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Nestor “Nenè” Gomez: il Professore, eternamente Ragazzo, della stecca (Parte quattordici): Una stagione da incorniciare

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Nestor “Nenè” Gomez: il Professore, eternamente Ragazzo, della stecca (Parte quattordici): Una stagione da incorniciare

Ormai ci siamo, il Mundial santafesino è alla stretta decisiva. Manuel Gomez è chiamato ad un’impresa titanica, perchè dovrà battere due volte di fila il grande Berrondo per tenere il Mundial in Argentina. Un giocatore che non ha titoli particolari questo 31enne di Goya,  nato nel  novembre 1933, che vanta un buon piazzamento solo nell’argentino del ’64. Però un emergente che va in campo con grande personalità e si fa ammirare per la PUNTERIA  ASSASSINA, la steccata laser e il grande cuore che gli consente di uscire vincitore, per 250-239, da un match mozzafiato con l’asso uruguayano, forzando in tal modo l’incontro di spareggio. Ne uscirà una sfida ancor più TIRATA e SOFFERTA, caratterizzata da basse medie di realizzazione (2,840 contro 2,630) e da una serie impressionante di situazioni da COLPO SU COLPO in fase di avvicinamento al FILO DI LANA, con 1500 spettatori stipati in tribuna a mangiarsi le mani dalla tensione e a tifare Argentina. Alla fine è Berrondo che deve rischiare il tutto per tutto e finisce a «bere», lasciando il titolo all’argentino che si impone per 250-237, grazie al fallo conclusivo da 10 punti, da parte dall’uruguayano. Manuel è mancino, giocatore di tecnica SOPRAFFINA e con un CORAZON grande così, tanto da meritare una valutazione di 8,5 nel «personalissimo cartellino» del suo omonimo, così come avrebbe detto un certo Rino Tommasi, il quale, per inciso, avrebbe fatto UN GIORNO una bella presentazione del biliardo su Canale 5, nel 1984, in occasione dell’esordio televisivo della famosa Arma di Re, che aveva come suoi  alfieri proprio Gomez, Cifalà e Zanetti. Una breve divagazione per tornare subito A BOMBA, cioè all’altro Gomez che per la STAZZA era soprannominato «El Gordo», cioè IL GRASSONE, e proprio per questo è entrato subito  nell’immaginario collettivo come una sorta di MINNESOTA FATS del Sudamerica, visto che il film LO SPACCONE, uscito nel 1961, era ancora vivo nella memoria di tutti .

Dei due Gomez, il santafesino è l’esperto, facendo registrare 8 anni in più all’anagrafe. Però condivide col necochense il soprannome di «Nenè», dal quale si affranca volentieri visto che ormai  si sente finalmente maturato, adesso poi che ha vinto il primo titolo importante in carriera. Titolo che andrà presto a legittimare nel DERBY DEI GOMEZ, in finale al campionato argentino individuale, a San Juan, sempre nel 65, per fare il BIS l’anno dopo suggellando così il momento più bello e più intenso di una carriera che, anche per motivi di salute, sarebbe durata meno di quanto il talento di Manuel Gomez (1933-1988) avrebbe lasciato presagire. Cuoco di professione, molto legato alla sua terra, EL GORDO si lasciò tentare da un’offerta per diventare il RESIDENT PRO del prestigioso Club Kimberley di Mar del Plata, a 800 chilometri dalla sua cara, insostituibile Santa Fe’. Non era certo un globe-trotter e finì col tornare a casa nel giro di un anno appena. Poi si defilò gradatamente, anche come giocatore, finchè fu vittima di un ICTUS ed è così che si spense LA LUCE sul volto di Manuel Horacio «Nenè» Gomez, EL GORDO di Santa Fe’, primo campione mondiale di CASIN. Il 1965, curiosamente, è stato prodigo di soddisfazioni anche per l’altro Nenè, che è andato a vincere in casa, al Club Rivadavia di Necochea, il primo titolo argentino, in coppia col «Loco» Oscar Alfonso,  di una decina d’anni «più grande», ma già di fatto il primo allievo portato sul podio. Sia chiaro, Nenè ha sempre fatto il capitano giocando esclusivamente con compagni votati a fargli da spalla. Chissà come sarebbero  stati i due «Nenè» a giocarsela in coppia. Non è successo, alla fine, come del resto neppure che EL GORDO abbia fatto centro in qualche campionato nazionale POR  PAREJAS. Un cuore solitario del panno verde l’uno, un grande vincente l’altro con «chiunque» figurasse al suo fianco, ma a condizione che fosse ben chiaro chi doveva portare I GRADI in campo. Ogni riferimento a RICARDO FANTASIA è puramente casuale .

La delusione di Berrondo per il titolo mancato di un soffio, si stempera in qualche modo con il bel rapporto di amicizia che si viene a creare con il nostro Biagini, da quando i due hanno avuto  parole di vivo apprezzamento SUI GIORNALI per le rispettive performance santafesine. Comincia Berrondo che elogia l’italiano non solo per l’eccellente tecnica esibita al tavolo, ma ancor di più per aver  saputo adeguarsi rapidamente al cambio di PASSO imposto dalla DIVERSITA’ dei materiali di gioco, cosa difficile da DIGERIRE di per sé anche con qualche settimana di ambientamento, figurarsi in pochi giorni com’è toccato all’italiano. Biagini, dal canto suo, resta letteralmente affascinato dallo stile, il tocco e la steccata plastica dell’urugauayo, che resterà sempre per lui il NUMERO UNO del casin, ma senza dimenticarsi del suo primo maestro, il sommo Urbino, che considerava il più forte di tutti ai 5 birilli. Poi per il SOR EMILIO c’era un altro CULT intoccabile, Crotti «Winkler», che reputava il più grande conoscitore del gioco in Italia. Si badi bene non solo a livello teorico, ma anche pratico, perchè Winkler era stato uno dei pochi a venirlo a cercare nella sua « tana» di  Prato, sui biliardi piccoli da metri 2,60 (n.d.a nel 1950, a detta di Winkler) e l’unico a batterlo ALLA PARI, in modo inequivocabile, quando altri BIG avevano toppato clamorosamente, come  pure Cavallari, anche ricevendo il cosiddetto VANTAGGIO BILIARDO  che poteva oscillare dai 2 ai 4 punti, in partita ai 50. Ma adesso gli orizzonti del gioco AI BIRILLI cominciavano ad allargarsi, tanto più per un giocatore di larghe vedute come Biagini che parlava ben cinque lingue e nel ramo tessile, dove aveva conseguito la laurea in INGEGNERIA (n.d.a in Ungheria) aveva ottenuto grosse soddisfazioni in campo professionale, sia in Italia che all’estero. Ora per il fuoriclasse di Prato l’obiettivo vero non è  tanto di  vincere titoli italiani – ne aveva messi in bacheca già 9 – ma  puntare a fare il COLPO GROSSO con un titolo mondiale. L’occasione gli capiterà nel 1975, a Campione d’Italia, nel terzo mondiale della storia : il PRIMO  fuori dal Sudamerica .

Sono passati dieci anni dalle gloriose giornate di Santa Fe’, quando Biagini e Berrondo si ritrovano sulle sponde del Lago di Lugano, per una nuova sfida da HIGHLANDER della stecca. Questa volta tocca al «Floridense» ricambiare la visita, quando il gioco si sposta sui biliardi tradizionali all’italiana con sponda tamburata. Naturalmente c’è viva curiosità per capire casa potranno fare i sudamericani in queste condizioni, soprattutto Berrondo che si presenta in veste di detentore del titolo per effetto della vittoria ottenuta a BELL VILLE 68, in Argentina, davanti al «Buddha delle Pampas», Nelson Filippi. Un Berrondo che, ben nascosto dietro gli abituali occhiali scuri, sembra davvero LA SFINGE IN VACANZA in  territorio elvetico. Ma chi è costui, viene da chiedersi, un ricco industriale o un giocatore professionista di poker? Ce lo racconta Wanny di Filippo, grande appassionato nonchè ricco collezionista di biliardo,  con 3 tavoli in altrettante abitazioni, attorno a Firenze. Non mancano le stecche che sono più di cento, di cui varie di grande valore e alcune regalate da campioni come Biagini, Zito e Gualemi. Quelle del compianto Biagini (1922-1989) sono tenute in un’unica rastrelliera, girevole, con locandina a vista del campione, e a parte il valore materiale e storico hanno per Wanny un particolare valore affettivo, per l’amicizia che c’era tra i due, come anche per il legame esistente tra le famiglie. Wanny, tra l’altro, è un benemerito dello sport fiorentino – come sponsor  nella pallavolo  femminile – grazie al successo del suo marchio, IL BISONTE, presente da 50 anni a livello internazionale nel campo della moda .

Se Biagini è un amico di famiglia in CASA-WANNY, anche Berrondo lo è diventato nel tempo, visto che ne è stato ospite in più occasioni nel corso dei suoi vari viaggi in Italia, in compagnia dell’ inseparabile amico-manager Mario Tucci, al quale va, tra l’altro, la nostra gratitudine per le tante informazioni che ci ha trasmesso negli anni sul biliardo sudamericano. Ma adesso è arrivato il momento di lasciare la parola all’amico Wanny, «Il Bisonte»: «A conoscere Berrondo da vicino, c’èra da restare sorpresi della semplicità del personaggio, che fra l’altro di professione faceva il postino, come diceva Tucci. Un uomo semplice, comunque, che in realtà era tutto fuorchè un personaggio. Anzi, a volerla dire proprio come sta, era uno che se lo incontravi al bar o in albergo, francamente non gli avresti dato due lire, tanto  era schivo, impacciato e abituato a parlare in tono sommesso. La figura dell’IMBRANATO, insomma, ma la sua fortuna era di avere accanto un amico, manager e angelo custode come Mario Tucci, dirigente della federazione uruguayana, nonchè BILIARDIERE a Montevideo, che non lo mollava un attimo, altrimenti chissà in quali guai avrebbe potuto cacciarsi il PRODE ANSELMO.» Quel che si può dire, a margine, è che per quanto stretta potesse essere la marcatura cui veniva sottoposto IL NOSTRO, ci sono limiti che fortunatamente risultano invalicabili, proprio per una questione di PRIVACY. Ma è qui che cade l’asino, si fa per dire, perchè malauguratamente l’ANSELMO scivola in bagno e si incrina una costola proprio alla vigilia del Mundial. Se non è SFIGA questa, allora ditemi voi.

«Siamo tutti in fibrillazioneriprende il racconto, Wanny perchè di questo Berrondo si era sentito favoleggiare tanto ma, a parte Biagini, per tutti noi era ancora una specie di ARABA FENICE, un autentico enigma proposto da un altro continente. Però, quando già si cominciava a temere il peggio, ecco comparire IL CAMPIONE sulla scala che porta giù nella HALL dell’albergo. Appare elegantissimo in divisa da gara, con la fida Hiolle in pugno,mentre scende le scale fatalmente irrigidito per la stretta fasciatura cui ha dovuto sottoporsi. La TRASFORMAZIONE è avvenuta, comunque, e il PRODE ANSELMO si prende la scena da consumato attore, con un carisma e un’AURA attorno a sè, da comunicarti all’istante che hai davanti un autentico FUORI QUOTA del biliardo»

Credito  Wanny Di Filippo

Quando Berrondo e Biagini si trovavano assieme, stregati dalla magia del panno verde come lo erano entrambi, non c’era verso di poterli staccare dal tavolo. Stavano lì ore e ore alla ricerca della quadratura perfetta dei colpi. E’ stato così, probabilmente, che da appassionato di storia quale sono da sempre, mi è venuto da pensare quale ACCOPPIAMENTO IDEALE avrebbe mai potuto immaginare sul biliardo il grande storico greco Plutarco, autore delle famose «Vite Parallele». Lui che creava LA COPPIA – emblematica quella di Giulio Cesare con Alessandro Magno – scegliendo personaggi famosi che fossero l’espressione di civiltà diverse – Roma e l’antica Grecia – ma pur sempre protagonisti nello stesso campo, come lo furono i due nella GUERRA e nella POLITICA. Mi chiedevo allora cosa sarebbe stato nel biliardo, se il COLLANTE di coppia fosse da ricercare  nella passione vera per il gioco, nella creatività come nel miglioramento finalizzato alla crescita dello spettacolo.

Credito Franco Boemi – Cirillo Biliardi

Berrondo e Biagini, o Biagini e Berrondo, come preferite, lo SPETTACOLO è assicurato ma senza prescindere dal risultato, perchè l’accoppiata deve essere pure supervincente, altrimenti CHE GUSTO C’E’? Confesso di avere già provato a trovare una soluzione, ma mai come adesso me ne sono sentito così vicino, proprio nel mettere giù queste poche righe. Quasi coetanei Biagini (1922-1989) e Berrondo (1920-1985) provengono da due continenti diversi, che hanno avuto il merito di riuscire a fondere idealmente. Sono stati grandi nella gloria sportiva, ma anche accomunati da un  destino gramo di indigenza e abbandono che li avrebbe condotti a una triste fine dopo lunga e penosa malattia. Per il «Floridense» il segnale della resa arriva quando si vede costretto a cedere l’inseparabile Hiolle, fedele compagna di una vita, per poche centinaia  di dollari, a qualche animo COMPASSIONEVOLE. Le sue stecche, Biagini, le ha lasciate in giro ai pochi amici che gli erano rimasti. A Wanny, in particolare, con la raccomandazione di conservarle per la posterità. Il fedele amico non ha voluto deluderlo e le mette in mostra con orgoglio misto ad affetto e rimpianto, nella sua collezione, sui colli fiorentini, dove un tempo IMPAZZAVA il favoloso MONDIALE PRO. Fu allora che una TAPPA di quell’indimenticabile circuito, venne dedicata alla memoria del MAESTRO, il quale, proprio per una questione di pochi anni, non fece in tempo ad assistere al decollo verticale del biliardo spettacolo , così come lo aveva sempre sognato.

Credito Wanny Di Filippo

Al Mundial di CAMPIONE D’ITALIA non c’è fortuna nè per Biagini, nè per Berrondo. Il fuoriclasse pratese, vincitore del titolo italiano assoluto del 1974, è il favorito della vigilia anche per l’assenza dei vari  Lotti, Coppo, Sessa e Mazzarella  rimasti bloccati sulla SPONDA SBAGLIATA allo scoppio di un’ennesima guerra tra FEDERAZIONI RIVALI. Biagini, 53 anni, sente che questa potrebbe essere la sua grande occasione, forse l’ultima, per andare a caccia DELL’ARCOBALENO. Ma  succede che si mette troppo sotto pressione già dalla prima giornata, finendo col perdere 4 incontri su 4, tutti con i connazionali, dai quali, probabilmente in cuor suo, si aspettava qualche «piccola concessione» per meriti ALLA CARRIERA. Se attendeva LA FESTA, quelli gliel’hanno fatta per davvero! Lo hanno letteralmente massacrato, come GIULIO CESARE, giusto per restare in tema, al suo ingresso in SENATO in quelle fatidiche IDI DI MARZO del 44 A.C. A vibrare la coltellata «finale» fu Bruto, di infame memoria, che sicuramente aveva qualcosa di cui vendicarsi. Un po’ come il «buon» Mimmo Acanfora, che doveva vendicare la sconfitta dell’anno prima, in finale al CAMPIONATO ASSOLUTO DI JESI, e ha pensato bene di mettere KO il GRANDE CAMPIONE, centrandolo al cuore in un’efferata CONCLUSIONE del match d’esordio al Mundial. La partita era ai 150 punti e Biagini si trovava  avanti per 148 -141, con le bilie in copertura, quando Acanfora ha tirato fuori l’asso dalla manica piazzando una vorticosa giocata di due sponde di parabola, da 6 di castello più 3 di pallino, per una CHIUSURA REALE che ha lasciato stecchito il povero avversario. Da quel momento Biagini è andato giù in picchiata, mentre il MIMMO NAZIONALE è salito in cielo come il PALLONE DELLA GOODYEAR . Di lì è iniziata la cavalcata trionfale che l’avrebbe portato ad un passo dal titolo, se non che adesso è arrivato il momento di fare i conti proprio con Berrondo, il campione uscente. «Avevo una buona dritta da filotto, a chiudere partita – ricorda Acanfora – ma ho fatto solo 4, anche se poi le bilie sono rimaste in difesa col castello. Ma lui ha centrato un capolavoro di sponda, da 8 punti, e mi ha preso PARTITA. Un colpo che non mi aspettavo proprio. Era veramente un caposcuola.» Un conto è perdere per demerito proprio, ma in questo caso il pluricampione italiano non aveva nulla da rimproverarsi e con rinnovate energie è tornato in campo a giocarsi la finale col torinese Enzo Vicario, un grande gorizianista pronto a dimostrare tutto il suo valore anche con soli 5 birilli al tavolo. E che finale è stata, un match colpo su colpo in cui il napoletano ha preso un vantaggio iniziale di 6 punti con un virtuosismo a stecca alta, di taglio contro, VANTAGGIO che ha saputo conservare caparbiamente fino al termine, per diventare il primo italiano, in assoluto, a fregiarsi di un titolo mondiale di biliardo.

Finisce un MONDIALE e già si comincia a pensare al prossimo, che sarà in Sudamerica, questa volta. Ci pensa l’immancabile  Mario Tucci a scaldare l’ambiente, organizzando per conto della federazione uruguayana il MUNDIALITO 76, sorta di piccolo mondiale da disputarsi a PROGRESO, una cittadina del dipartimento di Canelones, situata a una trentina di chilometri dalla capitale, Montevideo. Vi partecipano giocatori di quattro nazioni: Uruguay, Argentina, Brasile e Italia. Biagini non sottovaluta l’impegno e si muove per tempo volando in Uruguay, dove è ospite a casa di Tucci, a Montevideo, per un paio di settimane, allenandosi intensamente sui tavoli da CASIN con l’amico Berrondo. Della partita è anche un certo Nestor Gomez, che al momento è il numero due del suo paese dietro «al coetaneo» Pablo Lo Giudici (n.d.a voto 8, secondo Nenè), che effettivamente gli è di un anno più giovane. Il coriaceo e solido Pablo, grande singolarista e ancor più forte, se possibile, IN COPPIA, è un giocatore anomalo nel panorama sudamericano. E’ quello che per mentalità e stile al tavolo si avvicina di più alla SCUOLA ITALIANA, mettendo in mostra un gioco solido, semplice e senza fronzoli, finalizzato unicamente al risultato. Un po’ l’antitesi dell’interpretazione LIRICA del biliardo tipica del necochense e questo potrebbe spiegare la VOTAZIONE un po’ «bassina» assegnatagli da Nestor Gomez. Ma dei GUSTI c’è poco da discutere e allora si può pensare che Pablo non fosse esattamente IL SUO TIPO, al tavolo naturalmente. All’epoca era comunque il numero uno del paese, nonché  leader carismatico di quella scuola rosarina di cui Martinez «Langara» era stato l’iniziatore e che sarebbe proseguita poi con i vari Ingenieri, Zito e Longo. Ancor oggi, prossimo alle ottanta primavere, Pablo «El Diablo» è sempre lì a far scuola, anche se non più nel prediletto CASIN, bensì nel 5 QUILLES sui tavoli internazionali senza buche, visto che questa è ormai la versione ufficiale a livello globale dei 5 BIRILLI, anche in Sudamerica. Giusto precisarlo perchè i NOSTALGICI del casin si sono battuti a lungo per mantenere lo STATUS QUO, cedendo solo dopo aspre lotte risoltesi a favore dei PROGRESSISTI, nel 2014, sotto la spinta del 3 volte campione del mondo Gustavo Torregiani, prossimo a diventare il nuovo presidente della FEDERAZIONE ARGENTINA. Un Torregiani che una volta conquistata la LEADERSHIP, ha cominciato ad impostare la scalata al POTERE MEDIATICO, che solo a  Buenos Aires si può ottenere, magari confidando in una «spintarella» da parte del Santo Protettore, il buon Nenè, che dall’ALTO sicuramente vigila e tifa per l’ex-avversario di tante SOFFERTE sfide sul panno verde, oggi impegnato a conquistare definitivamente un POSTO AL SOLE per il 5 QUILLES (diciamo pure IL 5 BIRILLI, come voleva Gomez!) nel paese dei GAUCHOS. Un Nenè che tanto si era prodigato in questa direzione, in vita, ma alla fine ha potuto solo impostare ciò che ALTRI, è scritto, saranno chiamati un giorno a  CONCLUDERE .

 Ormai Gomez è giunto ad un bivio e dopo la battuta d’arresto del 1975 con il «mendocino» Rodolfo  Pierro, in «finale» al campionato argentino (n.d.a vedi PARTE SECONDA del nostro racconto) ha deciso che è arrivato il momento di cambiare registro per poter aspirare ad un posto da vero LEADER  della specialità. Un percorso di crescita che ha avuto il suo punto di partenza giusto nel Mundialito di Progreso, dove «il nuovo» Gomez è andato a cogliere il suo primo grande successo in campo internazionale, lasciandosi alle spalle proprio «i vecchi» maestri che si stavano incamminando sul viale del tramonto: Biagini e Berrondo. Un po’ deluso Tucci, l’appassionato organizzatore, la metteva così: «Si vedeva che Biagini era in declino, mentre Berrondo si trovava alle prese con i suoi ormai cronici problemi di schiena, che erano andati a peggiorare dopo l’incidente sofferto l’anno prima al Mundial». Scendevano gli uni e saliva l’altro. E fatale nel gioco della vita e Nenè ha cominciato a  cavalcare l’onda senza più scendere fino al 1982, quando aveva già messo in bacheca 3 scudetti argentini consecutivi – eguagliando il suo idolo di gioventù, Raul Martinez – e 2 titoli mondiali, pure consecutivi, per diventare il primo BICAMPEON MUNDIAL della specialità. A suo tempo Berrondo si era cinto le spalle del mantello di giocatore PIU’ SAPIENTE del casin, diventando così «La Bibbia» del biliardo, al posto di Condomì. Ma tutto è relativo a questo mondo e agli inizi degli anni ottanta si sentiva già dire che SE BERRONDO ERA LA BIBBIA, ALLORA ERA STATO GOMEZ A SCRIVERLA! «Sic transit gloria mundi» dicevano  i Latini, perchè per UN GRANDE che comincia ad arrancare, ce n’è subito un altro PRONTO A SOSTITUIRLO. Ma adesso si apre un nuovo capitolo per Nestor Osvaldo «Nenè» Gomez, perchè è arrivato il momento di andare alla conquista del PIANETA ITALIA, la TERRA PROMESSA del gioco ai birilli.

Credito Mario Papini

Avviso per i nostri affezionati lettori

Con questa puntata la storia di Gomez va in vacanza, per riprendere a settembre. Nell’imminenza del mondiale di Sheffield, per luglio e agosto parleremo di Snooker.

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