Razzismo e mondo dello sport. Due universi che sovente marciano in parallelo, mettendo in evidenza un qualcosa di tristemente insito nella nostra società. E spesso anche nel vivere quotidiano. In questi anni, diverse sono state le iniziative sviluppate dai più alti organi del governo calcistico europeo/mondiale nonché dalle singole società di ogni livello e categoria. Anche l’Italia si è fatta spesso promotrice di progetti dello stesso calibro e proprio in questi giorni – in cui a farla da padrone è il caso degli adesivi recanti il volto di Anna Frank con la maglia della Roma attaccati in Curva Sud durante Lazio-Cagliari – un progetto finanziato dalla Commissione Europea sul programma Erasmus+ Sport, sta prendendo forma preparandosi ad approdare sui campi di Serie A.
Parliamo di BRISWA – acronimo di the Ball Rolls In Same Way for All – che vede la partecipazione di sei paesi europei (Italia, Romania, Bulgaria, Grecia, Serbia e Ungheria) e gestito in Italia dal Chapter Italiano della System Dynamics (la branca italiana di una società scientifica statunitense che si occupa di studiare complessi problemi anche di stampo sociale) e dall’Atletico Lodigiani, club con sede a Montecompatri (Roma), che attualmente milita nella Seconda Categoria Laziale e dispone di un relativo settore giovanile. La collaborazione con un ente europeo permette alle varie società sportive nei paesi partner di far entrare i propri ragazzi a contatto con altre realtà di livello internazionale, in maniera da far capire l’importanza dei comportamenti sociali e di trasmettere un modo sano di concepire il calcio da parte dei giovani: il rispetto del prossimo anche e soprattutto attraverso lo sport. Un’idea che non per caso ha trovato molto interesse anche al di la dell’Adriatico, laddove i problemi di integrazione spesso si portano dietro guerre sanguinose e conflitti socio culturali mai sopiti.
Alcune giornate a tema sono già state realizzate durante alcuni degli incontri di calcio più significativi disputati nei Paesi sopracitati. In Bulgaria, dove la Federazione è tra le più attive sulla questione, i giocatori del CSKA Sofia hanno realizzato un video per promuovere BRISWA, e in occasione di un recente derby contro il Levski le due squadre sono scese in campo leggendo all’unisono un messaggio di sensibilizzazione e indossando maglie per pubblicizzare l’iniziativa. Qualcosa di simile era già successo anche in Serbia, prima della sfida tra Vojvodina e Stella Rossa. Inoltre, a livello giovanile, in questi Paesi, il progetto BRISWA sta operando con approfondita meticolosità, andando a lavorare su quella fascia di ragazzi in piena formazione umanistica e sportiva.
Come si legge sul sito ufficiale, il progetto si prefigge di:
- Comprendere la situazione attuale del razzismo in Europa e identificare i driver principali di tale fenomeno;
- Valutare, attraverso un approccio di ricerca basato su solide basi scientifiche, come gli atti di razzismo possano essere mitigati ed eventualmente eradicati dalla cultura dello sport nella maniera più efficace possibile;
- Attuare innovative strategie di formazione e monitoraggio delle dinamiche sociali di gruppo, a partire dall’azione sui più giovani, i quali ancora non hanno un forte orientamento sociale, educandoli dunque ad accettare la diversità, soprattutto quando si fa sport;
- Stabilire quale sia il giusto mix di competenze (psicologico, sociale, etc.) per una nuova figura fondamentale da inserire all’interno delle scuole calcio (e delle squadre sportive in generale);
- Diffondere lo spirito di uguaglianza ed evitare atti di razzismo, cercando di costruire una grande consapevolezza nelle persone di tutte le età (e soprattutto nei più piccoli) attraverso i canali mediatici (social media, sito web, ecc.), la realizzazione di eventi mirati, prima delle gare ufficiali dei campionati europei di calcio, di seminari di formazione, workshop e conferenze.
Dal prossimo dicembre, i referenti del progetto BRISWA avranno anche qui in Italia l’opportunità di entrare sui campi di calcio della Serie A, per esporre striscioni tematici e far proiettare sui maxi schermi video con cui personaggi del mondo sportivo lanceranno un messaggio contro il razzismo. “Set racism offside” (“Metti il razzismo in fuorigioco”) è il motto della campagna.
Un’opera complessa, per la quale è scesa in campo anche l’Università della Macedonia, che ha redatto un questionario da sottoporre a società, dirigenti, calciatori e tifosi al fine di analizzare e comprendere, sotto l’aspetto antropologico, fenomeni discriminatori, col fine ultimo di creare un vero e proprio dossier in grado di dar seguito a metodi di lotta e dissuasione ad ogni genere di razzismo.
Il lavoro mediatico a corollario di questa iniziativa si sta già dimostrando importante e sarà senza dubbio fondamentale. Così come importante sarà creare una sinergia seria e non soltanto massiva e propagandistica, come troppe volte vediamo fare ai nostri mezzi di comunicazione, interessati a condannare episodi di discriminazione al momento, cavalcando l’onda mediatica per aprire telegiornali e vendere qualche copia in più dei quotidiani, ma scarsamente interessati a dar seguito in maniera reale e costruttiva a un vero e proprio processo di cambiamento e di trasformazione culturale.
In vista dei episodi successi recentemente in Serie A ho mandato un messaggio molto personale a Mario, che senza il vostro aiuto probabilmente non leggerà mai. Ecco il messaggio che ho mandato a Mario nel direct su instagram:
Ciao Mario, voglio mandarti un messaggio che pesa molto per me.
Io sono Dario, italiano cresciuto a Berlino, classe 92, e purtroppo anch’io ho sofferto molto il razzismo/nazionalismo durante la mia carriera nelle giovanili.
Giocavo nel DFB Talent Förderprogramm come puoi vedere sulla foto – un equivalente di un vivaio per talenti della FIGC.
Purtroppo dopo il 2006 ho fatto tantissime esperienze con razzismo/nazionalismo. Mi hanno chiamato italiano di merda, italiano frocio e tante cose del genere, solo perché ero italiano – per nessun altro motivo.
I miei allenatori non si sono intromessi, hanno lasciato accadere tutto ciò. Forse non erano del tutto consapevoli, non lo só.
In me si è sviluppato un grande odio nei confronti della Germania. Da quando avevo 15 anni volevo solo andarmene. Ho addirittura smesso di giocare a calcio, quel odio mi aveva spezzato in due. Non essendo cresciuto con un padre, solo con una madre singola non ho saputo superare questo odio, non avevo nessuno con cui parlarne. Questo episodio mi ha rovinato la carriera. Ero un trequartista di 185cm, con un buon piede.
Non voglio dirti quanto ho goduto quando ne hai fatto 2 a Neuer. Ero estatico.
Cmq con questa storia ti voglio dire che razzismo/nazionalismo è una cosa che soffriamo in tanti. Voglio mandarti i miei cari saluti, e voglio augurarti che ritorni in Nazionale e che fai bene. E che ti prendi cura della tua famiglia, che essere padre è un compito molto importante. Io, essendo cresciuto con 2 donne, so quanto mi mancava una figura paterna nelle vicinanze.
Spero che in qualche modo tu legga questo messaggio e ti mando ancora tanti saluti. Da Dario a Mario, ????
Grazie della sua attenzione,
Un saluto cordiale,
Dario Padovani