‘Stiamo gradualmente assistendo alla trasformazione di quello che originariamente era un club sportivo in una impresa dedita al massimo sfruttamento delle opportunità di business, cosa che converte inevitabilmente i tifosi in clienti alla fine. E questo è uno dei motivi per cui stiamo perdendo la passione nel calcio. Stiamo tutti cercando di resistere, ma sappiamo ormai di sostenere squadre che non hanno a cuore le proprie tifoserie ma operano per fare soldi. Non dovrebbe davvero più essere permesso loro di chiamarsi squadre di calcio. Scelgano tra essere società di calcio o dedicate al business, se desiderano operare in questo modo. Non dovrebbe essere consentito ad avventurieri e corporazioni di prendere società di calcio con grande storia e trasformarle così. Dovrebbero occuparsi di lanciare le proprie aziende di calcio da zero e vedere quanti “fan” riescono ad attirare invece di appropriarsi delle nostre società di calcio, che hanno costruito il loro valore (il capitale sociale?) grazie a generazioni di tifosi che hanno sostenuto in maniera disinteressata la società, per poi vedere personaggi che camminano su tappeti rossi che arrivano a ‘rubare’ il valore così creato, prendendosi la gallina dalle uova d’oro’
La citazione è tratta da un’intervista di Kevin Rye, Fan Engagement & Communications Consultant, in passato collaboratore di Supporters Direct UK e attivamente coinvolto nel Dons Trust(AFC Wimbledon), allo storico rappresentante del Manchester United Supporters Trust(MUST), Duncan Drasdo, da anni alla guida dell’organizzazione democratica di tifosi più grande del Regno Unito, e riassume perfettamente quali siano i temi in ballo in questa fase storica non solo nel calcio italiano.
La domanda di maggiore coinvolgimento dei tifosi nella governance dei club è in crescita costante in tutta Europa, esistono oltre 400 tra club di proprietà dei tifosi e associazioni di tifosi formalmente riconosciute coinvolte a diversi livelli nella gestione delle società sportive. Lo sviluppo delle iniziative italiane è stato indubbiamente influenzato dallo scambio di buone pratiche con i partner esteri, in Europa il tema è da tempo oggetto di analisi da parte della UEFA e del mondo accademico(Loughborough Papers). Attraverso un percorso di quasi 10 anni, con un importante apporto dalle esperienze italiane, lo scorso mese ha preso forma indipendente SD Europe, ora organizzazione paneuropea che promuove e sostiene le istanze delle realtà che reclamo maggiore voce nella conduzione del calcio a tutti i livelli.
In Italia si possono grossolanamente dividere queste realtà in due gruppi distinti, da un lato le iniziative di calcio/sport popolare(implicitamente democratiche perchè aperte), dall’altro i gruppi di tifosi che danno vita alle associazioni di tifosi. Una divisione ‘pro forma’ essenzialmente utile a comprendere una differenza sostanziale nell‘origine delle iniziative: il calcio popolare nasce come totale rottura con il ”sistema”, sono club che nascono ex novo spesso legati a particolari contesti locali e sociali, attualmente se ne contano oltre 30; le associazioni di tifosi invece nascono sulla base di un’esperienza storica più lunga, si inseriscono in un fenomeno aggregativo già esistente, e da qui derivano molti aspetti divergenti nel rapporto con il proprio pubblico di riferimento rispetto al calcio popolare. Se ne contano anche qui circa 30 di cui 20 hanno anche dato vita ad un’associazione di coordinamento nazionale Supporters in Campo, che è stato riconosciuto come tra le migliori esperienze in via di sviluppo in Europa (Progetto europeo per migliorare il calcio coinvolgendo i tifosi nella proprietà e nella governance dei club, LINK).
Le prime associazioni di tifosi no profit, democratiche e aperte si affacciano nei primi anni del 2000, lo sviluppo di internet consente il ”contagio” dalle esperienze provenienti dall’estero, Inghilterra, Germania e Nord Europa in generale sono più avanti in questo tipo di realtà e i gruppi italiani incominciano un percorso molto legato al contesto europeo. Iniziano a prendere forma le linee guida che caratterizzeranno le associazioni italiane che prendono come spunto la tradizione anglosassone dei Supporters’ Trust, principalmente per similitudini nella struttura delle proprietà, idoneità della particolare forma no profit e profonde diversità con il contesto ”dell’azionariato popolare” spagnolo(spesso citato a sproposito), con il modello del 50% +1 tedesco/svedese come fine ed ambizione ultima di un lento processo pluriennale.
Chiarimento sull’”azionariato popolare”: è una definizione generica che, per gli sviluppi che ha intrapreso il movimento italiano, tende a restringere e distorcere il messaggio che invece viene veicolato dalle associazioni di tifosi. Nella cultura italiana la definizione di ”’azionariato popolare” è spesso associata all’idea di una colletta di ultima istanza, donazioni a fondo perduto che spesso non sono servite ad evitare fallimenti. In realtà è più o meno successo così nel passato, e non è una sorpresa lo scetticismo che ha accompagnato le prime realtà che si sono date una struttura aperta e democratica proprio per non disperdere le risorse, per tutelare l’impegno economico dei tifosi nei salvataggi.
Nell”azionariato popolare” l’impegno dei supporters si concretizza e si esaurisce solo nel possesso di una quota estremamente esigua e ininfluente in sede decisionale, spesso destinata a svalutarsi. I Supporters’ Trust vanno oltre, l’impegno nei confronti del club non è esclusivamente legato alla partecipazione nella società con quote, obbiettivo rilevante ma non esclusivo, ma nella definizione di un percorso di cooperazione e confronto con la società sportiva, anche di dura ma civile protesta, che può prescindere dall’impegno economico, definito da specifiche dinamiche democratiche, nel dettaglio i punti caratterizzanti le associazioni/cooperative di tifosi italiane:
Scopi sociali:
-Incoraggiare il consiglio dirigente del Club a tener conto degli interessi di tutti i tifosi (sia residenti nei confini nazionali che all’estero) e della comunità locale (imprese locali, residenti, autorità ecc) quando si prendono decisioni che hanno un impatto su di loro
-Coinvolgere attivamente e professionalmente tutte le parti interessate su temi legati al club
-Agire come mezzo di comunicazione tra i tifosi e la dirigenza del club
-Incentivare discussioni su tematiche rilevanti da presentare all’attenzione del club
-Collaborare con istituzioni e altri Supporters Trust su questioni come prezzi dei biglietti, orari dei match ed ogni aspetto legato al tifoso
-Acquistare quote del Club
Come accennato l’acquisto delle quote non è l’esclusivo fine delle attività realizzate dalle associazioni, l’ingresso in società rappresenta sicuramente lo strumento per formalizzare e regolare la partecipazione dei tifosi nella governance del club, ma è utile solo se il gruppo riesce a costruire un rapporto costruttivo con gli azionisti di maggioranza e sopratutto con la base del pubblico. Acquisizioni di quote in contesti di contrasto tra base e proprietà rischiano di esporre gli investimenti a maggiori rischi senza che si possa intervenire per tutelare le quote dell’associazione. Compito complessivo è quindi quello di essere una voce dei supporters rilevante, rappresentativa e regolata democraticamente per svolgere costantemente un ruolo di sensibilizzazione sulle tematiche più rilevanti e di proposta costruttiva nei confronti della società e della comunità locale.
Le principali caratteristiche di associazioni e cooperative democratiche, ‘una testa un voto’, che si sono sviluppate in Italia si contraddistinguono per l’operatività interna volta alla massima partecipazione, inclusività e trasparenza, e possono essere sinteticamente elencate così:
-Democratiche
-Senza scopo di lucro (no profit)
-Indipendenti, di proprietà e gestite dai tifosi
-Focalizzate e strettamente legate alla comunità locale
-Giuridicamente riconosciuti ed a responsabilità limitata
-Responsabili, trasparenti ed aperti
-Potenti abbastanza da influenzare e aiutare la gestione dei club
-Flessibili abbastanza da poter operare anche con numeri elevati di aderenti.
E’ evidente da questi aspetti la profonda differenza da una semplice colletta, come pure importante evidenziare perchè ‘pro forma’ è più corretto non mischiarle con il calcio popolare, la base delle iniziative è la stessa: la crescente richiesta di un radicale cambiamento nella gestione complessiva del calcio, voglia di autodeterminare la gestione di beni comuni come i club sportivi, parte integrante della comunità locale, pur articolandosi con diversi approcci con il pubblico. Due facce della stessa medaglia che proseguono sulla stessa strada, che ci sarà modo di approfondire, in attesa che anche le istituzioni riconoscano e ascoltino le voci che ormai si moltiplicano e che reclamano maggiore partecipazione.