadre più piccole.
Le sfuriate in tv dei grandi allenatori, che fanno i grandi con i piccoli e i piccoli con i grandi. Le dichiarazioni arrendevoli dei presidenti di squadre normali, tanto rassegnati alle nuove dinamiche del calcio quanto determinati a non cambiare nulla.
Le big vorrebbero un campionato tutto per loro, le piccole forse sì, forse no. Ancora non si è capito. Poi accade che i risultati dei tornei siano già scritti prima ancora del loro inizio. La Juventus vince a mani basse, Roma e Napoli concorrenti non all’altezza. E dopo? Rimane il duello tra Inter e Milan, il resto è da contorno.
Così vengono oscurati i miracoli Atalanta, Sassuolo e via dicendo. Non ci si arrabbia nemmeno più, perchè “tanto va così“. Scherzare con la passione dei tifosi significa scherzare col fuoco.
Il calcio è un gioco, sarebbe opportuno ricordarcelo. E se questo sport si è trasformato in qualcosa di diverso bisogna riflettere e domandarsi se non sia il caso di tornare indietro per andare avanti.
Chi è disposto a fare un passo indietro? La soluzione è questa: meno soldi più passione, meno squadre più qualità.
La sicurezza negli stadi deve necessariamente restare una priorità, soprattutto di questi tempi. Abbattere le barriere, semplificare la rincorsa ai biglietti anche. Siamo nel 2017.
E se proprio volessimo far felici tutti allora lasciamo questo calcio business ai top club della nostra Serie A.
Lasciamo che se lo giochino da soli.