Da quindicesimo a secondo, domenica scorsa Valentino Rossi ha offerto una performance ‘delle sue’ mettendo in scena una delle imprese più esaltanti degli sport a motore: la rimonta. Sul tracciato australiano di Phillip Island, mentre Marc Marquez finiva nella ghiaia e Cal Crutchlow si lanciava verso il secondo successo stagionale, ha recuperato posizione su posizione fino a raggiungere il 220° podio in carriera.
La sua impresa va ad aggiungersi alla lunga lista di ‘riscatti’ conquistati dai piloti italiani nel motomondiale. Eccone, di seguito e in ordine sparso, cinque fra i più significativi.
1) Graziano Rossi – Nel 1979, per la sua ultima vittoria nel motomondiale, il papà di Valentino sceglie una gara complicata. Durante la domenica del GP di Svezia piove a pochi minuti dal via, e quello che i piloti si trovano ad affrontare è un tracciato viscido, insidioso, sul quale è difficile trovare il limite. Durante il primo giro Rossi senior sente l’anteriore che se ne va, fa in tempo a raddrizzare la moto ma finisce fuori dal nastro asfaltato, nel fango. Quando rientra il gruppone se n’è ormai andato, e davanti a lui ci sono più di venti piloti. Li sorpasserà tutti, regalando al team Morbidelli nuove speranze per un titolo mondiale che, però, sfuggirà. A conquistarlo ci penseranno il sudafricano Kork Ballington e la sua Kawasaki 250.
2) Marco Melandri – Sulla griglia di partenza del Gran Premio della Turchia del 2006 è quattordicesimo. Lì, un anno prima, aveva vinto il suo GP numero uno nella top class. Al via c’è lo sfogo della Ducati dello spagnolo Sete Gibernau, ma è un fuoco di paglia. Nel frattempo il ravennate si fuma gli avversari uno per uno. Al decimo giro è già primo, in una gara caratterizzata da un ‘trenino’ in grado di fare invidia all’odierna Moto3. Ne fanno parte, fra gli altri, le Honda ufficiali di Dani Pedrosa e Nicky Hayden, assieme a quella privata di Casey Stoner. Anche Melandri guida uno dei prototipi della casa dell’ala dorata. Pedrosa cade, Hayden perde il passo e l’ultimo giro è un duello Stoner – Melandri. Vince il secondo. I due si ritroveranno in Ducati un paio di anni dopo, con risultati diversi.
3) Danilo Petrucci – Gran Premio di Gran Bretagna 2015, Silverstone. Il ternano parte col diciottesimo tempo in qualifica per una gara bagnata che è una lotteria. Dopo le prime schermaglie in testa c’è Valentino Rossi, braccato da Marc Marquez. Ma lo spagnolo scivola. Nella seconda metà di gara Petrucci e la sua Ducati privata sono i più veloci in pista, e sembra che possano insidiare la leadership del fuggitivo di Tavullia. Ma non accadrà. Il ternano finisce secondo in un podio tutto italiano, chiuso da Andrea Dovizioso.
4) Silvio Grassetti – Questa non è una tappa del motomondiale, ma il suo valore è comunque altissimo. Durante una delle gare internazionali pre-campionato del 1962, corsa sul circuito cittadino di Cesenatico, Silvio Grassetti si presenta con la nuova Benelli quattro cilindri 250. Un prototipo con cui la casa pesarese sfida il colosso Honda e la concorrenza italiana della Moto Morini. Grassetti parte forte, ma dopo qualche giro tocca una delle balle di paglia che affiancano il tracciato (una delle misure di sicurezza dell’epoca) e cade. Si rialza, rimette in moto il quattro cilindri marchigiano e si lancia all’inseguimento dei primi. Il plexiglas del cupolino sventola frustato dall’aria, lui lo strappa e schiaccia il petto contro il serbatoio. Vincerà la gara e spaventerà i giapponesi. Anche se per la conquista del titolo iridato la Benelli dovrà aspettare fino al 1969.
5) Manuel Poggiali – Altra eccezione, perché il due volte campione del mondo non ha il passaporto italiano, bensì sammarinese. Inserirlo fra i talenti della penisola è però doveroso, perché la sua impresa è da annali. Dopo quattro anni nella classe 125, dove è stato campione e vice campione del mondo, nel 2003 fa il salto di categoria e arriva in 250, con l’Aprilia ufficiale. La prima gara della stagione si corre in Giappone, a Suzuka. Le qualifiche vanno male, in griglia è 23°. Ma il bicilindrico di Noale è un missile, e lui ci mette del suo. Al decimo giro è già leader, saluta la compagnia e allunga. Vince all’esordio e conquisterà il mondiale.
Un’altra rimonta il sammarinese l’aveva tentata un anno prima in Portogallo. Il motore della sua Gilera 125 lo lascia a piedi nel giro di allineamento, lui riesce a partire con la seconda moto e scatta dall’ultima casella. Risale dal 33° al 4° posto, poi cade. Non si dà pace: «Sono stato un cretino». A fine stagione perderà il mondiale per 19 punti.
Anche Rossi ha avuto le sue rimonte flop. Una delle più clamorose risale al GP del Qatar 2004, spolverato da mille polemiche. La sera prima della gara lo staff del rivale principale nella corsa al titolo, Sete Gibernau, sorprende gli uomini di Rossi mentre ‘sgommano’ con uno scooter sulla casella di partenza di Valentino. Lo scopo è dare più grip all’asfalto. Parte un reclamo, accolto. La colpa viene scaricata sul team Yamaha, Rossi è carico come una molla e promette vendetta. Non ci sta, dice che «Gibernau ha fatto una bastardata». Parte dal fondo dello schieramento, all’arrembaggio. Nella foga sportella anche un pilota, chiede scusa. Poi finisce sull’erba artificiale a bordo asfalto e cade. Ma avrà tempo per riscattarsi. Vincerà le tre gare successive e il mondiale. All’esordio con una Yamaha che, un anno prima e senza di lui, navigava a metà classifica.