Lo strano mondo della Serie C dove prima fallisci poi vinci
Per meglio comprendere la realtà italiana del calcio professionistico di provincia, quello alle spalle delle grandi squadre e dei calciatori dai nomi più illustri abbiamo condotto una piccola ricerca prendendo in esame tutte le società promosse dalla C alla B nelle ultime sei stagioni, da quando cioè la terza serie è tornata ad un unico livello dopo tre decenni di C1 e C2. Venticinque le promozioni disponibili nel periodo, quattro per edizione tranne che nel 2018/19 in cui per compensare l’organico della B ridotta da 22 a 19 con un colpo di mano sono state cinque. Di queste una non è ancora stata assegnata, sono infatti in corso i playoff della disgraziata annata 2019/20 non terminata come da calendario per via del Virus. Una società, il Pisa, la B l’ha conquistata due volte nel 2016/17 e nel 2018/19. Sono dunque ventitré le piazze che negli ultimi sei anni hanno festeggiato la promozione nel torneo cadetto. Ebbene solo in cinque di queste città i tifosi non avevano visto fallire la loro squadra nel corso del terzo millennio: Lecce, Cremona, Cittadella, Novara e Livorno, che però era saltato nel 1991.
Le tre neopromosse già note in questo anno dominato in realtà dal Covid 19 sono fallite molto recentemente: il Monza nel 2015, la Reggina e il Vicenza nel 2018. Anche tutte le vincitrici della stagione 2018/19 sono esplose per via dei debiti negli anni 2000: Entella e Juve Stabia nel 2001, il Trapani nel 2002, il Pordenone nel 2003 e il Pisa nel 2009. Nel 2017/18 avevano fallimenti alle spalle il Padova (2014) e il Cosenza che non si era risparmiato andando in default per tre volte: 2003, 2007 e 2011. Nel 2016/17 due fallimenti per il Venezia (2005 e 2015), uno per il Parma nel 2015 e per Foggia nel 2012 che scomparirà nuovamente dai ranghi federali nel 2019. Andando indietro un’altra stagione troviamo ancora il Pisa, poi la Spal, due volte nel 2005 e nel 2012, e il Benevento (2005). La prima edizione della C su un unico livello, nel 2014/15 aveva visto tra le promosse l’Ascoli che pur fallito era stato rilevato in tempo da una nuova proprietà e, cambiando la denominazione aveva potuto mantenere la categoria, il Como, saltato nel 2004 e la Salernitana (2011). Due delle tre squadre seconde in classifica quest’anno, e dunque tra le favorite dei playoff, Bari e Reggiana, che oggi si chiama Reggio Audace FC, sono anch’esse fallite: entrambe nel 2018, ma il Bari ci era già passato anche nel 2014. Esente da macchie invece la Carrarese.
Analizzando questi dati sembra quindi che una bancarotta sia salutare per far ripartire il calcio in una città importante. La nuova proprietà infatti si ritrova pulita, in quanto quasi sempre non salva la società vecchia onorando i debiti, ma riparte da zero. Attenzione però, riparte da zero economicamente ma non dal punto di vista sportivo. La Federazione non vuole mai fare a meno di località storiche per il movimento, e quasi sempre concede l’ammissione diretta alla Serie D della nuova affiliata che può così saltare una trafila lunga almeno cinque anni per risalire dalla Terza Categoria. In altri casi vengono acquistati diritti di società di comuni più piccoli della provincia o effettuate fusioni che in realtà fagocitano del tutto la squadra con meno tradizioni, come è accaduto di recente col trasferimento a Vicenza del Bassano del Grappa.
Senza volersela prendere con chi permette al pallone di non abbandonare sedi storiche facendo nascere le nuove società e comprendendo che nessuno lo farebbe se dovesse accollarsi prima ancora di partire milioni di euro di debiti di esercizi pregressi, occorre una volta di più chiedersi se un sistema simile può reggere ancora a lungo. Quando non si premiano il merito e un’oculata gestione ma ad emergere è chi riparte da zero senza farsi carico del passato potrà andar lontano il singolo attento amministratore ma sicuramente non l’intero movimento.