Pensava di aver già pagato abbastanza il debito con la vita quando a 26 anni stava riparando l’antenna di casa e fu attraversato da una scarica elettrica di 20 mila volts che gli procurò l’amputazione di tutti e quattro gli arti. E invece sembrerebbe che ci sia mai fine al peggio per l’atleta paralimpico Philippe Croizon. Uno che se il destino infame l’ha voluto privare di braccia e gambe, sicuramente Madre Natura l’ha voluto dotare di gioielli di famiglia di adamantio. Perché per il francese che lavorava l’acciaio, divenuto nuotatore paralimpico dopo l’incidente, la vita è una sfida continua. Non tanto per le ovvie difficoltà che può avere una persona nelle sue condizioni, ma piuttosto perché Philippe è un eroe che prende la quotidianità di petto. Le sue imprese parlano chiaro ed è impossibile solo pensare che abbia potuto attraversare a nuoto il Canale della Manica ma anche lo Stretto di Bering e il Mar Rosso. Non contento ha voluto provare con i motori, mica facendo il giretto su pista che siamo capaci tutti (???), ma cimentandosi in quella che forse è la corsa più complicata e dura che esiste, la Parigi-Dakar, 9000 km di polvere e sudore.
Insomma Philippe pensava davvero di averle viste tutte. E invece, evidentemente, no. Sul suo profilo twitter ha postato un messaggio che è meglio ridere per non piangere a dirotto. In poche parole, mentre era su un treno in Francia, il controllore ha chiesto all’atleta il certificato di invalidità per verificarne la veridicità così da consentire alla madre, che era con lui, di poter viaggiare come previsto in questi casi gratuitamente. L’assurda richiesta ha lasciato l’atleta ovviamente interdetto. E vorrei vedere. Dopo aver dovuto sopportare quello che ha dovuto sopportare, trovarsi a dover confermare con un pezzo di carta la sua invalidità è paradossale. Nessuno vuole speculare sulla buona fede del controllore, ma almeno interroghiamoci sulla sua capacità di giudizio per non dire sulla sua intelligenza. Ma come? Non lo vedi che non ha le gambe e le braccia?
“..quando un controllore chiede il mio certificato di invalidità per verificare… cosa esattamente? E non è uno scherzo”
La cosa non deve essere piaciuta ai passeggeri che viaggiavano nel vagone di Croizon, visto che si sono scagliati verbalmente contro il controllore e l’indignazione è chiaramente divampata anche sui social. Philippe ci ha tenuto a dire che il suo tweet era un modo ironico per commentare questa vicenda assurda e di certo il suo intento non era quello di far ricoprire di insulti un lavoratore che forse aveva avuto una giornata difficile, lunga e stancante. Caro Philippe, sei molto gentile. L’insulto, qui, è il minimo. Perché niente è peggio del danno se non la beffa, e questo è universalmente accettato. E se non lo si riesce a capire è un bel problema. Sappiamo tutti quanto sia duro, pur non vivendolo in prima persona, il mondo di un invalido, figuriamoci per uno che ha dovuto fare a meno sia delle gambe che delle braccia nel fiore della gioventù. Costretto ad accettare e superare la più piccola delle difficoltà, oltre agli sguardi pietosi mascherati da disinvolta nonchalanche, che inevitabilmente chi è abituato a vivere in determinate condizioni riconosce in un attimo. O peggio sopportare gli altri sguardi, quelli dello scherno, del ribrezzo. E allora fatemi capire: non ci accorgiamo dei finti ciechi che guidano le moto e dei paraplegici miracolosi che corrono come Bolt, ma facciamo i pignoli con chi è palesemente riconoscibile come invalido? Sarebbe bastato un minimo di attenzione maggiore alla realtà (nel senso: ma ce li hai gli occhi per vedere?) e uno zelo minore verso il protocollo per evitare figure di melma e il pubblico ludibrio/sdegno.
E allora me lo immagino il controllore assediato dai viaggiatori, rosso in faccia per la vergogna, che balbetta: “Scusate, lui è invalido, ma io sono coglione. Abbiate pietà”