Che giocatore è, che giocatore poteva essere Maximiliano “Maxi” Gastòn Lopez? Oggi purtroppo per lui quando si sente questo nome in Italia lo si associa alla vicenda Wanda-Icardi-Maxi e a quei poveri bambini, figli di Lopez, che subiscono un’attenzione mediatica dovuta all’immaturità dei propri genitori ma in questo articolo cerchiamo di analizzare il tipo di calciatore che Maxi Lopez è, escludendo le vicende familiari.
El Rubio nasce a Buenos Aires e compie tutta la trafila nelle giovanili del River Plate dove si segnala come ottima punta crea-spazi data la prestanza fisica e l’ottima abilità a proteggere il pallone e viene portato in prima squadra dal futuro tecnico del Manchester City, Manuel Pellegrini. Quello di Maxi è un grande River Plate. Ha vecchie volpi e grandi prospetti, prospetti che però non si sono mai realmente realizzati.
In porta ha una lotteria ottima composta da German Lux, Franco Costanzo ed un giovane Carrizo, ci sono poi gli affermati Husain e Lucho Gonzalez, c’è la promessa Ahumada, c’è il calciatore-feticcio di Pellegrini, ovvero Demichelis, e ci sono 3 delle più grandi promesse del calcio argentino ad inizio millennio: Maxi Lopez, Fernando Cavenaghi ed Andrés D’Alessandro.
Lopez e Cavenaghi andranno anche al Sudamericano U20 e lo vinceranno, in una formazione dove loro brillano ma dove solo Zabaleta, Mascherano e Tevez davvero manterranno le attese da grandi campioni che ci si aspettava da loro. Maxi andrà poi al Barcellona, Cavenaghi in un ambiziosissimo Spartak Mosca che chiuderà la sua ricca parentesi senza titoli.
Lopez al Barça è una storia bella: il Barcellona in quegli anni si godeva le magie di Messi nella Squadra C e pensava di aver trovato il compagno ideale di Eto’ò e Ronaldinho, il sostituto perfetto di Larsson, l’anti-Diego Forlan che in quegli anni con la sua chioma bionda dominava la Liga. L’avvio sembra anche essere positivo: in Champions segna un gol e fornisce un assist nell’ottavo contro il Chelsea. Nell’anno e mezzo in Catalunya gioca 16 partite, segna un gol (il suo unico in carriera) in Champions e si toglie la soddisfazione di vincere 2 campionati, una Supercoppa e la Champions. Quella di Rijkaard, quella di Ronaldinho e Giuly, quella vinta contro l’ultimo grande Arsenal che si sia visto.
Il Barcellona crede davvero in Lopez, che per la cronaca in quegli anni adottò di fatto Maurito Icardi che era un piccolo bambino della Cantera spaesato nella grande città spagnola, e lo manda in prestito al Mallorca, convinto che un anno da titolare in Liga gli possa far bene (anche perché il Barcellona acquisa Eiður Guðjohnsen dal Chelsea) ma anche lì delude, non rientrando bene da un infortunio che subì proprio ai tempi della squadra blaugrana ed allora viene ceduto all’FK Moscow, una squadra molto ricca che è durata appena 13 anni in Russia.
Nel campionato russo l’impatto è abbastanza buono e a gennaio, vista la pausa del campionato, vola in Brasile in prestito al Gremio dove fa benissimo ed allora arriva la svolta perché Pietro Lo Monaco, deus ex machina del Catania con agganci incredibili in Argentina, strappa il calciatore al Sud America ed alla fredda Russia e lo porta alle falde dell’Etna dove Maxi Lopez diventa La Gallina dalle Uova d’Oro. Pochi impatti con il campionato italiano sono stati all’altezza di quello che Lopez ha avuto nel Gennaio del 2010: 17 partite, 11 gol, doppietta nel derby col Palermo che vale doppio e salvezza raggiunta.
L’anno dopo non si ripete a quelle cifre monstre ma lo score segna 8 reti, comunque buone per la salvezza.
Tra i due anni trattative estenuanti e l’ennesimo bivio di una carriera unica: il Napoli è alla ricerca della punta che sarebbe servita per rimpiazzare “Core n’Grato” Quagliarella. Tanti nomi, restano due finalisti: Maxi Lopez o Edinson Cavani. La storia poi la conoscete.
Il rapporto con la società etnea dopo il secondo anno si incrina, perché Maxi non è più sereno a causa delle vicissitudini familiari ed a gennaio lascia la Sicilia per il Milan. E’ l’inizio della fine: una serie di prestiti che lo porteranno a 5 cambi di casacca in 4 anni, sempre con la speranza di vedere quegli sprazzi di talento purissimo intravisti con la maglia del River e con quella del Catania in quell’irripetibile seconda parte di campionato 2009/2010. Si toglie in maglia Samp anche la soddisfazione di segnare il gol vittoria nel Derby della Lanterna, ma quello sarà l’ultimo gol in maglia blucerchiata, l’unico gol in maglia blucerchiata.
Le ultime due stagioni in chiaroscuro al Torino ed ora si attende la scelta di Sinisa Mihajlovic, se credere nell’argentino e dargli una possibilità o se è tempo per Maxi Lopez di lasciare l’Italia, terra che gli ha dato e tolto tutto, per tornare in Argentina o tentare l’avventura milionaria in America o in Cina.
Maxi Lopez è quel calciatore che avremmo sempre voluto in squadra al fantacalcio, e che abbiamo sempre provato a prendere perché “oh questo è l’anno buono, me lo sento” e che quando tutti gli altri ce lo lasciavano a 1 ci sentivamo come i Pantaleo Corvino de noialtri. Lopez è stata una prima punta classica e moderna, letale sui colpi di testa e da posizione ravvicinata, in grado di segnare di destro e sinistro, su calcio di rigore e di tap-in, bravo in contropiede ed in grado di far salire la squadra.
Maxi Lopez è quel giocatore, quell’uomo, che ci dice che c’è sempre tempo per combattere, che nonostante le avversità della vita e le atrocità delle persone, il campo, il rettangolo verde di gioco, ci dice che tutto passa. Perché il calcio è gioia. Perché nonostante tutto Maxi ha vinto più Champions di Ibra, perché ha segnato contro il Chelsea, e deciso i Derby più caldi in Sicilia e Liguria, perché è diventato campione d’Argentina con il River. Perché il calcio è la cosa più bella del mondo.