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Östersund: Storia di un piccolo grande Miracolo

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Avete mai visto un calciatore danzare sulle punte ne “il Lago dei Cigni”? No, mai credo, al massimo avete sentito parlare di brasiliani che abbandonano le squadre perché devono danzare al sambodromo di Rio. E avete mai visto fargli fare improvvisazione teatrale? Sì, quello sì, in campo, quando vengono toccati appena e urlano come se gli avessero estratto le interiora da vivi. Il calcio però è anche pieno di belle storie, nonostante i luogocomunisti credano sempre che demolirlo è meglio e che una volta era tutta un’altra cosa.



Bene, se non avete mai visto tutto questo, è evidente che, come me, non siete mai stati a Östersund cittadina svedese, dove gioca L’Östersunds, squadra di calcio che milita nella serie A. Se pensate di avere sentito tutto, bene, questo va oltre tutto. La squadra nasce nel vicino 1996, una ragazzina praticamente, una bellezza che si affaccia alla vita. Sono tre squadre a fondersi e ad occupare un posto mesto nella terza serie svedese. L’artefice della sua rinascita è il direttore sportivo Daniel Kindberg, il quale ad un certo punto, si rassegna che la squadra non se la caga nessuno (scusate il francesismo) e sta per mettere le travi a chiudere la porta della sede. Saranno un paio di giocatori a convincerlo che oltre a tutte le discipline invernali iperpraticate, può trovare posto il calcio. Lui ci crede e nel 2007 ricomincia. Ma con una chiave magica. Vuole fare un club multirazziale e aperto a tutti, per cui inizia la collaborazione con la federazione libica per farsi segnalare ragazzi che abbiano la passione del gioco e non versino in buone condizioni, collaborazione andata in fumo dopo lo scoppio dei confitti interni.

Nel 2010 la svolta. Kindberg ingaggia Graham Potter, allenatore inglese che fa centrare tre promozioni di fila e sposa in pieno la causa della squadra. In questi anni Kindberg però, vuole anche promuovere una filosofia di coesione di una squadra che ha varie nazionalità dentro. I giocatori partecipano a laboratori di scrittura, balletti, recite, eventi benefici, canto corale, poi vanno in campo e a chi li scambia per delle mammolette, fanno il sedere a frange. Piccolo particolare, appena in serie A, i ragazzotti acchiappano subito la coppa nazionale che vale un posto in Europa League, ovvero la sorella minore della Champions. Sembra abbastanza, ma evidentemente recitare e cantare aumenta altri talenti.

L’Östersunds affronta i turchi del Galatasaray, ovvero una squadra con cui giocare non è una gitarella a raccoglier nasturzi. All’andata li battono 2-0, con un gol in pieno recupero. Ma tutti pensano che al ritorno, X Factor per loro finirà lì. Invece a Istanbul finisce 1-1 con un gol di Nouri su rigore. E il bello è che la tifoseria turca, non proprio mai brillante per delicatezza, li ha applauditi e loro rincorrevano degli attoniti giocatori avversari per chiedere la maglia, li consideravano idoli da guardare in tv ed erano commossi. Finita qui? Manco per niente, arrivati alla fase a gironi fanno girare le scatole a parecchi e si qualificano primi, a pari punti con l’Athletic Bilbao, andandosela a giocare con l’Arsenal. La prima in casa, ritorno a Londra. E qui siamo alla storia recente, con l’Arsenal non passano. Ma se all’andata avevano perso 3-0, al ritorno a Londra, i pantaloncini dei gunners si tingono di una nuance marrone.

Già perché fino al minuto 46, sono sotto 2-0, significa che con un gol si va ai supplementari. Solo che al 47’, arriva il gol che salva i più forti che tanto forti non erano più. La fine della favola non è la fine della storia. Il capitano Nouri, è uno di quelli che ha visto un miracolo personale. A diciannove anni era un mezzo criminale, con imputazioni di detenzione di droghe, rapine, risse e pestaggi. Nel 2014 l’Östersunds lo preleva e gli dà fiducia, il ragazzo cambia testa, cambia vita e diventa anche il capitano, oltre che l’eroe della cavalcata europea. Avete mai visto un calciatore danzare? Bene, a Östersund danzano, sulle punte e sui tacchetti. E vincono. Nella vita.

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