Mou, imperfetto ultimo re di Roma, vince perdendo

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Mercoledì notte, appena Gonzalo Montiel segnava il rigore  che ha consegnato al Siviglia la settima Europa League, e alla Roma una amara anche se onorevole sconfitta, Josè Mourinho ha nell’ordine

1: abbracciato ogni singolo giocatore giallorosso che si aggirava smarrito per il campo e confortato Paulo Dybala che non smetteva di lacrimare come una fontana.

2: radunato la squadra al centro della Puskàs Aréna ripetendo ad alta voce l’iconica frase: “io sono qua, io resto alla Roma per voi”. Un video virale che ha fatto il giro del pianeta sezionato e analizzato in ogni sospiro dal plotone di emittenti che nella Capitale si occupano della AS Roma a tempo pieno

3: sempre seguito dalla telecamere si è congratulato con l’intera squadra avversaria dopodiché ha iniziato un trionfale giro di campo tra gli applausi del pubblico osannante della Roma ma anche dei tifosi spagnoli in maglia bianca che si spellavano le mani tra gli ole (mentre l’allenatore teoricamente vittorioso, José Luis Mendilibar , forse per il suo aspetto da bancario in vacanza non veniva quasi mai inquadrato). 

4: quindi Mou ha rilasciato interviste a raffica, tutte abilmente sospese tra il dico e il non dico sul suo futuro nella Capitale. Addobbate da una frase fenomenale sul suo sentirsi “stanco” nel doversi dividere tra i diversi mestieri di allenatore, manager, motivatore, uomo di mercato, comunicatore, idolo delle folle eccetera, che è esattamente ciò per cui vive.

5: una volta solleticate le attese dei tifosi sull’intenzione di “restare per voi”, Mou ha garbatamente avvertito la proprietà americana (oscurata dal tonitruante allenatore malgrado i Fredkind abbiano immesso nelle casse della società montagne di soldi) che senza nuovi investimenti gli sarà impossibile andare avanti. 

6: infine, nel sottopassaggio dello stadio ha duramente apostrofato  il mediocre arbitro inglese Taylor per certe sue decisioni sfavorevoli alla Roma (“sei una maledetta disgrazia”) e ha gridato “vergogna” al designatore Uefa, l’italiano Roberto Rosetti (altro video virale che manda in solluchero le legioni di odiatori urbi et orbi della classe arbitrale).

Difficile aggiungere qualcos’altro alla narrazione di questo genio multitasking capace di trasformare una sconfitta sportiva in un trionfo mediatico se non che, caso forse unico nella storia del football, il personaggio ha finito per surclassare il risultato sportivo. Ragion per cui se alla vigilia della finale fosse stato chiesto al pubblico giallorosso se fosse più importante vincere la seconda Coppa europea in un biennio o la permanenza di Josè azzardo a dire che la seconda ipotesi avrebbe prevalso sulla prima e alla grande. Sì, l’avrei sottoscritta pure io sicuro del sostegno dei miei correligionari. Del resto, soltanto immaginarci privati dal nostro guru e profeta (sostituito magari da un tizio in tuta e barba del giorno prima) comporterebbe uno choc anafilattico. 

Vien da sorridere a leggere i contabili delle tabelline che constatano il modesto posizionamento della Roma in campionato, la fallimentare uscita dalla Coppa Italia e la mancata conquista della Europa League. Non risponderemo che ormai la Roma frequenta stabilmente la èlite del calcio europeo e che sotto la Sua guida illuminata la nostra crescita proseguirà impetuosa. Perché, come ho letto non so dove, sono le imperfezioni a rendere l’arte sublime.

Di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano – 2 Giugno 2023

Giornalista professionista dal 1968, sono stato responsabile della redazione romana del Corriere della sera, vicedirettore de L’Espresso, direttore de L’Unità e, nel 2009 fondatore e direttore de Il Fatto Quotidiano e dal 2015 presidente di Editoriale Il Fatto spa. Ho scritto libri (Non aprite agli assassini, Senza cuore e, di recente, Io gioco pulito), ho sempre tifato Roma, mi sono sempre battuto per la libertà di stampa. E continuerò a farlo.

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