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Premio a Moggi: perché in Italia la storia non è mai maestra di vita

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Premio a Moggi: perché in Italia la storia non è mai maestra di vita

Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Potrebbe essere questa una frase perfetta per descrivere ciò che è successo lo scorso 23 marzo nell’aula Zuccari di Palazzo Madama, sede del Senato italiano. Proprio nelle stanze di uno dei due rami del Parlamento nazionale è stato premiato, con un riconoscimento speciale alla sua carriera, uno dei più noti ex dirigenti del panorama calcistico nostrano: Luciano Moggi.

Moggi, tanto per rinfrescare un po’ la memoria, faceva parte della cosiddetta “Triade” bianconera, assieme ad Antonio Giraudo e Roberto Bettega. Questi tre personaggi passarono agli onori della cronaca nel 2006 quando scoppiò lo scandalo del mondo del pallone nostrano da tutti conosciuto con il nome di Calciopoli.

Calciopoli mise in luce una serie di scandali e partite truccate riguardanti varie serie dei campionati italiani. In esso erano tirate in ballo diverse società professionistiche fra le più importanti e numerosi dirigenti sia delle stesse società sia dei principali organi calcistici italiani (AIA, FIGC E LNP), oltre ad alcuni arbitri e assistenti.

Un vero e proprio terremoto che si concluse con vari verdetti che fecero un certo clamore. Tra questi ci fu anche la radiazione a vita dello stesso Moggi. Tale verdetto è stato confermato nel 2018 da una sentenza del Consiglio di Stato.

L’ex dirigente juventino, lo diciamo per diritto di cronaca, non fu il solo ad essere messo sotto accusa in questa triste vicenda calcistica. Fu però uno dei principali protagonisti di tutto il marcio che venne fuori a seguito delle intercettazioni e delle indagini dei magistrati.

Nessuno, inoltre, mette in dubbio la competenza dello stesso Luciano Moggi nell’ambito calcistico. Esso resta un personaggio che, prima dei fatti di Calciopoli, intuiva, il più delle volte, quali fossero i giocatori migliori sul mercato. Al tempo stesso riusciva a prendere tali calciatori a prezzi relativamente bassi rispetto alla loro forza e al loro supporto che, in seguito, davano alla squadra.

La Juventus, d’altronde, durante i suoi dodici anni di lavoro, dal 1994 al 2006, vinse ben 5 scudetti (di cui uno revocato più uno non assegnato), una Champions League, una Coppa italia, una Coppa Intercontinentale, una Supercoppa Uefa, quattro Supercoppe Italiane ed una Intertoto.

A queste vanno aggiunte anche due finali di Coppa Italia, tre finali di Champions ed una di Coppa Uefa che, però, terminarono con la sconfitta della squadra bianconera.

Ma torniamo adesso alla notizia di apertura, il premio assegnato a Moggi dal comitato dell’ordine del Leone d’Oro di Venezia. Esso, come prevedibile, ha suscitato numerose polemiche che, però, hanno più che altro riguardato il luogo in cui questa premiazione è avvenuta.

Una delle reazioni polemiche che ha suscitato più clamore è stata quella del giornalista sportivo Maurizio Pistocchi. “Il Comitato dell’Ordine del Leone d’Oro di Venezia ha conferito a Luciano Moggi nella sala Zuccari del Senato a Roma, un riconoscimento speciale alla carriera. Certamente meritato: in 100 anni di Calcio, nessuno era riuscito a far retrocedere in serie B la Juventus. Buonanotte”, queste le parole esatte del tweet di Pistocchi, che non ha mai nascosto le sue dure prese di posizioni riguardo la squadra bianconera in questi ultimi tempi.

Non sono mancate, manco a dirlo, le dure critiche arrivate al giornalista di Mediaset da parte, più che altro, di tifosi juventini nostalgici di quel soggetto che chiamavano “Lucianone”.

Chi scrive non vuole aggiungere altra benzina sul fuoco su un evento che ha macchiato, e chissà per quanto altro tempo lo farà ancora, la cosiddetta buonafede del mondo del pallone nostrano. Dare però un premio così importante ad una figura tanto discussa in una cornice del genere, sempre a modesto parere di chi scrive, poteva benissimo essere evitato.

Ancora una volta insomma insomma si è voluto fare un gesto che lascia più di qualche dubbio sotto notevoli punti di vista, D’altronde, nel nostro paese, la storia “non è quasi mai maestra di vita”.

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