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Morire in Italia: le avventure di un figlio tra lettere di dimissioni e camere mortuarie

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Ci sono alcuni momenti nella vita, come ad esempio quello della morte della propria madre, in cui è sicuramente difficile cogliere i lati ironici, grotteschi e probabilmente molto italiani della vicenda che si sta attraversando. Sfuggo abbastanza a questa regola e quindi vorrei raccontare questa storia senza drammi e indignazioni varie ugualmente tipici della nostra cultura, ma per quello che è: il possibile pezzo della trama di una commedia nera, avete presente One Mississippi? ( Probabilmente no ma questa è un’altra storia.)

Un paio di settimane fa la dirigente di un reparto di Medicina di un ospedale italiano, di cui non diamo alcun ulteriore riferimento geografico, mi mette in mano una busta contenente la lettera di dimissioni dalla struttura di mia madre Valeria. Non essendo avvezzo alla terminologia medica e ai relativi usi mi sorprende un po’ che dimettano un cadavere, ma effettivamente se la persona è entrata in ospedale deve anche, viva o morta, uscirne. Inizio a leggere, pur sapendo già i motivi della sua dipartita, e l’incipit della lettera è: “Egregio Collega, le inviamo una breve relazione della degenza della Signora ( …omissis…) che oggi abbiamo dimessa per affidarla alle sue cure. Siamo a disposizione per eventuali notizie più circostanziate o un parere sull’ulteriore decorso” segue la diagnosi, l’epicrisi (descrizione critica di un caso clinico dopo il decorso della malattia e la conclusione della terapia – Dizionario Italiano Garzanti), al termine della quale si comunica che alla data della lettera è avvenuto l’exitus, in sostanza il decesso della paziente.

Ora va bene che nella prassi quando si dimette un vivo detta lettera è diretta al medico di base della persona in cura, va bene che siamo nell’era del copie e incolla, ma sarebbe tanto difficile prevedere due diversi tipi di comunicazione a seconda se si dimette una persona in vita o un corpo, magari un: “Egregio impresario delle pompe funebri le inviamo ciò che resta della signora affinché possa provvedere alla cremazione” ?

La mattina seguente, questa volta in compagnia di mia moglie e mia figlia, mi reco nuovamente nello stesso ospedale per vedere un’ultima volta la mamma. Seguiamo i cartelli con le indicazioni verso la camera mortuaria che raggiungiamo abbastanza facilmente ma che troviamo chiusa da ogni accesso. Riguadagno allora la portineria dove trovo un addetta che senza spiegarmi nulla mi fa firmare un registro e mi consegna un voluminoso mazzo di chiavi, unione di vari mazzetti ognuno col suo cartellino. Cercando di decifrare i cartellini proviamo varie chiavi e superiamo la prima porta. Ci ritroviamo in un locale vuoto che da su altre porte. Su una c’è la scritta “Camera Ardente” cerchiamo la chiave e riusciamo ad aprire, dentro tre postazioni per l’esposizione delle salme, divise da pareti di plastica. Vuote.

Da grande appassionato di Serie TV inizio a sentire la musica salire, quella di quando il mistero si infittisce. In fondo alla sala però c’è un altra porta, dunque la ricerca del cadavere può continuare, salterà fuori solo quello della mamma o ce ne saranno altri? Faccio passare tutte le chiavi ma nessuna apre quella porta. Torniamo indietro e proviamo altre vie. Qualche porta si apre ma fa accedere al corridoio di un altro reparto, qualcuna resta chiusa. Non si intravede l’ombra di qualche membro del personale cui chiedere. Decido che il mistero resterà irrisolto e che la ricerca del corpo della mamma per ora è terminata. Richiudo tutto e con moglie e figlia torno in portineria. Mi rivolgo all’addetta:

Scusi guardi che abbiamo girato ovunque ma la mamma non l’abbiamo trovata…

Ma le pompe funebri l’avevano già preparata?

Non credo.

Ecco perché! Fino a quando non sono vestiti e in ordine una nova legge impedisce di mostrare i corpi. Anche ai parenti. Dovete tornare più tardi.

Dirlo subito quando mi hanno dato le chiavi no? Abitualmente non giro per camere mortuarie alla ricerca di cadaveri scomparsi, magari con un minimo di informazione si potrebbero evitare situazioni di questo tipo. Certo c’è la spending review e utilizzare del personale ad accompagnare i parenti dei defunti… suvvia basta con gli sprechi!

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