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L’Italia di Ventura torna al 3-5-2: un atto d’umiltà o il fallimento di un progetto tattico?

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Chi ha dato il consiglio giusto a Gian Piero Ventura? I senatori della Nazionale Italiana, stanchi di giocare in un 4-2-4 senza capo né coda? La stampa, stufa di commentare le figuracce fatte in giro per l’Europa negli ultimi mesi? Oppure, semplicemente, si è deciso a fare un bagno d’umiltà e affidarsi alla solidità delle vecchie certezze per far fuori gli svedesi? Solo lui potrebbe rispondere e non lo farà, ma una cosa è certa: il probabile ritorno dell’Italia al 3-5-2 di contiana memoria è un’ottima idea. Per mille motivi e, forse, per una o due partite. Perché la flessibilità tattica è una prerogativa fondamentale per conquistare i successi più importanti, a patto che sia basata su un briciolo di coerenza e una dose decisiva di buon senso. E soprattutto perché è il modulo ideale per non vivere a Stoccolma una nuova Caporetto.

Esprimersi con sfrontatezza prima di una doppia sfida ravvicinata da dentro o fuori è sempre un rischio enorme, ma in questo caso ci sono tante, troppe ragioni, per mandare al diavolo l’italica scaramanzia. Allora diciamolo: il 3-5-2 è una scelta vincente. Pensiamo alle caratteristiche tecnico-tattiche della Svezia di Andersson, pragmaticamente scandinava col suo 4-4-2 tutto muscoli e ripartenze, scolastico e fondato sulla forza di un collettivo senza stelle. Il ritorno al modulo del suo predecessore, adottato da Ventura solo nelle prime quattro partite da commissario tecnico, porterà alla tanto agognata riproposizione di una mediana a tre di lotta (De Rossi-Parolo) e di governo (Verratti) che garantirà superiorità potenziale nella zona nevralgica del campo, una linea difensiva ampiamente collaudata e maggior libertà d’azione nelle due fasi per gli esterni, fondamentali per colpire in contropiede gli svedesi e supportare la retroguardia.


 

L’Italia vola in Svezia con l’obiettivo tacito di sconfiggere gli avversari con le loro stesse armi, storicamente tinte d’azzurro. Chi, più di noi, le conosce meglio? Il 3-5-2, impostato da Conte con un’esasperazione del pressing a tutto campo che ha esaltato le potenzialità offensive senza rinunciare alla solidità difensiva, verrà rivisitato con maggior prudenza, nella speranza di evitare un mortifero catenaccio e ritrovare l’equilibrio di un tempo. Puntare ad un pareggio (magari con gol) con vista su un successo di misura, d’altronde, è obiettivo più realistico del raggiungimento del bottino pieno al primo round, associabile ad un rischiosissimo all-in. Con ogni probabilità, sarà la sfida di Milano a chiudere il cerchio: giocarla all’andata sarebbe stato l’ideale, ma non esiste possibilità di scelta e dovremo fare di necessità virtù.

Insomma, il 3-5-2 è il vestito giusto per una grande occasione che arriva in un momento d’immane confusione. Il vecchio frac, inadatto alle nostre esigenze, verrà chiuso nell’armadio e sarà rimpiazzato da un abbigliamento più essenziale, casual ma non casuale. Ventura, messo all’angolo da uno spogliatoio che sa come schierarsi ed una stampa che lo critica con cognizione di causa, sconfesserà così il progetto portato avanti in 11 partite su 15, in nome di un pass mondiale da agguantare con le unghie. Lo sventurato 4-2-4, seppur supportato dalla freddezza dei numeri (sette vittorie e una sconfitta), ha mostrato limiti fin troppo evidenti, al pari del 3-4-3 che ci ha regalato lo squallido pareggio casalingo con la Macedonia. Ci sarà tempo per valutare un’alternativa (il 4-3-3) che permetta un impiego efficace del giocatore più talentuoso della nostra Nazionale (Insigne) e comprendere che senso abbia avere un commissario tecnico che ha girato a vuoto per più di un anno per poi tornar mesto alla casella del via, ma ora non conta: andiamo tutti insieme a Stoccolma, canticchiamo i versi dell’immortale Rino e facciamolo con calma. Molta calma, con l’ansiolitico 3-5-2. Perché oggi le strade svedesi sono piene di “buche”, “fango” e “melma”. E le avventurose rivoluzioni, in Italia, non hanno mai grande fortuna.

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