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Da Antognoni a Eriksen: quando in campo ti salvano la vita

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La vita non si misura attraverso il numero di respiri che facciamo, ma attraverso i momenti che ci lasciano senza respiro.”

Questo aforisma è incredibilmente popolare, troppo forse. L’abbiamo letto in alcuni romanzi, ascoltato nei film e risentito addirittura in qualche serie TV. Il suo essere tanto mainstream però non ne sminuisce l’essenza. È, infatti, una frase che racchiude una profonda verità: i momenti importanti, quelli che cambiano le nostre vite, si contano sulla punta di una mano e dobbiamo essere bravi a riconoscerne l’unicità.

Non è facile mettere subito a fuoco l’importanza delle cose, specialmente se di mestiere fai il calciatore. Enorme visibilità, uno stipendio da capogiro e scariche di adrenalina ogni settimana, contribuiscono al distacco dalla realtà che ti circonda. Molti calciatori realizzano della fortuna che hanno solamente a carriera finita, quando è troppo tardi per godere a pieno di alcune sensazioni. Non tutti però.

Alcuni calciatori, infatti, hanno vissuto dei momenti talmente tanto intensi da rimanerne sconvolti sin dal primo istante. Momenti che tolgono il respiro. Letteralmente.

E quello che è accaduto a Christian Eriksen nella partita Danimarca-Finlandia di qualche giorno fa, con Kjaer che tempestivamente si è assicurato che l’interista non ingoiasse la lingua e i rianimatori che hanno compiuto il miracolo, ne è un esempio. Ma solo l’ultimo.

Nel 2018 il calciatore e capitano dello Sporting Lisbona Sebastian Coates durante la partita contro il Portimonense, che tra l’altro cadeva proprio il 7 Ottobre giorno del suo compleanno, intervenne prontamente a soccorrere il suo compagno di squadra Romain Salin, portiere biancoverde che nel tentativo di respingere un tiro sbattè la testa contro il palo, perdendo i sensi. Coates capendo la gravità dell’impatto allarmò lo staff e l’arbitro immediatamente, sollevando la lingua da dentro la bocca dell’estremo difensore impedendo così il soffocamento, salvandogli la vita.

Prima di Salin, nel 2016, durante la partita tra Costa d’Avorio e Mali, valida per le qualificazioni ai Mondiali di Russia 2018, Costa d’Avorio e Mali un episodio avvenuto a metà del primo tempo rimane nella memoria di chi c’era o di chi l’ha vista in televisione.

Al 19esimo minuto, l’esterno d’attacco maliano Moussa Doumbia è pronto a colpire la palla di testa quando viene travolto da un difensore ivoriano. Doumbia cade a terra e non accenna a muoversi. Nessuno sembra accorgersi della gravità della situazione tranne Serge Aurier, difensore della Costa d’Avorio: si avvicina velocemente a Doumbia, gli apre la bocca e gli rivolta la lingua per evitare che il collega muoia soffocato. Dopo attimi di tensione il maliano apre gli occhi e inizia a tossire.

Non ricordo nulla di quello che è successo,” ha dichiarato Doumbia pochi giorni dopo l’accaduto “ma ho visto dalle riprese video che Aurier mi ha messo la mano in bocca. Mi trovavo nello stesso albergo in Costa d’Avorio e così ho avuto modo di ringraziarlo. Non lo conosco di persona, ma credo che sia un bravo ragazzo. Ha fatto un bel gesto, ha cuore. Mi sento bene ed ho ripreso anche ad allenarmi”.

Anche in Italia abbiamo assistito ad episodi simili. Ai tifosi di vecchia data della Fiorentina, guardando questa foto, sarà corso un brivido lungo la schiena.

 È il 22 novembre 1981 e l’Artemio Franchi è esaurito in ogni ordine di posto. La Viola infatti ha finalmente una squadra competitiva e sin dai primi mesi del campionato dà l’impressione di poter lottare per uno scudetto che manca dal 1969. Quella domenica la Fiorentina si scontra con il Genoa, e al 52esimo minuto Antognoni – capitano, simbolo e numero 10 della compagine toscana – ha siglato il gol del momentaneo 2-1. Appena 3 minuti dopo Bertoni lancia di nuovo in profondità Antognoni, che di testa anticipa l’uscita del portiere rosso-blu Martina. Ed è proprio in quel momento che i 45000 del Franchi trattengono simultaneamente il respiro.

Il movimento di Martina è quasi da codice penale e finisce per colpire violentemente Antognoni alla tempia. Il numero 10 viola crolla a terra, esanime. Al contrario della situazione Doumbia, questa volta la gravità di ciò che sta succedendo è subito evidente. Onofri, capitano rosso-blu, ha le mani nei capelli e chiama a gran voce l’intervento dei medici. Di corsa arrivano il massaggiatore Raveggi ed il dottor Gatto, medico sociale del Genoa. Antognoni non respira, il cuore si è fermato. Di conseguenza Gatto non può fare altro che praticare un massaggio cardiaco al capitano viola. Dopo minuti che sembrano ore, Antognoni apre gli occhi e viene trasportato d’urgenza in ospedale.

Fortunatamente il simbolo della Fiorentina riuscirà a tornare in campo dopo 14 giornate. Purtroppo (o per fortuna, a seconda della fede calcistica) non sarà in grado di portare a termine l’impresa di riportare lo scudetto sulla riva dell’Arno. Il sogno si infrangerà all’ultima giornata sull’asse Catanzaro-Cagliari.

E sarà proprio un giocatore della squadra sarda, 17 anni dopo la vicenda Antognoni, a rendersi protagonista di un altro momento indimenticabile.

Allo Stadio Friuli si affrontano Udinese e Cagliari per l’undicesima giornata del campionato di Serie A 1998/1999. Il fantasista dei padroni di casa, Thomas Locatelli, punta la difesa rosso-blu prima di essere fermato dal difensore Gianluca Grassadonia. Nel contrasto Locatelli colpisce involontariamente la testa di Grassadonia con un calcio. Il giocatore del Cagliari perde immediatamente conoscenza.

Il più lesto a intuire cosa sia successo è Alessio Scarpi, portiere del Cagliari. Proprio come Aurier, Scarpi, con i guanti ancora addosso, rivolta la lingua di Grassadonia e tenta immediatamente una respirazione bocca a bocca. In quei frangenti subentra anche il medico sociale dell’Udinese, il Dottor Indovina, che prova con il massaggio cardiaco. Anche in questo caso Grassadonia si risveglierà tossendo dopo pochi istanti colmi di paura. Il peggio è passato.

Il Cagliari perderà 2-1 quella partita e Scarpi in occasione del secondo gol non è esente da colpe. Nonostante questo, rimarrà nella storia il voto assegnato al portiere dalla Gazzetta dello Sport: 10. Ecco la semplice quanto inattaccabile motivazione:

L’ intervento fondamentale è il bocca a bocca su Grassadonia che non respira più. Salva una vita, mica un gol

Esperienze tanto intense influiscono sulla comune percezione della normalità. Quello che di solito diamo per scontato assume di colpo maggiore importanza. Una partita, un’altra e poi un’altra ancora. In casa, in trasferta e poi ancora in casa. Squadra di club o nazionale. Per i calciatori (ma anche per i tifosi) le partite diventano una sorta di routine. Poi ogni tanto, indubbiamente, arriva una partita che ti fa assaporare delle sensazioni che mancavano da tempo. Poi di nuovo il vuoto.

Antognoni, GrassadoniaDoumbia Salin e Eriksen sono scesi in campo in quelle partite come centinaia d’altre volte. Ma qualcosa è andato diversamente. Il destino li ha messi di fronte a situazioni difficili, situazioni che fortunatamente non hanno provocato gravi conseguenze. Ma è proprio grazie a quelle partite, quelle in cui il respiro è mancato, che Antognoni, GrassadoniaDoumbia, Salin e ora Eriksen hanno ricevuto il dono di godere pienamente di tutti gli altri momenti, anche quelli che prima erano scontati. Anche quelli in cui il respiro non è mai andato via.

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