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Lisena Aresu: la scultrice dal talento straordinario in mostra ad Avigliana

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Chioma nera, pelle diafana e occhi magnetici. Ha qualcosa di profondamente autentico e al tempo stesso estremamente fragile. Una profondità che nasconde una grande gioia di vivere. Lei è Lisena Aresu, metà sarda e metà piemontese, un talento straordinario. Seducente in quel modo naturale che appartiene solo a poche donne, modi gentili e sorriso genuino, appartiene a quella generazione innamorata del vecchio stile. Nel mondo reale, però, è scultrice e disegnatrice. E prima ancora modella. Con queste premesse, Lisa, come ama farsi chiamare, non poteva che diventare un’artista perché «l’arte – dice – è tutto il bello che c’è nel mondo».

Come hai iniziato a fare sculture?

«Nasco come modella, successivamente mi sono dedicata all’organizzazione di eventi e mostre, quindi ho seguito diversi artisti. Una mattina, ero da sola nello studio di uno scultore, Sergio Unia, e copiavo una sua testa, la modellavo con la plastilina. All’improvviso è uscito fuori il volto di una bambina che sorrideva. Quando Unia ha visto la testa che avevo plasmato, mi ha immediatamente  proposto di diventare sua allieva. Da allora mi ha seguita e non mi sono più fermata. E’ come se avessi trovato la mia strada. Ho mollato tutto e ho iniziato a fare arte, nel vero senso della parola. Ho trovato la giusta atmosfera, il giusto contesto. Vedendo qualcuno che crede in te e in ciò che fai, ti liberi e diventi in grado di fare qualsiasi cosa.»

Cosa ami rappresentare?

«Principalmente faccio figurativo: ritratti a matita, carboncino. Poi modello e realizzo sculture con la creta. Adesso utilizzo anche il gesso. Oppure la plastilina che poi converto in bronzo. Ciò che realizzo piace alla gente. E questa cosa mi riempie di gioia. Il mio è un ritorno al vecchio stile. Ormai si vede ovunque quest’arte moderna, un po’ povera se vuoi. Io preferisco i volti umani: la figura femminile in tutta la sua bellezza. Osservo parecchio i lineamenti perché poi li elaboro nella mia testa e nascono le mie opere. Non so per quale motivo, ma faccio prevalentemente maternità. Non credo che questo sia legato ad un bisogno di maternità, ma piuttosto alla purezza dell’essere umano.»

Definisci la parola purezza.

«Nella mia vita ho vissuto delle situazioni un po’ difficili; ho conosciuto il peggio dell’uomo e dell’indole umana e quindi cerco di fare uscire solo il bello. Quando lavoro mi estraneo: vedere cose positive, come una madre che allatta un bambino, è un momento di purezza perché in quel momento il bimbo è nel massimo della sua innocenza. Poi cresce e inizia la contaminazione, la corruzione con il mondo esterno. Adesso ho trovato il mio equilibrio, quando faccio le sculture sono in pace con me stessa.»

Mi parli un po’ delle tue mostre?

«Ho fatto diverse mostre. E’ il secondo anno che espongo alla Promotrice delle belle arti di Torino. E’ una collettiva a cui partecipa la maggior parte degli artisti del Piemonte. Poi ho fatto a Bossolasco una mostra dove ci sono tante piccoli personali con tanti bravi artisti. Sono esposti sia quadri che ritratti a carboncino, olio e sculture. Sono circa otto pezzi. Poi ne ho appena conclusa una a Guarene D’Alba, anche lì in un bellissimo contesto. Una specie di carcere in stile medievale. Adesso è partito il nuovo progetto: una mostra ad Avigliana, vicino Torino. »

In cosa vuoi specializzarti?

«Voglio specializzarmi nella scultura, il mio orientamento al momento è questo. Sento proprio il bisogno di esprimermi attraverso la materia, mi piace gestirla e darle una forma anche se all’inizio può risultare un po’ grezza. Mi piace la sintesi tra perfezione e imperfezione. Perché imperfezione vuol dire realtà. Chi la guarda va poi a completarla con la sua opinione. La perfezione, se ci fai caso, alla lunga annoia…»

Come nascono le tue opere?

«Non c’è un momento preciso in cui mi metto a modellare. A volte passo giornate intere ad osservare e mi si accumula dentro questo desiderio di fare. A livello emotivo ho spesso dei coinvolgimenti pazzeschi con quello che faccio. Posso addirittura estraniarmi dal resto del mondo.»

Qual è il messaggio che lanci attraverso le tue opere?

«Vivo molto nel presente. Voglio comunicare ed emanare positività. Chi riesce a leggere queste cose può coglierne la sensibilità e trasmetterla di conseguenza.»

Lasceresti l’Italia per la tua professione?

«La lascerei con molto timore perché la amo tantissima. Sono metà sarda e metà piemontese. Per me l’Italia è il paese più bello del mondo. Per fortuna l’arte si può fare a qualsiasi età e in qualsiasi contesto. È la salvezza dell’uomo.»

Cos’è per te l’arte?

«L’arte è un po’ la mia vita e mi dispiace di non averlo scoperto prima. Fare arte è un rischio enorme. Ho studiato tutt’altro (scientifico chimico biologico) però il richiamo dell’arte è stato più forte, è qualcosa che avevo dentro da sempre. L’amore è arte, mi contagia e mi dà ispirazione. Le cose belle mi fanno stare bene.»

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