Alla fine è arrivata la tanto attesa sentenza: Maria Sharapova è stata condannata ad una dura squalifica, che la terrà lontana dai campi da gioco per 2 anni. A sancirlo è stato un Tribunale del Programma anti-doping incaricato dall’ITF –l’International Tennis Federation –, a seguito dell’assunzione da parte della tennista russa dell’ormai celebre Meldonium.
La sentenza ha decretato che la squalifica si concluderà il 25 gennaio 2018, a due anni esatti dal giorno in cui Masha è risultata positiva al controllo anti-doping. Oltre a questo, i risultati raggiunti nell’Australian Open del 2016 verranno annullati, sia in termini di punti WTA che di prize money.
Ovviamente, a seguito della decisione del Tribunale sono scoppiate le polemiche. Maria stessa ha comunicato sui social che farà ricorso al CAS di Losanna – la Corte arbitrale dello Sport -, trovando profondamente ingiusta la condanna che le è stata inflitta. Nel commentare la sentenza ha fatto notare che il Tribunale, benché avesse compreso l’assoluta mancanza di intenzionalità da parte sua, abbia comunque deliberato di allontanarla dai campi da tennis per due lunghi anni, assumendo un atteggiamento irragionevole.
La reazione stizzita di Masha è più che comprensibile, ma il caso merita un minimo approfondimento. Anzitutto, per quanto possa essere stata involontaria l’assunzione di una sostanza riconosciuta come dopante, è comunque molto difficile provare l’ignoranza delle norme secondo cui il Meldonium era proibito.
Per giunta, l’assunzione del farmaco non le era stato prescritto da nessun medico. Infatti, la siberiana ha iniziato a far uso del Meldonium nel 2006 su prescrizione del suo medico di fiducia, a causa di infiammazioni alle tonsille e problemi agli addominali. Ma nel 2013 ha chiuso i rapporti col suo medico, e da allora ha continuato a prendere il farmaco senza il parere di nessun dottore.
Inoltre, come è stato possibile che nessuno del suo staff tecnico le abbia mai fatto notare che assumeva un farmaco vietato? L’ennesima domanda che resta sospesa nel vuoto. E, probabilmente, la decisione del tribunale dell’ITF è stata anche influenzata da questi punti controversi: non potendo accertare la volontarietà del gesto della tennista russa – che le sarebbe costata 4 anni di squalifica – , ha preferito optare per una via di mezzo.
Per ora Masha deve affidarsi al CAS di Losanna, dove può sperare di ottenere qualche beneficio. La Corte arbitrale dello Sport le probabilmente le ridurrà la squalifica di qualche mese, anche se dovremo aspettarci di veder tornare Maria in campo non prima di un anno.
Carriera finita? Racchetta al chiodo per la tennista più amata – e pagata – degli ultimi anni? Difficile dirlo. Stando alle sue dichiarazioni, la voglia di tornare in campo è immensa. Inoltre, la russa nel gennaio 2018 avrà ancora 30 anni,quindi potrebbe regalare ancora molto a questo sport.
Ma è pur vero che dopo una squalifica di 2 anni sarebbe difficile per chiunque tornare ai vertici del ranking mondiale, anche per un carattere forte come il suo. Va inoltre ricordato che Masha gioca a livello professionistico dal lontano 2001, quando aveva appena 14 anni, e ha vinto il suo primo Slam nel 2004, quando ne aveva solo 17. Questo per dire che è difficile pronosticare quanto a lungo il suo fisico le permetterà di essere realmente competitiva.
Dopo uno periodo così tormentato, dopo uno scandalo che ha incrinato la sua popolarità, riuscirà Maria a tornare l’icona mondiale di un tempo?