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Lukaku, il Razzismo e la Caccia alle Streghe (a tutti i costi) che non serve

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“Quando ero piccolo tutti mi scherzavano per le dimensioni del mio pene e io non stavo bene”. Cominciava così John Holmes (Una vita per il cinema), brano del 1989, quando Elio e le Storie Tese erano meno mainstream e i loro pezzi troppo irriverenti per l’epoca. E quel John Holmes era proprio lui, l’icona del porno anni 70-80 che, oltre ai baffoni tipici dell’epoca, di spropositato aveva evidentemente anche altro. Sono passati quasi trent’anni e il testo di questa canzone riecheggia nella memoria di chi scrive, dovendo leggere che Romelu Lukaku, neo bomberone del Manchester di Josè, è stato argomento di grandi polemiche in Inghilterra, in quanto al centro di una disputa sul Razzismo e la discriminazione. E la notizia è rimbalzata anche qui, nell’indignazione generale.

Pensando alla discriminazione e a Lukaku verrebbe subito in mente la banalità razzista nel vedere un gigante nero di origini congolesi e considerarlo un essere inferiore in quanto tale. Ma poi leggi le statistiche e vedi che sta segnando praticamente un goal a partita ed è impossibile che i tifosi dello United, seppur molto esigenti, possano già affogare di insulti un nuovo arrivato che sta facendo bene in una squadra prima in classifica. Per di più con l’aggravante della discriminazione razziale, rischiando di rovinare per sempre un rapporto tra piazza e giocatore che è in piena fioritura. Impossibile. E infatti così è, perché la pietra dello scandalo riguarda tutt’altro ed è uno dei Grandi Classici più longevi della storia dell’uomo nel confronto tra bianchi e neri. La lunghezza del pene. E non è una barzelletta.

In Inghilterra stanno alzando un polverone su un coro riguardante l’attaccante belga e le sue presunte (e spropositate a questo punto) dimensioni del suo organo riproduttivo. In buona sostanza i tifosi del Manchester hanno dedicato una canzone a Lukaku dove tra le altre cose si fa esplicito riferimento alle doti nascoste del numero 9 sulle note di “Made of Stone” degli Stone Roses (chissà se il “fatto di pietra” del titolo sia un altro riferimento, puramente casuale, si intende). Un coro indiscutibilmente di sostegno visto che nella prima strofa è indicato come “genio che segna tutti i goal per la sua squadra”. E ad ogni modo sfido chiunque a sentirsi offeso perché additato come superdotato. Del resto i tifosi inglesi non sono nuovi a queste iniziative colorite e resta indimenticabile l’incitamento leggendario dedicato a Balotelli ai tempi della Premier. Ma evidentemente non va bene. Perché l’Associazione Kick It Out, che è sempre attenta a monitore e segnalare comportamenti discriminatori, producendosi quotidianamente in un lavoro lodevolissimo, nessuno lo mette in dubbio, ha fatto esplicita richiesta alla dirigenza Red Devils affinché la canzoncina incriminata non venga più intonata dai tifosi.

Gli stereotipi razzisti non sono mai accettabili – si legge in un comunicato – Abbiamo contattato lo United e lavoreremo a stretto contatto con la Football Association per assicurarci che questo problema sia affrontato rapidamente”.

Se dovessimo commentare in maniera superficiale diremmo che la richiesta dell’Associazione sfiora il ridicolo. Ma come? I neri, oppressi per il colore della pelle, per il fatto che “non fanno un cazzo tutto il giornoche rubano, che puzzano, che sono delle scimmie e mangiano le banane” adesso devono rinunciare anche all’unica piccola (che dico piccola, grande) soddisfazione che hanno sempre avuto e rivendicato come propria: vedersi riconosciuta indiscutibilmente una superiorità che anche la più becera stupidità razzista non può negare. E loro, Kick it Out, che fanno? Contestano perché è uno stereotipo razzista parlare delle acclarate “qualità”, evidentemente eccelse, di un giocatore (ma allargabile a tutti) di origine africane. Cara Kick it Out, io ti apprezzo e anche tanto. Ma stavolta hai preso un granchio. Si sta esagerando. Il Razzismo è una cosa seria e questo è solo un coro innocuo con un riferimento che non può che far sorridere, certamente non indignare. Andate a chiedere a qualsiasi persona di colore se si sia mai sentita discriminata per le dimensioni del suo pene. Me lo immagino Romelu (o chi per lui) finita la partita che si fa la doccia in mutande per la vergogna. Eh sì. Qui ci sarebbe da dire che, per assurdo, i veri discriminati siamo noi “bianchi”, a dover fare i conti con questo eterno complesso di inferiorità. Per non parlare di quella famosa rima in inglese sull’esperienza black che è bene non ripetere. Ma è meglio non inerpicarsi verso certi sentieri che, di questi tempi, molti confondono una battuta con una sentenza. E il razzista divento io a quel punto.

Se dovessimo, invece, commentare seriamente, senza doverci riflettere più del necessario, allora la questione si fa differente. Il Razzismo, dicevamo, è una cosa seria e in un mondo come quello che viviamo dove ci sanguinano gli occhi davanti ai quotidiani atti discriminatori, ci sarebbe bisogno di un clima distensivo che non esasperi un argomento così stupido (il coro in oggetto) ma che puntualmente finisce su tutte le prime pagine dei giornali, per esigenze di trend piuttosto che per una vera riflessione sul tema. C’è bisogno di sano realismo altrimenti si rischia di passare dalla parte del torto e ottenere per assurdo l’effetto contrario. Non si contrasta il razzismo vietando un coro in cui si scherza su una cosa talmente pop e talmente sdoganata che chiamarla stereotipo razziale sembra in tutto e per tutto una caccia alle streghe. I bu e i lanci di banane fanno schifo, questo fa ridere. Che tu sia bianco, nero o arcobaleno. E chiamarlo razzismo è offensivo per chi è discriminato veramente. Oltretutto qui si sta parlando unicamente di incitare un proprio giocatore e farsi due risate. Come si sarà fatto anche lui. C’è stereotipo e stereotipo. E, tanto per fare un esempio, come non è difficile incontrare un ebreo che ride della sua “tirchieria” di sicuro sarà impossibile trovarne uno che si sganascia sull’orribile battuta delle saponette. E’ la stessa distanza che c’è tra indicare un italiano come suonatore di mandolino e affiliarlo ad un cosca mafiosa. Bisogna capire la differenza e dare il giusto senso, e peso, alle cose per scongiurare di arrivare  un giorno all’iperbole per cui comprare una macchina bianca sia sinonimo di un malcelato suprematismo razziale. E in un mondo sociale che semina odio per una manciata di click tutto è possibile. Figuriamoci se si parla di sesso, calcio e razzismo. Hai fatto bingo.

Vorrei raccontarvi un esempio per me molto significativo. Tempo fa, quando Gatlin ha vinto ai Mondiali di Atletica di Londra, mi sono imbattuto in un dialogo stupendo nei commenti di un post tra due persone, un italiano e un senegalese mi pare, non ricordo bene. Ebbene l’italiano asseriva scherzosamente che nelle gare di corsa per gli atleti di origine africana era “più facile vincere perché dotati della terza gamba”. Lo stereotipo degli stereotipi. Al che il ragazzo africano prontamente rispondeva: “Basta con queste Leggende che noi neri ce l’abbiamo più lungo. Sarà al massimo 15 cm”. Stupore. Salvo poi concludere: “Da terra”. 92 minuti di applausi.

Credo che questo chiarisca tutto, semplicemente. Senza fare confusione, come accaduto sulle testate sportive italiane, tra ciò che fa veramente male e ciò che fa solamente ridere ed evitare, almeno una volta, questa voglia di sensazionalismo che oggi va così tanto di moda.

Altrimenti si rischia di dire solo “cazzate”. (Concedetemelo)

QUI IL CORO AL CENTRO DELLE POLEMICHE

https://www.youtube.com/watch?v=DpmoAnNa5BM

 

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