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Mistero Pantani: storia di una morte ancora tutta da chiarire
La riapertura dell’indagine da parte del procuratore capo di Rimini, Elisabetta Melotti, sulla morte di Marco Pantani, a seguito di un memoriale di 51 pagine consegnato dalla famiglia del ciclista romagnolo, ha rimesso al centro della cronaca una vicenda i cui contorni non sono stati mai chiariti, così come le circostanze che portarono alla scomparsa del Pirata.
Riviviamo tutte le tappe fondamentali.
1999 l’inizio della fine
Protagonista del Giro d’Italia che con pochi dubbi sarebbe andato a vincere, il 5 giugno 1999 a Madonna di Campiglio, alle ore 10,10 di mattina, vennero resi pubblici i risultati dei controlli anti-doping svolti poco prima: in tali test era stata riscontrata, nel sangue di Pantani, una concentrazione di globuli rossi superiore al consentito. Il valore di ematocrito rilevato al cesenate fu infatti del 52% contro il limite del 50% consentito dal regolamento. il Pirata venne di conseguenza sospeso per 15 giorni, il che comportava l’esclusione immediata dalla “Corsa rosa”.
Qui ci viene in soccorso a far luce sulla vicenda Il famoso giornalista di Sky Leo Turrini che in un incontro con me e altri giornalisti, nella Vineria Giacobazzi, gruppo con cui il giovane Pantani vinse il Giro d’Italia dilettanti prima di diventare professionista, da esperto di ciclismo, ci ha rivelato qualcosa di incredibile:
“Prima i controlli anti-doping nel ciclismo si basavano solo sull’ematocrito: se lo avevi sotto i 50 eri ok se lo avevi sopra non venivi squalificato ma solo fermato per 2 settimane per la tua incolumitá. A Madonna di Campiglio é accaduto qualcosa di strano. Tutti sapevano quando arrivavano i controlli e come abbassare il livello, in caso fosse alto, allenandosi la notte. Possibile che sui primi 20 tutti sottoposti al controllo 19 avevano l’ematocrito entro i limiti e l’unico pirla con 52 fosse proprio Pantani che comunque non é mai stato squalificato per doping? Questo ci porta al fulcro del problema ovvero la brutta abitudine italiana di screditare chi ce l’ha fatta piuttosto che emularlo e questo é molto preoccupante. Su Pantani si sono attivate sette Procure della Repubblica, quattro in piú di quelle per Riina. Questo mi porta ad una sola ed unica riflessione: che cazzo di paese siamo? Il troppo potere di Armstrong, indicato proprio da Pantani in un’intervista alla Rai, ha permesso la sua esclusione dai successivi Tour mentre tutti gli altri fermati per ematocrito gareggiavano normalmente. Gli italiani non hanno permesso a Marco di andare alle Olimpiadi considerando la sua eventuale partecipazione come “Una vergogna per il paese”. Un ragazzo sicuramente fragile lasciato solo e non aiutato da nessuno. Beffa delle beffe l’idolatrare Armstromg per anni, prima di essere scoperto, simbolo del si può vincere senza doping, in modo pulito, dopo aver sconfitto il cancro”.
A detta di molti la carriera ad alti livelli di Pantani si concluse con tale episodio, dopo aver spaccato per l’ira un vetro nell’albergo, accerchiato dai giornalisti e accompagnato dai carabinieri. Mentre stava per lasciare la corsa disse: “Mi sono rialzato, dopo tanti infortuni, e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile”.
Nonostante la sospensione di 15 giorni gli avrebbe consentito di gareggiare al Tour de France, gli organizzatori fecero pressione per non farlo andare, facendogli capire di non essere persona gradita. Prima di lui chiunque fosse stato fermato per ematocrito alto aveva corso il Tour ma questa volta no. Sapete perché? La longa manus di Lance Armstrong e quel suo troppo potere in mano.
Le prove del complotto, la camorra e le scommesse clandestine
Il 5 giugno 1999 segnerà per sempre la storia del ciclismo italiano e probabilmente mondiale. L’intervallo di tempo che va da questa data a quella della sua morte nel 2004 è pieno zeppo di verità nascoste, indizi criminali e ipotesi più che probabili.
Il giorno prima e lo stesso pomeriggio del controllo anti-doping a Madonna di Campiglio, quindi parliamo di venerdi 4 giugno 1999 e sabato pomeriggio 5 giugno 1999, Marco Pantani sostenne 2 controlli anti-doping presso un centro specializzato di Imola ed entrambi diedero come risultato ematocrito 48 e non 52. Il 2% sotto la soglia consentita.
Nel 2007, tre anni dopo la sua morte, il criminale italiano Renato Vallanzasca fece recapitare alla mamma di Pantani, la signora Tonina, una lettere in cui affermava che un suo amico habitué delle scommesse clandestine, lo abbia avvicinato cinque giorni prima del “fatto” di Madonna di Campiglio consigliandogli di scommettere sulla sconfitta di Pantani per la classifica finale, e assicurandogli che “il Giro non lo vincerà sicuramente lui”.
Il 14 marzo 2016 viene diffusa da Premium Sport un’intercettazione di un detenuto vicino ad ambienti legati alle scommesse clandestine, il quale, riferendosi all’episodio di Madonna di Campiglio, implicherebbe un intervento della Camorra nell’esclusione di Pantani dal Giro d’Italia 1999. Il sangue del ciclista, infatti, sarebbe stato deplasmato. Il giorno successivo Premium Sport rende pubblica una nuova intercettazione, in cui Augusto La Torre, boss di Mondragone, confermerebbe il coinvolgimento della malavita nel caso Pantani, accusando l’alleanza di Secondigliano.
Tre giorni più tardi l‘autista di Wim Jeremiasse, responsabile del controllo antidoping a Madonna di Campiglio, conferma la presenza dell’ispettore nella mattinata del 5 giugno 1999. La testimonianza però non coinciderebbe con quella resa al processo di Trento dai medici che effettuarono il prelievo ematico a Pantani che non menzionano o probabilmente volontariamente omettono la presenza di Jeremiasse.
La Procura della Repubblica di Forlì, che indagava sul caso, concluse che “un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare il test e far risultare Pantani fuori norma“, ma dovette richiedere l’archiviazione delle indagini a causa dell’intervenuta prescrizione dei reati.
Il suicidio “troppo perfetto” e l’ipotesi omicidio
La madre di Marco Pantani, Tonina, afferma che il modo scelto dal figlio per assumere la droga o per suicidarsi, ossia l’ingestione di cocaina, non parrebbe verosimile, in quanto sarebbe morto prima di assumere tutta quella quantità, pari a sei volte la dose letale.
La signora Pantani sostiene da sempre che il figlio sia stato assassinato e che l’overdose fosse assolutamente una simulazione atta a depistare, probabilmente per farlo tacere riguardo a qualche scomodo segreto forse legato al doping nel ciclismo e alla sua squalifica, al mondo delle scommesse truccate o a quello della droga di cui sarebbe stato a conoscenza.
Tonina Pantani ha sempre detto che le firme per il prelievo dei soldi, che Pantani avrebbe usato per comprare la droga, sarebbero falsificate e che non c’era traccia di droga nella camera del residence, come ci si aspetterebbe dalla stanza di un tossicodipendente che ne fa uso abituale e che suo figlio non era dipendente dalla cocaina né voleva suicidarsi. Dubbi anche sulla stanza messa “scientificamente” in disordine e non in modo naturale da una singola persona in preda a overdose come attestato dalla Procura. Infine quei residui di cibo cinese, che Pantani detestava, l’assenza di una bottiglia d’acqua per ingerire la cocaina e alcuni lividi sul corpo dell’atleta pestato probabilmente da più persone per costringerlo a bere l’acqua con la cocaina.
Oltre a questo, le testimonianze dei lavoratori del residence e dei paramedici al momento del rinvenimento del cadavere in stanza, avvenuto prima dell’arrivo delle forze dell’ordine, che cozzano con quanto emerso dalle indagini: soprattutto per quel che riguarda una bustina di cocaina vicino al corpo di Pantani, non rilevata dagli operatori del 118 (che sarebbero stati costretti per regolamento a denunciare al momento del soccorso) ma che appare inequivocabilmente delle riprese della polizia e il famoso lavandino del bagno, divelto completamente secondo quanto dichiarato senza dubbi da un lavoratore del residence nella circostanza del ritrovamento del corpo del ciclista, ma che, sempre nelle riprese, risulta essere a suo posto e senza danni visibili. Tanti altri dettagli risultano poi non in linea con quanto stabilito dal tribunale come l’isolamento volontario del ciclista, chiuso in stanza per 3 giorni, ma visto in giro da esercenti di negozi limitrofi, e l’impossibilità di stabilire effettivamente la sua solitudine, avendo il residence un’entrata secondaria dal garage controllata da telecamere che in quella notte risultavano però non funzionanti. Infine, poco prima della morte, la richiesta di Pantani alla reception di chiamare i carabinieri, come risulta da verbale, in quanto disturbato da persone terze. Richiesta rimasta inspiegabilmente inascoltata.
Una storia, insomma. che ancora oggi a 17 anni di distanza è ricca di dubbi, di sospetti e di mezze verità che “sanno tutti” ma ufficialmente nessuno. Quello che è certo è che a Pantani non hanno permesso di vincere il Giro d’Italia del 1999 per una questione di soldi e scommesse truccate, portando un campione così fragile alla depressione e nel tunnel della droga fino alla morte. La speranza è che tutte le persone coinvolte pagheranno per le loro malefatte regalando da lassù a Marco Pantani un’altra vittoria del Giro, quello del Karma.