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Nicolò Zaniolo: quei gesti che ci mancavano

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Nicolò Zaniolo: quei gesti che ci mancavano

La notte di Roma-Porto, fredda e serena, per l’Europa del calcio ha avuto i connotati della rivelazione. Magari non per tecnici e addetti ai lavori, che delle qualità di Nicolò Zaniolo se ne erano accorti già da tempo. Ma per il pubblico allargato, quello degli appassionati che seguono le dirette sulle pay tv o dei più indaffarati che devono limitarsi agli highlights, la prestazione fornita dal ragazzo del ’99 ha rappresentato l’apertura di un orizzonte verso il quale lo sguardo non si era ancora posato.

E’ ridondante, qui, ripassare le doti che danno spessore al gioco del giovane lanciato da Di Francesco in Champions League al Santiago Bernabeu lo scorso 19 settembre, quando ancora non aveva esordito in serie A. Una prestanza fisica ai limiti dell’esuberante, inusuale per un calciatore della sua età, combinata a una qualità tecnica superiore non sarebbero sufficienti a spiegare le giocate ariose di un ragazzo che declina sul campo gli aspetti migliori della sua gioventù fatta di semplicità ed efficacia. E’ questo che affascina maggiormente del modo di interpretare il calcio di Zaniolo: la scioltezza con cui scende in campo, la leggerezza con la quale accoglie le responsabilità che allenatore e compagni gli hanno gradualmente assegnato per virtù di leadership naturale. Più del fisico e della tecnica, la vera forza di Nicolò sembra risiedere nelle qualità mentali che governano i suoi comportamenti e che, più delle doti innate, sembrano essere garanzia di un futuro da campione del quale, dopo la notte di Champions, in pochi riescono a dubitare.

Oltre agli aspetti tecnici, però, agli amanti del calcio di vecchia data non sarà sfuggita un’altra specifica che tratteggia la figura di questo novello golden boy, ossia il modo con cui festeggia i suoi appuntamenti sempre più frequenti col gol. Maschere sul viso? Cuoricini disegnati a doppia mano tra pollici e indici? Salti in giravolta sempre con la medesima planata? Niente di tutto questo. Le celebrazioni di Zaniolo dopo un gol, coerenti col suo modo di giocare, traducono in gesti spontanei la gioia indescrivibile ai comuni mortali propria di quel momento. La corsa sotto la curva a braccia aperte richiama alla memoria le esultanze di un calcio che sembrava seppellito negli archivi del ventesimo secolo. La ricerca immediata del contatto con la gente, il salto slanciato a superare la “siepe” dei cartelloni pubblicitari, lo scatto adrenalinico per arrivare a incrociare le migliaia di sguardi travolti di gioia rendono i gol di questo ragazzo un meraviglioso spot del calcio pulito. La postura del suo corpo, col busto eretto e le braccia aperte, porta con sé ciò che tiene uniti tifosi e calciatori, padri e figli, amici lontani. E’ la ricerca di un abbraccio, senza difese né sovrastrutture; è apertura, accoglienza, ricerca del bello, ineluttabilità di una relazione. E’ il gesto di un figlio che ritorna a casa; è un respiro di montagna che profuma di bosco, un affaccio sul mare nelle mattinate di settembre. Un ritorno all’essenziale che manca al calcio di oggi, più contiguo, per chi lo dirige, alle dinamiche economico-finanziarie che alle emozioni che lo rendono così importante.

Quelle dinamiche che, nella notte di Champions, hanno velato il legame tra Zaniolo e i suoi tifosi, divisi tra la gioia del momento e il rischio di una ennesima, dolorosa separazione che la prossima sessione di calciomercato potrebbe condannarli a subire. Un equilibrio difficile tra ragione e sentimento, necessario da trovare per il benessere del calcio di oggi e del futuro, col quale lo stesso Zaniolo sarà chiamato a confrontarsi. Un equilibrio che non abbia a cuore solo i razionali dei bilanci e i guadagni da plusvalenze ma anche le ragioni dei tifosi che, in ultima analisi, quei bilanci li tengono in piedi. Una sfida difficile che non riguarda solo l’astro nascente del calcio italiano ma che può trovare con lui un nuovo modo di essere affrontata.

Giornalista e scrittore, coltiva da sempre due grandi passioni: la letteratura e lo sport, che pratica a livello amatoriale applicandosi a diverse discipline. Collabora con case editrici e redazioni giornalistiche ed è opinionista sportivo nell’ambito dell’emittenza televisiva romana.
Nel 2018 ha pubblicato il romanzo "Ci vorrebbe un mondiale" – Ultra edizioni. Nel 2021, sempre con Ultra, ha pubblicato "Da Parigi a Londra. Storia e storie degli Europei di calcio".

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