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Milton Vieira: un italiano tra i giganti NBA

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La differenza, la crisi, la malattia isolano, chiudono in un mondo solitario che ti fa sentire ancora peggio mentre lo sport ti riapre alla vita, ti collega agli altri, crea mondi che si schiudono uno dopo l’altro: un amico, una squadra, un torneo, il quartiere, la città, l’Italia, Special Olympics Italia ed infine il mondo.

In questa storia ci sono tanti pezzi di sogno che raccontano il percorso di un Atleta Special Olympics che ha sperimentato come il basket sia la strada per tornare a sentirsi una persona con un valore. Ha ridato a Milton Vieira un ruolo ed un’identità dopo le difficoltà che ha incontrato da adolescente. Lo sport ha rappresentato la strada giusta che gli ha permesso di ritrovarsi, abbandonando così definitivamente la solitudine e la disistima.
È stato lui stesso a riconoscere come il basket, e nello specifico la Pallacanestro Unificata di Special Olympics (che prevede la composizione di squadre composte da Atleti con e senza disabilità intellettiva), potesse essere la risposta giusta alle sue difficoltà.

Milton comincia a giocare con il Team Cuore Matto di Torino all’età di 16 anni, è il più giovane della squadra. È considerato “il cucciolo” da tutti i compagni. Esce da un periodo difficile con la scuola, che non riesce a finire, con lo sport che non riesce più a praticare e con la famiglia. Racconta di un mondo che sembra essersi fermato ed in cui non si riconosce più.
Per tutti l’adolescenza è un momento in cui l’identità va in crisi. E per gli Atleti Special Olympics lo è ancora di più. Hanno difficoltà a riconoscersi nei modelli imposti dai social network, in queste vite così veloci e piene di impegni, nei traguardi da dover obbligatoriamente raggiungere.

Ci sono volti che non esprimono le difficoltà e sofferenze. Volti che gli insegnanti e gli allenatori vedono perfetti per gli obiettivi da raggiungere, ma non tutto quel che accade dentro questi ragazzi viene colto.
Gli adulti pressano verso la realizzazione delle aspettative, verso standard scolastici e prestazionali. Vogliono campioni e diplomi. Gli Atleti Special Olympics possono “spezzarsi” in tutta questa pressione, possono sentirsi a disagio, in colpa ed inadatti.

Il basket, la pallacanestro unificata che di fatto vuol dire “giocare insieme” è stata la risposta magica.
Adulti, ragazzi, volontari, che giocano insieme, che costruiscono insieme un universo di senso per le cose. Offre a tutti un ruolo, quello giusto, il Proprio ruolo. Offre una cornice, il campo di gioco per sperimentare regole e relazioni. Offre la visione di futuri migliori perché il basket è dinamico. Tutto può cambiare in un attimo. Attacco e mi difendo, vinco e perdo, sono un gregario e, allo stesso tempo, il protagonista. Alla fine sono con la mia squadra che ha condiviso tutto con me e per la quale ogni Atleta è più importante del risultato.

Una bella storia quella di Milton che, dopo aver partecipato a diverse edizioni dei Giochi Nazionali di Special Olympics, viene chiamato a rappresentare l’Italia ai Giochi Mondiali Estivi Special Olympics a Los Angeles nell’estate del 2015. Ma il sogno più grande lo realizzerà questo weekend quando salirà sull’aereo che lo porterà a Toronto per prendere parte all’NBA Cares Special Olympics Unified Sports® Basketball. Una partita di basket unificato con compagni di squadra del calibro di Yao Ming, Cris Mullin e Dikembe Mutombo.
La palla a 2 della partita unificata verrà alzata da Stephen Curry, attualmente il giocatore NBA più forte.
Gli allenatori saranno: Sage Steele di ESPN e Andre Drummond, giocatore dei Detroit Pistons, per la squadra Est e Yao Ming, Steve Nash (ex giocatori NBA) per la squadra West.

Come partner ci saranno: per la squadra est: Elena Delle Donne, Tracy McGrady, Ruth Riley e Detlef Shrempf. Per la squadra ovest: Bruce Bowen, leggenda NBA, Tamia Catchings, giocatrice WNBA, Jason Collins, Ambasciatore NBA Cares e Ticha Pinicheiro, leggenda WNBA.

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