Walter Elias “Walt” Disney prima di diventare uno dei principali cineasti del XX secolo ed essere riconosciuto come il padre dei film d’animazione, nelle sue esperienze lavorative non ricevette solo elogi. Si racconta che venne licenziato per mancanza di immaginazione e creatività. Forse queste delusioni l’hanno portato a rafforzare il suo talento. Una tra le sue più celebri citazioni dice: “Pensa, credi, sogna e osa”.
Paola Gianotti prima di compiere la sua impresa, credo si sia immedesimata in questa frase. L’ha fatta sua. Ha pensato, creduto e sognato con tutta se stessa a questo suo progetto. Lei ha osato, per compiere un simile percorso occorre osare e “armarsi” di coraggio, tralasciando la paura (quella che paralizza) e i pensieri (quelli negativi che tolgono la fiducia). Le sue idee erano chiare: cambiare vita, lasciare la routine per aprirsi all’imprevedibilità del mondo, così stupefacente, che ti permette di esaudire anche il più pazzo dei sogni. Il carattere solare, la determinazione e l’amore per i viaggi le hanno permesso di mettere nero su bianco il suo sogno: fare il giro del mondo in bicicletta.
Questo e l’intero viaggio sono stati narrati proprio da Paola nel libro edito da Piemme “Sognando l’infinito”. Dopo averlo letto con immenso trasporto, dopo aver “fatto mie” le parti che toccano l’anima, proverò a raccontare quest’impresa che credo si possa definire tra le più uniche al mondo.
8 marzo 2014: parte il viaggio tanto atteso. Con determinazione e con mille pensieri che le frullano in testa, Paola prende la sua inseparabile amica Hobo, monta in sella e pedala radiosa verso i tanti chilometri che la attendono, in piena libertà. La tensione le rende la pedalata faticosa, Paola sa che è normale, ma non sarà la fatica a fermarla. C’è tanto da vedere e da scoprire. I giorni passano e i chilometri percorsi aumentano. Lei in bicicletta ad “assaggiare” l’asfalto, il suo team dietro con il camper. Paola percorre giorno e notte sulla bici. Occorre buona volontà, pazienza e tenacia. Lei si adopera per fare il possibile, sorridendo, stupendosi delle bellezze che incontra e ringraziando per il dono grande che sta vivendo.
Il viaggio prosegue dall’Europa all’America del Sud, raggiungendo poi gli States. Paola non smette di pensare a quante cose belle sta vivendo. Il 16 maggio 2014 succede un imprevisto. Verso le undici del mattino, viene investita da una macchina. Cade, perde i sensi e con l’elicottero viene trasportata in ospedale: riporta la rottura di una vertebra cervicale. Momenti tristi, tanto sconforto e la paura di non poter terminare il sogno.
Paola avrebbe desiderato poter risalire subito in sella e tornare a pedalare, ma la prudenza l’ha portata a riposare. Dopo quattro lunghi mesi, dopo esser tornata in Italia per ulteriori controlli, la situazione migliora. La vertebra si ricompone e la felicità può tornare a farla da padrona. Il sogno riparte, con tanta gioia. Riavvolge il nastro e si ritrova dove l’incidente l’aveva bloccata. Finita la “piccola” America attraversa l’Australia. Sempre con il sorriso, riprende il ritmo. Dopo immense foreste verdi arriva il nulla: percorre il terzo logorante deserto. Resiste, sfinita.
I tanti chilometri percorsi cominciano ad accumularsi, nel fisico e nella mente. Attraversando le fatiche asiatiche si raggiunge la bellezza intrisa di pace e serenità della Thailandia. Una vera e propria ricarica per il finale. A cavallo tra Asia e Europa arriva la Turchia. Istanbul. Una delle città più belle per Paola che la riempie di ammirazione per questo popolo che tra le mille diversità, riesce a vivere insieme. Subito dopo Grecia, Albania, Montenegro, Croazia. I chilometri aumentano come la forza e l’entusiasmo di Paola. L’Italia è ad un “passo”: mancano 100 chilometri. Quelli già percorsi sono 270.000.
E Paola? Pedala e sorride, sorride e pedala. L’Italia è alle porte. I muscoli si sciolgono, la tensione diminuisce e tutto diventa sublime. All’arrivo nella sua Ivrea tanti la stavano attendendo festanti: un’emozione che in pochi minuti ricarica da tutte le energie spese e che fa dire che ne è valsa davvero la pena.
In questa storia quello che colpisce è il dialogo continuo che Paola fa con se stessa. In ogni momento del viaggio si parla e ascolta il suo corpo. Una perfetta sintonia tra mente e corpo, ben consapevole che il rapporto con sé stessi è fondamentale.
Albert Einstein disse: “C’è una forza motrice più forte del vapore, dell’elettricità e dell’energia atomica: la volontà”. È stato così anche per Paola: la sua voglia di scoprire “l’infinito”, di toccare “con mano” il mondo, l’ha resa instancabile.
Nel libro Paola scrive: “Viaggiare sulle strade del mondo per conoscere, crescere e vivere”. Conoscere rende consapevoli, permette di crescere dando la possibilità di vivere godendo appieno della bellezza e della maestosità di questo dono di Dio.
29.430 chilometri in 144 giorni: il desiderio può davvero fare miracoli.
FOTO: www.torino.repubblica.it
Massimo rispetto per questa ragazza, che oltretutto ha avuto anche un grave incidente durante il percorso. Permettetemi di dirmi che sono però un po’ stufo di queste pseudo imprese. 10 anni fa ho preso la mia bici di Decathlon (non quelle ipertecnologiche di cui sono possessori questi eroi), sono partito da MIlano e sono arrivato in Donegal. Da solo. senza camper al seguito, senza fotografi, senza sponsor. Ho preso due mesi di aspettativa dal lavoro e sono partito con con 1200 euro. La bici aveva 30 kg di carico, non bella scarica come quella degli eroi, dormivo in tenda e la mattina ripartivo. Non ho disturbato nessuno con le mie foto ovunque per i meravigliosi incontri fatti. Ho rotto raggi, pedaliera, manubrio, sempre aggiustato da solo. Oltretutto vorrei sapere come si fa a stare in giro due anni con camper al seguito senza lavorare. Ma forse questi sono quesiti irrilevanti per gli eroi. Se mi riempiono di soldi posso fare 3 volte il giro del mondo, anche a piedi, anche se ora ho 48 anni. Se a uno va di fare una cosa del genere, lo fa senza clamore, senza fotografi, senza Facebook, altrimenti non lo fa per sé, ma per mostrarsi. Forse è per questo che non sono iscritto a nessun social network. Andassero senza codazzo al seguito le foto le tenessero per sé e i propri amici, ma magari poi diventa banale, soprattutto se devono tornare a fare un lavoro normale dopo.
Massimo, avendo la tua età ti capisco, ma i tempi cambiano. Non è più il tempo degli eroi. Ora è il tempo del packaging, come questo articolo e la storia di questa signora. Io continuo a correre in bici e a fare le mie imprese senza bisogno di packaging mediatico, e mi va bene così… purtroppo i veri giornalisti non esistono più, altrimenti non si aggrapperebbero a questo packaging preconfezionato per scrivere le loro epopee, ma andrebbero a cercarsi le storie, quelle vere, da togliere il fiato. Come la tua. ciao
Ti ringrazio, non ho accennato alla mia personale per scriverne, ma solo per dimostrare che ormai sembra che si esista solo se si condivide. Per fortuna le cose migliori avvengono ancora nella vita reale, come la tua, dove sono sicuro, sono successe cose molto più sensazionali, ma le hai tenute per te e i tuoi cari. In bocca al lupo per le prossime!
Sì, lo fanno per mostrarsi, non è vietato
Non ho detto fosse vietato,
Ho solo disapprovato il modo in cui si fanno ormai certe cose. Tutto qui.
bravissima davvero, complimenti. ma la storia non dice come ha fatto per mantenersi durante tutto questo tempo, dove dormiva etc…
non hai visto né sentito neppure “il suo team dietro con il camper”, mica tutti sono squattrinati
Mio cognato parte in bicicletta nel 1980, ha 35 anni, scapolo, pochissimi soldi in tasca, meccanico e dintorni che gli servira per fare qualche soldo durante l’avventura. Sono anni dove non esiste ancora il web e i cellulari per tutti e le comunicazioni viaggiano ancora per telefono, telegrafo e posta.
Sparisce per 5 anni e in questo periodo, a parte Russia e Cina allora improponibili, percorre tutto il mondo in bicicletta e queste sono le sue ultime righe scritte nel racconto delle sue memorie….” Dopo questo lungo viaggio un ultimo bilancio si impone: Un attentato, 76785 Km, 346 forature, 124 cadute, 5 incidenti, 51 copertoni consumati e 114 raggi rotti. Ho attraversato 11 deserti e 66 paesi di cui 11 stati dell’America del Nord. Ho superato 16 volte i 4000 m. di altitudine e una volta i 5059 metri. Ho conosciuto i -20 gradi in Alaska e i + 45 in Sudan. Ho riempito 5 passaporti, sono ingrassato di 8 Kg ed ho incontrato un numero incredibile di persone”.
I giramondo dei nostri giorni, con tutta la tecnologia disponibile, con tutti i contatti attivi e vigili in ogni momento della propria vita, non hanno nulla a che vedere con certe esperienze vissute nella piu totale assenza di contatti e assistenza tecnica e umana, per chi si accingeva a fare il giramondo negli anni ottanta.
Allora non c’era la fotocamera digitale e oltre al racconto scritto di suo pugno, conserva varie centinaia di diapositive e decine di articoli dei quotidiani locali che testimoniano i luoghi dove e` passato.