Poco più di un mese fa Maria Sharapova era stata travolta dallo scandalo legato al Meldonium, farmaco considerato dopante, al quale la tennista russa era risultata positiva. Ebbene, neanche a dirlo, è arrivato il colpo di scena: Masha potrebbe evitare la squalifica e uscire indenne dall’intera vicenda.
Ma come mai?
La WADA, l’agenzia mondiale antidoping, ha condotto in queste settimane approfonditi studi sul farmaco di origine lettone, senza però riuscire a stabilire con certezza quanto tempo impiega l’organismo a smaltirne ogni traccia dopo l’assunzione. Sembra infatti che il processo di eliminazione totale dei residui del Meldonium possa durare anche più di 100 ore.
Pertanto, la WADA ha deciso di concedere una sorta di amnistia per gli atleti sotto esame tra il primo gennaio e il primo marzo. Infatti, se per questi casi la quantità del farmaco sarà minore di 15 microgrammi per millilitro, il controllo antidoping non verrà considerato attendibile e l’atleta non dovrebbe incappare in nessuna squalifica. Questo perché è scientificamente impossibile capire se l’assunzione del Meldonium è avvenuta prima o dopo il primo gennaio, termine oltre il quale il medicinale è stato classificato come dopante.
La tennista siberiana era stata sottoposta ai test antidoping durante gli Australian Open, nella seconda metà di gennaio. Pertanto rientra perfettamente tra gli atleti che potranno godere di questo “periodo di clemenza”, visto che il livello di Meldonium riscontrato nei suoi test è inferiore ai 15 microgrammi.
Sembra quindi che per Masha fili tutto liscio. Anche se le motivazioni del cosiddetto “periodo di clemenza” stonano parecchio con la conferenza stampa indetta dalla Sharapova a marzo, quando ha annunciato la sua positività ai test antidoping. In quell’occasione lei aveva ammesso di non aver mai letto le mail di aggiornamento della WADA, tra cui compariva il Meldonium, e quindi non sapeva di assumere un farmaco vietato. Il che però implica “un’ammissione di colpevolezza”, perché implicitamente viene sottinteso che l’assunzione del farmaco è avvenuta dopo il primo gennaio. E, se questo fosse provato, non sarebbe previsto nessun tipo di amnistia da parte della WADA.
Di contro, la Sharapova non ha mai confessato espressamente l’assunzione del Meldonium dopo il primo gennaio. Dunque, la questione non è più di tipo scientifico, ma diventa un problema di interpretazione delle parole della tennista russa . Parole che potrebbero trasformarsi in una colossale zappa sui piedi.
Per giunta, il “periodo di clemenza” deliberato dalla WADA ha fatto storcere il naso a molti. Raramente si è assistito ad un dietrofront simile da parte dell’agenzia antidoping, di solito inflessibile. In questa circostanza, forse, il coinvolgimento di una celebrità come la Sharapova è stato un fattore condizionante.
Comunque, per ora le indagini proseguono. Dave Haggerty, presidente dell’ITF, ha annunciato pochi giorni fa che sono state fissate le prime udienze disciplinari e che la sentenza non si avrà prima di 2-3 mesi. Perciò, se il processo avesse esito positivo, la Sharapova potrebbe tornare in campo per luglio. Giusto in tempo per essere eleggibile per i giochi di Rio 2016.
La vicenda non è ancora ben chiara. All’inizio lo scandalo che aveva colpito Masha sembrava di proporzioni enormi, la sua immagine appariva ormai definitivamente compromessa. Ora invece, a un mese di distanza, per lei si profila un ritorno in campo in tempi brevi, con tanto di partecipazione ai Giochi Olimpici.
Come è possibile? E’ l’ennesimo polverone mediatico che indigna i più, ma che alla fin fine lascia tutto immutato?