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I Mondiali “dimenticati” ai quali l’Italia parteciperà

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Avete presente la California? Posto assolato, mare, le onde, le belle donne in bikini e i palestrati ricoperti d’olio abbronzante? E Los Angeles, con le sue luci? E poi ancora Hollywood, con i suoi grandi nomi, Palm Springs e i suoi hipster che conquistano anche i deserti assolati di questo Stato della West Coast USA.

Ebbene, dal prossimo 29 novembre (oggi) fino al 3 dicembre, proprio le spiagge e i mari affacciati sull’oceano Pacifico ospiteranno gli “Isa World Adaptive Surfing Championship”, che altro non sono che i mondiali per atleti con disabilità organizzati dall’International surfing association.

A rappresentare per la prima volta i colori della Nazionale italiana ci sono loro, Massimiliano Mattei, Lorenzo Bini, Fabio Secci e Matteo Fanchini, che dell’adaptive surfing (il surf ripensato per chi in piedi non ci può stare più o non ci è mai stato, per i non vedenti e per chi ha subito un’amputazione o è nato già così) sono gli “esperti”. La competizione esiste dal 2015 ma questa è la prima volta in cui un team di azzurri vi partecipa, col sostegno della Federazione italiana sci nautico e wakeboard, del Coni (che ha riconosciuto la Federazione qualche mese fa) e del Comitato italiano paralimpico.

I fantastici quattro

 Massimiliano Mattei e Fabio Secci. Il primo è un ex chef livornese, finito sulla sedia a rotelle a 27 anni dopo un incidente in moto. La sua vita cambia sì, ma non finisce: a salvarlo è lo sport. Dopo aver provato i campi da basket, quelli da tennis, tirato pugni con la boxe decide di comprarsi una tavola da surf – adattandola al suo corpo, installando dei cuscinetti e delle maniglie a cui aggrapparsi – e gettarsi nel suo mare, quello pisano. Fabio invece, è nato con una agenesia tibiale, ossia senza tibia e perone, ma a poco più di un anno aveva già la sua protesi e fin da piccolo ha iniziato a fare sport, alternandosi fra basket e skateboard. I limiti per Secci, 35 anni, non esistono se non nella propria testa. “Non ho mai pensato che la mia protesi potesse rappresentare un problema: per me è sempre stata una gamba a tutti gli effetti, come le altre. Anzi l’ho sempre considerata un modo alternativo per affrontare tutte le sfide della vita e imparare ogni giorno qualcosa di nuovo su me stesso”. Per i due partecipare all’ “Isa World Adaptive Surfing Championship” a La Jolla non è una “novità”: già l’anno scorso erano volati in California pagandosi da soli le spese del viaggio e delle uniformi per gareggiare.

Matteo Fanchini, Lorenzo Bini. Per Matteo, 46 anni, essere non vedente non è mai stato un limite, nella vita come anche nello sport. La scorsa primavera si è gettato da un’altezza di 4000 metri con i paracadutisti della Folgore di Bracciano. Una caduta libera a 200 km all’ora, ma il surf era il suo “sogno proibito” che alla fine è riuscito a realizzare, nonostante tutti glielo avessero sconsigliato: “Ormai faccio surf con una sola guida, riesco a sentire il suono dell’onda che arriva e a percepire la profondità dell’acqua sotto la mia tavola. Non è un percorso semplice da realizzare, ma il mio motto è sempre stato: ‘Non è possibile che sia impossibile”. Lorenzo, fiorentino di 32 anni, è stato l’ultimo dei quattro ad essere convocato per volare in California. Bini, sulla sedia a rotelle da quando aveva 18 anni per colpa di un incidente in vespa, dice che acqua e surf gli hanno cambiato la vita. Quando non è in acqua, lavora per l’associazione toscana Dynamo Camp, dove forma i volontari da inserire nei percorsi di terapia ricreativa per bambini con patologie croniche o gravi. Insieme a Mattei (che l’ha fondata) fa parte del progetto Surf4All, prima scuola di adaptive surf in Italia. “Mi sono buttato nello sport e nel turismo accessibile: a tutti parlo di surf e di come questa disciplina possa aiutare chiunque, non solo a livello fisico, ma soprattutto a livello emotivo”.

La gara. Sei le categorie previste in gara, dagli amputati, con o senza protesi, a chi cavalca le onde da seduto o in posizione prona, da solo o con un assistente, a chi ha disabilità visive. A gareggiare oltre ai nostri azzurri ci saranno una settantina di surfisti provenienti da 24 nazioni diverse: 20 i minuti a disposizione di ognuno per la propria performance e, in base al punteggio, si deciderà chi passerà ai quarti di finale fino ad arrivare all’ultimo round. L’anno scorso l’Italia, pur non avendo alcun supporto dietro, si è classificata 12ma, con in testa Brasile e Stati Uniti. Nonostante il surf sia uno sport ancora di “nicchia” – soprattutto per chi ha una disabilità psico-motoria – nel nostro paese,  i fantastici quattro sono destinati a fare storia.



E se a Rio 2016, durante i giochi, il Comitato olimpico internazionale ha inserito cinque nuove discipline, tra cui il surf, aprendo la strada anche a tutti gli sportivi con disabilità, a Tokyo 2020 si potranno vedere i primi atleti intenti a cavalcare le onde. Il 2024 però è l’anno tanto atteso dai cavalieri delle onde. L’anno delle paralimpiadi di Parigi, dove la ricerca della “cresta perfetta” sarà sinonimo di passione e dedizione, impegno e sacrificio ma soprattutto sarà veicolo di un messaggio importantissimo: cambiare la propria vita, cercando di spingersi oltre i propri limiti, dando e dandosi la possibilità di sperimentare sport estremi, inseguendo i sogni, perché se ci credi nessun limite fisico è più capace di fermarti. In attesa di tutto questo però, in bocca al lupo a questi azzurri con tavola da surf, che dimostrano a tutti noi quanto sia bello

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