Nestor “Nenè” Gomez: il Professore, eternamente Ragazzo, della stecca (parte tredici): I due Nenè
Nella seconda metà degli anni ’50 il nostro Nenè, ancora un teenager, ha modo di incrociare la stecca con le GLORIE del casin argentino. Tutto comincia con la partecipazione al campionato nazionale del 58 in cui, ancora sedicenne, ottiene uno splendido quinto posto che rappresenta un record di precocità, all’epoca. Un campionato vinto, tra l’altro, da Josè Condomì, che è stato uno dei suoi primi ispiratori nel biliardo. Questo non fa che aumentare la considerazione che Nenè aveva del fuoriclasse de La Plata, che nell’occasione colse il suo secondo titolo individuale, proprio a casa sua, al Biliardo Club. All’epoca «Nenè» ricordava di aver giocato anche contro Balossino, il MATTATORE degli ANNI 40, che però doveva essere ormai agli sgoccioli della carriera e, forse anche per questo, non sembrava evocargli memorie particolari.
Pure «Nonno» Giuliano (1900 -1977) non mi aveva ricordato cose speciali riguardo Balossino, che poteva essere un suo coetaneo, credo, per cui verrebbe da pensare che il primo argentino a vincere 4 titoli nazionali IN SINGOLO, possa essere stato un GRANDE VINCENTE piuttosto che una figura creativa, o un INNOVATORE del gioco. Purtroppo non c’è ancora riuscito di trovare un’immagine del primo campionissimo del CASIN argentino, per cui ne approfittiamo per proporvene una di Giuliano, tratta dalla rivista «Il Biliardo», del dicembre 1972. «Nonno» Giuliano era tornato da poco in Italia, dopo aver trascorso un quarto di secolo a Buenos Aires. Aveva più di settant’anni, ormai, ma era ancora un ottimo giocatore, magari un po’ esibizionista, ma sempre un grande conoscitore e un brillante esecutore al tavolo. Un bell’esempio di longevità biliardistica, un po’ come sarebbe stato per Nenè, un giorno, ovviamente a un altro livello di gioco.

Un altro giocatore eccezionale, dotato di grande carisma – in assoluto uno dei preferiti di Nenè – era Raul Martinez, pioniere della scuola rosarina, che fu il primo a vincere ben tre titoli nazionali consecutivi, dal 50 al 52, impresa che sarebbe stato poi lo stesso Gomez a eguagliare, dal 78 all’80. Un giocatore di classe eccelsa, Martinez, per il quale Gomez non esitava a sottoscrivere un VOTO di 9,5 su un massimo di 10, quando, per esempio, dava «solo» 9 a Berrondo. Questione di gusti, anche da un punto di vista estetico, sicuramente, perchè è possibile che Nenè si rivedesse in lui come stile di gioco e anche struttura fisica, visto che entrambi sfioravano il metro e novanta di statura. Nella foto di gruppo, all’ARGENTINO 53, a Mendoza, Martinez è il primo, a sinistra. Al centro c’è Martin, secondo classificato. A fianco, sempre verso destra, si riconosce il veterano Juan Piccolini, sorprendente vincitore, che va ad interrompere l’egemonia del concittadino, nonchè compagno di squadra all’Associazione Biliardo Rosario. Penultimo da destra il grande Condomì, che andrà a conquistare il titolo l’anno dopo, per fare poi il BIS nel 58, in concomitanza con l’ESORDIO di Nenè tra i BIG .
La statura, un argomento alquanto CONTROVERSO nel biliardo. Per Gomez era un’arma a doppio taglio in generale, anche se stimava che per lui fosse un vantaggio il fatto di poter inquadrare il gioco dall’alto, in fase di avvicinamento al tavolo. Ne era così convinto da calzare, preferibilmente, stivaletti con tacco ben pronunciato. Certo sapeva come scegliere il modello più comodo, visto che lui, di lavoro, faceva il commerciante di abbigliamento e di ZAPATOS, appunto. Gomez giocava «seduto» nel suo STANCE, come un carambolista. Le gambe lunghe non rappresentavano un problema nella tenuta della stecca a livello con il piano di gioco, mentre la statura – e i tacchi – gli davano un chiaro vantaggio quando c’era da allungarsi sul tavolo per raggiungere posizioni scomode, fuori equilibrio. Per contro era convinto che «i piccoletti», cioè quelli sotto il metro e settanta – gente come Maggio, Aniello, Quarta, oppure Condomì pensando al passato, avessero un certo vantaggio nel battere i tiri sotto sponda. Avere un fisico prestante, comunque, era sicuramente vantaggioso visto che significava anche poter disporre di maggiori energie nei massacranti tornei con girone all’italiana e partite ai 250 punti, che rappresentavano lo STANDARD DELL’EPOCA. Questo tanto più a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, quando in campionato si giocava ancora con le bilie d’avorio, meno affidabili e meno elastiche delle bilie moderne in resine fenoliche. «Le partite da giocare erano tante – diceva Nenè – e le bilie d’avorio facevano crescere molto il senso della fatica, perchè erano dure come IL SASSO. Potrà sembrare strano, ma per RIPRENDERMI dopo un torneo avevo bisogno di starmene a riposo per una settimana, nonostante la GIOVENTU’ e tutta la FISICITA’ che potevo mettere in campo.» Beata giovinezza, ma c’è un limite a tutto e allora ci vuole esperienza e testa per dosare le energie e canalizzarle al meglio verso l’obiettivi finale. E’ così che fanno i CAMPIONI.
Con gli anni sessanta arrivano altre sfide e altri campioni da studiare. Adesso è momento d’oro della scuola santafesina con Jador, Manuel Gomez e l’occhialuto Reynoso, che è di rinforzo dalla vicina Paranà . «Il Turco» Jador è considerato ,assieme a Berrondo, il favorito per la conquista del primo titolo mondiale ,in palio a Santa Fe’ 65. E’ un giocatore di straordinaria personalità con una presenza intimidatrice al tavolo. Ha una tecnica solida e una PRATICITA’ esemplare di gioco ( punteggio 9.5, secondo Nenè ). E’ il personaggio di riferimento per la stampa e il grande pubblico che affluisce al Circolo Italiano, degna sede del prestigioso evento che si celebra nella città considerata la CULLA DEL CASIN, Poi a ruota c’è Rosario, quindi Cordoba, ma come diceva Peyroten, grande amico di Nenè e straordinario conoscitore degli inizi del CASIN in Argentina, la culla di tutto è stata Santa Fe’. Allora è giusto che il primo Mundial della storia si disputi qui, in una città che l’immigrazione italiana ha contribuito a fare grande, a partire dalla seconda metà dell’ottocento quando una saggia politica di sviluppo dei territori a nord della capitale, contribuì a trsformare in AREA AGRICOLA una zona dedita da sempre alla pastorizia e all’allevamento del bestiame. Questo ha fatto sì che l’area santafesina della repubblica platense divenisse, a fine secolo, la zona cerealicola più produttiva della nazione e quella più popolata da ITALIANI. E’ stato così che, agli inizi del NOVECENTO, l’Argentina è decollata a tal punto sotto il profilo produttivo, da diventare IL GRANAIO DEL MONDO. Si può immaginare sulla base di queste premesse e per il CALORE e la proverbiale OSPITALITA’ del POPOLO ARGENTINO, quale attesa, quale fermento potesse essersi creato IN LOCO per l’arrivo del BLUE TEAM, chiamato a tener alto l’onore della MADRE PATRIA DEI 5 BIRILLI, nel primo Mundial della specialità. A detta di Jador (n.d.a. nel corso di un’ intervista televisiva di qualche anno fa) il Mundial si sarebbe dovuto disputare in Italia, probabilmente per una qualche forma di rispetto verso la TRADIZIONE DEL GIOCO. Ad un certo punto, però, si erano venute a creare delle problematiche tali sul fronte organizzativo, da consigliare il cambio di sede. Grande giubilo, naturalmente, da parte degli amici ITALO-ARGENTINI, ma resta da chiedersi cosa mai fosse successo in CASA ITALIA per determinare questo cambio di rotta così repentino.
Nessuno l’ha detto chiaramente, ma si può supporre che in clima di GUERRA FREDDA come si viveva allora nel biliardo, in Italia, nè la FIAB, ne la FIBA, le federazioni belligeranti dell’epoca, intendessero lasciare VIA LIBERA alla sigla rivale per l’organizzazione del MUNDIAL 65. Sarebbe stata un’ammissione di debolezza inaccettabile per entrambe le parti. Per la FIAB, in quanto numericamente più forte, nonchè rappresentata da gran parte dei migliori giocatori sulla piazza. Per la FIBA, invece, più piccola, ma meglio relazionata a livello di CONFEDERAZIONI INTERNAZIONALI (n.d.a CEB e UMB) si trattava di conservare PIU’ IMMAGINE rispetto all’organizzazione concorrente, facendo valere le credenziali che venivano dall’essere titolare dei più solidi rapporti con il mondo della CARAMBOLA, visto che quello era il «linguaggio» che si parlava sul PANNO VERDE in giro per il mondo. Entrambe le organizzazioni, dunque, pronte a tener duro, a non mollare un solo centimetro anche alla luce del fatto che le prospettive di un’eventuale FUSIONE erano decisamente remote per le pressioni che venivano da AZIENDE RIVALI sul mercato dei tavoli ed accessori, come succede da sempre DIETRO LE QUINTE. Ne sarebbe passata di acqua sotto i ponti prima che INDIANI e COWBOY potessero tornare a fumare il CALUMET DELLA PACE, come sarebbe successo in vista del Mundial di PESARO 79, così da dare finalmente unità al movimento nazionale del biliardo, almeno per qualche anno, visto che queste storie poi tendono a ripetersi ciclicamente. Dunque, l’organizzazione del MUNDIAL 65 è lasciata all’Argentina, mentre ci sarebbe stato da trovare un accordo, già più fattibile, sul fronte della scelta dei 3 giocatori da inviare in Sudamerica, in rappresentanza del BLUE TEAM, contro 4 argentini (Jador, Condomì, Lo Giudici e Manuel Gomez, la wild card locale) e 3 uruguayani (Berrondo, Jordan e Arrua). Non resta che vedere quali sono i prescelti sul fronte italiano. Francamente non un rompicapo per quanto riguarda i primi due nomi, visto che si tratta dei rispettivi campioni in carica: il pratese Emilio Biagini, vincitore del titolo FIAB sul bresciano Beppe Rosa; il fiorentino Vittorio Vespetti, campione FIBA sul napoletano Enrico Detata. Per quanto riguarda Biagini, si tratta di una presenza imprescindibile, per un personaggio in grado di puntare decisamente al titolo, non fosse per i dubbi che esistono sulla diversità dei materiali di gioco. Vespetti, dal canto suo, è un buon giocatore – classe 1915 quindi cinquantenne – chiamato a sostenere un ruolo impegnativo su un palcoscenico dove solo I GRANDI possono sentirsi completamente a loro agio. Resta da vedere chi staccherà l’ultimo biglietto per Santa Fe’. E allora, visto che si tratta di un posto unico per due Federazioni rivali, è implicito che ci dovrà essere una prova di SELEZIONE.
Dalla prova di selezione disputata a Milano, il 14/15 maggio 1965, valida anche come quinto campionato italiano targato FIBA, esce in maniera alquanto controversa il nome di Renato Dallera. Originario di Torino, ma ormai valido giocatore di scuola napoletana, Dallera si piazza al secondo posto alle spalle del concittadino e grande amico Mimmo Acanfora, il quale verosimilmente per la sua nota FOBIA DELL’AEREO, gli avrebbe ceduto il posto in squadra. Secondo “Il Presidentissimo” Rossetti partecipò alla selezione anche il grande Cavallari, che dopo essersi prodigato per convincere, con successo, i BIG della FIAB a boicottare la prova, fece un autentico colpo di testa aderendovi all’ultimo momento, per lasciare tutti con un palmo di naso. Chissà, forse avrà dato un’occhiata alla carta d’identità e VISTOSI con 49 primavere sulle spalle, avrà pensato che quella poteva essere la prima occasione, ma forse anche l’ultima, di provare a vincere un MONDIALE. Il colpo di mano, però, non gli riuscì in modo completo perché, sempre secondo Rossetti, il fuoriclasse milanese conosciuto come «Sesto», venne sconfitto verso la fine proprio da Dallera, destinato ad entrare così, come terzo uomo, nel BLUE TEAM ormai prossimo a partire per la grande avventura in Sudamerica .

Sono, dunque, 10 i giocatori partecipanti al Mundial di Santa Fe’ in rappresentanza delle tre NAZIONI riconosciute come le più forti nei 5 BIRILLI: Argentina, Uruguay e Italia. Del BLUE TEAM si è appena detto, mentre l’Uruguay lamenta l’assenza di Moya e Silvestre e si vede costretto a rimpiazzarli con Jordan e Arrua, di supporto ovviamente al leader carismatico della Terra d’Oriente, l’inarrivabile Anselmo Berrondo. L’unica squadra presente con 4 elementi è l’Argentina, che per il fatto di essere la NAZIONE ORGANIZZATRICE può schierare accanto ai tre titolari (Jador, Lo Giudici e Condomì), anche la wild-card concessa alla città ospitante, che viene assegnata ad un talento emergente come Manuel Gomez, destinato a FARE ONDE di lì a poco sul grande «palcoscenico» del Club Italiano di Santa Fe’. Lui gioca in rappresentanza dell’Associazione Santafesina Biliardo, come Jador che è indiscutibilmente il numero uno del CASIN argentino, nonchè il grande favorito per la conquista dell’alloro mondiale, assieme al solito Berrondo. Purtroppo il destino ha in serbo per lui un’amara sorpresa, proprio alla vigilia del campionato. Più che una sorpresa, un’autentica SCIAGURA che si abbatte sulla sua testa e, di riflesso, sul Mundial quando nell’ uscire dall’auto appena parcheggiata sul ciglio della strada, apre distrattamente lo sportello senza avvedersi del sopraggiungere di un MOTOCICLISTA sventurato, è il caso di dirlo, che non riesce ad evitare l’impatto e va a schiantarsi nella corsia opposta, perdendo la vita sul colpo. Sciagura, tremenda sciagura sul «Turco» e sul Mundial , con un Amado Jador sconvolto, che non figurerà neppure nella foto UFFICIALE dei partecipanti al torneo.
Poteva essere un segno di resa, ma poi il pluricampione argentino decide di affrontare la SFIDA, senza poterne ricavare, peraltro, un’ adeguata ricompensa. Finirà LONTANO, in settima posizione, con 3 partite vinte e 6 perse, davanti ai nostri Vespetti e Dallera, entrambi con 2 vinte e 7 perse. Fanalino di coda l’uruguayano Arrua, che chiude mestamente la sua partecipazione senza la soddisfazione di una sola vittoria. Con Moya o Silvestre in campo, sarebbe stata un’altra cosa, ma per i rappresentanti della Terra d’Oriente c’è comunque la soddisfazione di un buon terzo posto da parte di Jordan, un giovane emergente di buone qualità che è stato a lungo in corsa per il titolo, ma alla fine ha dovuto pagare lo scotto dell’inesperienza, «bruciando» tutto con le decisive sconfitte contro Condomì e Biagini. Adesso più che mai il grande favorito è Berrondo, che all’ultimo turno di gioco avrebbe già avuto matematicamente in tasca il titolo, non fosse per la SCIOCCANTE battuta d’arresto con Dallera – la «solita» mina vagante, si potrebbe dire – che lo FULMINA per 250-170, alla formidabile media di 4,464 punti a tiro. Ora Berrondo deve battere Manuel Gomez, all’ultimo turno, per garantirsi il titolo, altrimenti tutto si deciderà col match di spareggio tra i due. L’atmosfera è pregna di attesa, anche perchè Gomez, l’altro Gomez naturalmente, è sempre di più L’IDOLO DI CASA .
Tra il folto pubblico presente in sala, anche due osservatori d’eccezione come Nenè e Giuliano, entrambi affascinati dalle prodezze di un giocatore italiano di cui si era sentito parlare tanto. Si tratta di Emilio Biagini, arrivato in Argentina con il CARICO DI GLORIA che gli viene dall’aver vinto 3 titoli nazionali, sui 4 disponibili, in quella stagione destinata a restare ineguagliata negli annali della specialità. A Santa Fe’ il NOSTRO incanta il pubblico locale che lo elegge a proprio beniamino, ma per il problema delle differenze dei materiali di gioco, dovrà accontentarsi alla fine di un onorevolissimo TERZO POSTO, a pari merito. Nenè osserva attentamente Biagini, Berrondo, Condomì e mette da parte. La qualifica, in fondo, l’ha mancata di poco, ma ha solo 23 anni e sa di aver ancora tanto da imparare per cui gli va bene di cominciare ad acclimatarsi a questo tipo di palcoscenico partendo da «lontano», anche in veste di SEMPLICE SPETTATORE. Probabilmente gli brucia un po’ che Lo Giudici, appena 22enne, sia arrivato a questo traguardo prima di lui (concluderà in sesta posizione, con 6 vinte e 3 perse) ma non se ne cruccia più di tanto. In fondo, il rosarino a 20 anni era già campione nazionale a coppie, con Gregorio Carbajo, e anche fisicamente è maturato prima, sembrando già UOMO quando era ancora RAGAZZO. «Idem» anche nel gioco dove ha preso da subito un approccio MOLTO SOLIDO, quando invece il suo quasi coetaneo necochense aveva ancora la testa piena di FANTASIE e non poteva certo dirsi un modello di CONCRETEZZA al tavolo. La realtà è che ognuno ha i suoi tempi di MATURAZIONE e se, oltre ad essere LIRICI si è anche PERFEZIONISTI, allora il percorso diventa ancora più tortuoso, con TEMPISTICHE destinate fatalmente ad allungarsi. Giunti a questo punto, viene spontanea una riflessione, perchè mi pare alquanto strano che i miei due testimoni oculari di quelle straordinarie giornate dal 7 all’11 luglio, non si siano mai conosciuti in vita e possano farlo solo ora attraverso le pagine di questo nostro RACCONTO un po’ strampalato magari, ma sono anche le 04.07 del mattino e forse ne va tenuto conto… Adesso mi sembra lampante che se Maurizio è legato a Nenè, ma allo stesso tempo anche a Giuliano, allora per la PROPRIETA’ TRANSITIVA DEL BILIARDO si può pensare tranquillamente che si sia attivata a LIVELLO ASTRALE una connessione anche tra i miei due grandi amici e che Nenè e Giuliano «tirino» disperatamente per una chiusura positiva di questo articolo che, di questo passo, chissà mai dove potrebbe portarci … Di una cosa sono sicuro, comunque, che Aldo, il mio amico ingegnere – quello dei famosi triangoli per determinare le quantità di palla – non sarà d’accordo con questo modo di PROCEDERE, ma non mi stupisce affatto perchè lui è un DARWINIANO, uno che crede all’EVOLUZIONISMO come motore di sviluppo dell’universo, mentre io sono un ANIMISTA, ovvero uno che pensa che ci sia una VERITA’ trascendente a dare VITA ad ogni cosa. Eppure siamo bravi entrambi a portare avanti un bel rapporto basato sul RISPETTO della persona e delle idee, per cui NO PROBLEM se, di tanto in tanto, possono emergere delle differenze, perchè in ogni caso noi sappiamo come limarle. Una bella sessione di STECCATE PERFETTE su MONDI PARALLELI – bastano due biliardi fianco a fianco, in fondo – e l’ARMONIA torna a regnare nella COPPIA CAMPIONE. Quel team che, a partita ormai «persa» sul 280-396, va a vincere il titolo provinciale del 1999, con due giri consecutivi di calcio, da birillo ROSSO, dell’ «Incredibile» Ing.Mancini !