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Lo Sport secondo Andrea Camilleri

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Lo Sport secondo Andrea Camilleri

Il 17 luglio del 2019 ci lasciava il grande scrittore siciliano Andrea Camilleri. Nato il 6 settembre 1925 a Porto Empedocle, piccolo paese siciliano della provincia di Agrigento. Aveva 93 anni ed era malato da tempo.

Conosciuto nel mondo intero per essere il “padre letterario” del commissario Salvo Montalbano, Camilleri non ha mai nascosto il suo interesse per il mondo sportivo in generale. In questo pezzo, noi di Gioco Pulito, vorremmo parlarvi proprio di questo lato poco conosciuto dell’autore agrigentino.

Camilleri si avvicinò allo sport quando era già abbastanza grande e non certo per spontanea iniziativa ma, come rivelato da lui stesso in una delle sue numerose interviste rilasciate, per necessità. Questa sua scelta può essere capita bene se si legge una frase dello scrittore in cui afferma: “Io scrivo tutti i giorni, come un pianista si esercita a suonare sulla tastiera o come un atleta si allena tutti i giorni in palestra”.

Tale “relazione” cominciò, come raccontato dal diretto interessato, durante l’epoca del ventennio fascista. Lo stesso Camilleri ha spiegato che “lo sport fa ampia parte della società italiana, questo è sicuro. Non è che io lo disprezzi, anzi. Il fatto è che lo praticai in gioventù, al tempo del fascismo. Era obbligatorio e questo non lo accettai: fui l’unico studente italiano, penso, rimandato a ottobre in educazione fisica nel ‘42” .

Importante fu inoltre un episodio che vide per protagonista il padre Giuseppe che, per un lasso di tempo, ricoprì il ruolo di presidente dell’Empedoclina: una squadra che milita nella prima categoria del campionato dilettantistico siciliano attuale. Lo scrittore ricorda “quelle angoscianti domeniche sera, nelle quali mio padre non tornava a casa dopo la partita. Erano partite che finivano sempre a botte, si svolgevano tra paesi vicini. Non sapevamo, con mamma, se papà era stato arrestato, fosse all’ ospedale… Credo che quelle domeniche mi abbiano allontanato dal calcio e abbiano un po’ condizionato la mia esistenza”.

Col passare del tempo, però, ci fu un riavvicinamento al mondo del pallone da parte di Camilleri visto che, tale sport, stava diventando una vera e propria passione in gran parte del Belpaese. Camilleri capì subito questo lato romantico del gioco del pallone e, a tal proposito, affermò: “anche se quando è bello, dopo un po’ il gioco lo capisci. Capisci la rete dei passaggi, la qualità dei giocatori”.

Inoltre, al pallone, il padre di Montalbano diede una forte impronta sociale. Questa visione la mette ben in evidenza tramite queste sue parole: “Credo che l’unità d’Italia possa essere criticata quanto si vuole, ma che oggi si realizzi nel contrasto con l’avversario della squadra di calcio: in questa opposizione che si svolge sulle tribune, in realtà c’è un’unità di sentimento. Si può essere da una parte o dall’ altra, ma un’unità di sentimento esiste”.

Naturalmente, del calcio, non venivano messe in evidenza solo le qualità positive ma anche quelle negative. Un esempio può essere ciò che il narratore agrigentino disse riguardo al doping:Eh no, cari miei. L’unico doping dell’atleta, così quando ero bambino lo chiamavano, che ho conosciuto è lo zabaione. Ma io lo chiamavo “ovo duci duci” e non mi piaceva mescolarlo col caffè. Le sostanze che usano oggi, invece, non mi sarebbero piaciute, non sono così dolci come l’ uovo sbattuto”.

La più grande passione sportiva di Andrea Camilleri, che rimase tale per sempre, fu però quella legata alla mondo dei motori e in particolare alla Formula Uno. Ciò che lo scrittore guardava, con particolare interesse, erano i risultati e le vittorie della Ferrari.

Lo sport fu anche un mezzo di sopravvivenza per il narratore siciliano durante un periodo specifico della sua vita. Infatti, nel corso del secondo conflitto mondiale, il giovane Camilleri macinò chilometri e chilometri ogni giorno in sella ad una bici pur non essendo un ciclista professionista .

Grazie a quel metodo di spostamento riuscì a sfuggire ai bombardamenti che avvenivano in Sicilia in quel medesimo periodo. Lo stesso Camilleri ha descritto quei giorni come “un miracolo che si ripetè quattro giorni dopo quando rifeci quella strada al contrario per andare a dire a mia madre che papà era vivo”.

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