Diciamolo: in un mercato dalle valutazioni folli e dagli ingaggi faraonici, la scelta di Simone Verdi, nella sua essenzialità, ha fatto scalpore. Il fantasista del Bologna, tentato nelle ultime settimane da un’ottima offerta del Napoli, alla ricerca disperata di un’alternativa a Callejon e Insigne, ha preferito declinarla, decidendo di rimanere in provincia. Ha avuto paura di non essere all’altezza di una big? Oppure ha avuto il coraggio di un leone? Verdi non ha carisma? Oppure ne ha in abbondanza? Potremmo discuterne per ore, senza arrivare ad una conclusione. È una questione di prospettive, e di amor proprio. È il bivio di una carriera, uno di quei che passa poche volte nella vita, forse solo una. Un volo pindarico alla ricerca di un sogno, in alternativa alle certezze di un ambiente meno ambizioso nel quale avere un ruolo da protagonista. Verdi, a 25 anni e mezzo, ha optato per la seconda, almeno per ora. E ha riaperto i soliti interrogativi sul mercato del Napoli, spesso balbettante e in controtendenza rispetto ai risultati ottenuti sul campo. Si cerca un colpevole, che potrebbe avere un nome e un cognome ben noti: Maurizio Sarri.
Il tecnico partenopeo, meraviglioso tattico e maestro di calcio innovativo e avanguardistico, ha un problema cronico: la valorizzazione della panchina. Finché si parla di titolari, Sarri ha moltiplicato esponenzialmente la valutazione di più di un giocatore, ma è allo stesso incapace di evidenziare le capacità dei panchinari. Il Napoli gioca con i soliti undici con l’eccezione di pochissime riserve, spesso impiegate a partita in corso. Sarri, in molti casi, non ha tenuto in considerazione gli investimenti fatti dalla società, in nome di un integralismo tattico ferreo che necessita di interpreti specifici dalle caratteristiche peculiari. I risultati, finora, hanno dato ragione al tecnico partenopeo, primo in campionato con una rosa sulla carta inferiore a quella della Juventus. La coperta corta ha creato più di un problema, senza incidere in modo significativo sul rendimento globale. Eppure, detto questo, il no di Verdi è un campanello d’allarme. Il timore di finire in panchina come un Giaccherini qualunque ha influito in modo decisivo? Insigne e, soprattutto, Callejon sono davvero insostituibili? Insomma, Il talentuoso bolognese, giunto al punto più alto di una carriera finora sfortunata e altalenante, ha visto Napoli come potenziale tunnel senza luce, invece che come grande opportunità? Non è da escludere, e non sarebbe il primo.
I no incassati da Giuntoli e De Laurentiis negli ultimi anni si sprecano (Klaassen, Kramer, Vrsaljko e Lapadula, solo per citarne alcuni) e sono altrettanti i giocatori calcisticamente umiliati, ieri come oggi, dalla scarsa flessibilità di Sarri. Dal duo Pavoletti-Gabbiadini, attaccanti di scorta mai tenuti davvero in considerazione, ai fantasmi Rog e Giaccherini, ottimi interpreti in più ruoli nei pochi momenti in cui hanno visto il campo, fino ad arrivare al costosissimo Maksimovic e ai desaparecidos Tonelli e Valdifiori, pupilli dell’allenatore ai tempi di Empoli. Una lista lunga, quasi interminabile, di calciatori che, seppur ben pagati e coccolati dalla piazza, avrebbero fatto a meno di subire tale trattamento e, a posteriori, di firmare per il Napoli. Non facciamone una questione ambientale (e dimentichiamo una volta per tutte la triste vicenda Gonalons-Tolisso, che dissero nel 2014 di aver rifiutato una proposta dopo aver visto “Gomorra”) o economica, ma tecnica. Una squadra nella quale risulta quasi impossibile conquistare una maglia da titolare a prescindere dal valore mostrato è una squadra poco intrigante. Soprattutto per un giovane alla ricerca della consacrazione o, peggio, per un venticinquenne che ha appena trovato la dimensione ideale dopo anni di faticose ricerche. Come ha fatto Verdi, uno per il quale i soldi sembrano non essere tutto. E come forse faranno tanti altri, per esempio i tentennanti Deulofeu (che però nelle ultime ore sembra avvicinarsi concretamente) o Moura, bisognosi di giocare per conquistare un posto nel prossimo Mondiale. È il caso di invertire la tendenza? Se ci si accontenta di un primato invernale, no. Se si punta allo scudetto, quello vero, è indispensabile. Sarri ci pensi, prima di avere rimpianti.