L’Independiente del Valle non è una favola, è bene saperlo da subito.
E non lo è nonostante abbia tutte le caratteristiche per esserlo.
L’espressione calcistica di Sangolquí, 75mila abitanti nella provincia di Pichincha, Ecuador.
Una città dormitorio che si svuota e si riempie seguendo i ritmi di Quito, capitale frenetica qualche chilometro più in là.
Una città che non ha dimenticato però la propria storia, fatta di cucina, agricoltura e di un turismo silenzioso ma costante, legato alla bellezza incredibile della valli che la circondano.
Ed è in questo contesto che è nato, il primo Marzo 1958, l’Independiente del Valle o meglio, l’Independiente José Terán, il nome che Los Rayados hanno mantenuto sino al 2014, in onore del fondatore e primo presidente.
Quasi cinquant’anni di anonimato calcistico, passati a barcamenarsi nelle serie minori ecuadoriane, senza ambizioni di sorta e con un piccolo seguito, affezionato ma privo di pretese.
Tutto questo fino al 2006, anno dell’arrivo in società di Michel Deller Klein, grosso imprenditore immobiliare, e di Franklin Tello, attuale presidente del club.
I due hanno fin da subito rivoluzionato la gestione della società sotto tutti gli aspetti, rendendola a tutti gli effetti un’azienda.
Un lavoro costante sulla promozione e valorizzazione del marchio.
La creazione del Centro di Alto Rendimento, una vera e propria Cantera, dove circa 150 ragazzi studiano e si allenano.
Un serbatoio fondamentale per l’Independiente, sia a livello tecnico che economico.
Solidarietà, Passione, Responsabilità, come punti cardine più volte ribaditi dalla presidenza.
Una sensibilità spiccata e sincera sia a livello locale che a livello nazionale.
Un esempio, fra i tanti, la decisione di donare alcuni incassi delle partite di Copa Libertadores alle vittime del terremoto che nell’Aprile 2016 ha sconvolto l’Ecuador.
Scelte, progetti, identità, che hanno permesso all’Independiente del Valle una crescita esponenziale sia a livello di fatturato, 31 milioni di dollari in 8 anni secondo la rivista Vistazo, sia a livello sportivo.
Crescita che ha portato nel 2010 all’approdo dei neroazzurri, per la prima volta nella loro storia, nella Primera Categoria, serie A ecuadoriana.
E anche se i risultati, pur buoni, non hanno ancora portato titoli (secondo posto nel 2013 come miglior piazzamento), la Máquina non ha paura di esporsi e, sia sui muri del Centro di Alto Rendimento, sia su quelli dello stadio Rumiñahui, dove l’Independiente gioca le gare nazionali, campeggia la scritta “Futuro Campeón del Ecuador”.
Un ottimismo più che giustificato se si pensa che l’Independiente ha già scritto un piccolo pezzo di storia a livello continentale.
I neroazzurri sono infatti fra le quattro semifinaliste della Copa Libertadores 2016 e hanno raggiunto questo risultato con un percorso ai limiti dell’incredibile eliminando club storici del panorama sudamericano.
Il Colo-Colo nei gironi, il River Plate agli ottavi, i Pumas UNAM ai quarti, fino alla semifinale con il Boca Juniors.
Semifinale che vede tutto ancora aperto dopo la vittoria per 2-1 in rimonta ed a sorpresa proprio dell’Independiente fra le mura amiche.
Ed è assurdo se si pensa che al minuto 95′ della gara di ritorno del primo turno preliminare, un rigore di Hernán López, attaccante uruguaiano del Club Guaraní, avrebbe potuto condannare l’Independiente all’eliminazione.
Un rigore calciato male, malissimo. Alto sopra la traversa. Un segnale, una premonizione.
Ed è altrettanto assurdo pensare a dove fosse l’Independiente dieci anni fa. Anonimo e sconosciuto club di periferia.
L’appuntamento con la storia sarà stanotte, ore 2.45 italiane, alla Bombonera di Buenos Aires.
Non è dato sapere come andrà a finire.
Incrociamo le dita per questa favola, che favola non è.
Per questa realtà di lavoro e passione.