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L’incredibile storia di Jeremiah Bonsu

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Altro giro, altra corsa, altra storia che potrebbe sembrare la trama perfetta di un film hollywoodiano, un po’ alla He Got Game (se non lo avete ancora visto affrettatevi a farlo, ne vale la pena!). Anche in questo caso il protagonista è un giovane ragazzo che si affaccia al mondo del basket universitario, ma stavolta senza poter contare su un talento smisurato come per il buon Jesus Shuttlesworth di Spike Lee.

Il suo nome è Jeremiah Bonsu, nato a Newark, in New Jersey, da genitori di origine ghanese. Fin da piccolo si appassiona giorno dopo giorno al basket, ma senza poterci mai giocare: di campetti nel suo quartiere ce ne sono parecchi, ma i genitori gli impongono di non andarci per via dell’altissimo tasso di criminalità che domina a Newark.

A lui non resta altro che guardarsi le partite in TV, fin quando la sua famiglia non decide di trasferirsi in Ohio, prima a Reynoldsburg, poi a Pickerington. All’età di 12 anni, finalmente, gli si spalancano nuovi mondi: non solo può andare liberamente al campetto, ma alla Pickerington North High può ambire ad entrare nella squadra scolastica.

Jeremiah si allena duramente e fa di tutto per farsi notare dal coach. Ma nulla va secondo i suoi piani. Malgrado l’impegno, viene tagliato sia dalla prima squadra  sia dalla squadra delle riserve. Una batosta che stenderebbe chiunque, ma non lui, che non si perde d’animo e riesce a unirsi alla squadra come team manager. Sarebbe stato l’ultima ruota del carro, non avrebbe calcato mai il parquet, ma almeno avrebbe avuto la possibilità di allenarsi con la prima squadra e di migliorarsi.

 Ma nonostante i passi in avanti, viene tagliato anche il secondo anno. E il terzo anno. I suoi sogni crollano come castelli di sabbia. Ormai sconsolato e svuotato, è sul punto di lasciare il suo ruolo da team manager. Ma per fortuna intervengono i suoi amici più stretti: gli infondono fiducia, lo spronano e iniziano ad allenarsi con lui ogni giorno, aiutandolo a superare quel momento critico. E finalmente, all’ultimo anno, Jeremiah Bonsu ottiene un posto in squadra. Una gioia immensa lo assale, i suoi amici si stringono attorno a lui in un caloroso abbraccio.

In tutta la stagione Jeremiah segnerà un solo punto. Il suo ruolo nella squadra è tutt’altro che centrale, è il classico giocatore da garbage time, un tizio di cui nessuno si ricorderebbe… Se non fosse che Jeremiah diventa magicamente l’idolo indiscusso dei tifosi! Quando infatti il secondo tempo è agli sgoccioli e la partita ha già sancito un vincitore, ogni volta dagli spalti partono i cori per lui:”We want Bon-Su!”. E’ una star!

 Ma lui non si accontenta. Soprattutto ora che ha assaporato il sapore della vittoria, pretende di più. L’anno successivo si iscrive alla Dayton University e l’obiettivo che si pone è soltanto uno: entrare in prima squadra.

 Però il suo sogno rischia di tramutarsi in una vera ossessione. Finite le lezioni? Corre ad allenarsi. Lo invitavano ad uscire il venerdì sera? Rifiuta, per poi correre ad allenarsi. Il sabato mattina? Sempre lì, in palestra, a tu per tu con il canestro. E dopo gli allenamenti resta  in palestra a pulire tutto, per poi immergersi in nuove sessioni di tiro. Addirittura la sera di Halloween, quando tutta l’università è in fermento per il gigantesco party organizzato, lui continua ad allenarsi!

 Ma in questo percorso non è solo. Ad accompagnarlo trova un ragazzo, Joey Gruden, con i suoi stessi obiettivi. E con lui instaura un rapporto di profonda amicizia, i due iniziano ad allenarsi insieme, provano schemi, si supportano l’un l’altro.

E alla fine, arriva il giorno del provino. In 10 minuti, Jeremiah deve dimostrare tutto il suo valore al coach. Ma eccola dietro l’angolo, l’ennesima, amara sconfitta. A differenza di Joey, riuscito ad entrare in squadra, il coach decide di scartare Jeremiah, offrendogli però una piccola chance: un posto da team manager. E lui, memore di quanto successo al liceo, non si fa sfuggire questa minuscola occasione.

Ma in simili situazioni non basta il proprio impegno per raggiungere lo scopo prefissato. Serve un aiutino dall’esterno, un contributo inaspettato. In parole povere, un colpo di fortuna. Ed è proprio quello che accade a Jeremiah: all’inizio della stagione 2014-2015 tre giocatori si infortunano gravemente, mentre altri due vengono allontanati dalla squadra per motivi disciplinari. Sembra una maledizione! A disposizione del coach restano solo 7giocatori con borsa di studio. Una vera e propria emergenza.

Finchè un giorno Bill Comar, figura chiave dei Flyers, si avvicina a Jeremiah e gli pone la fatidica domanda: “Vuoi diventare un giocatore di Dayton?”. Lui non ci crede, non gli sembra vero! Senza neanche pensarci accetta la proposta, pronto a rappresentare la sua università in giro per gli States.

E i suoi genitori, apprendendo la notizia, scoppiano in lacrime. Loro, che avevano sempre preferito che lui studiasse invece di giocare a basket, ora sono al settimo cielo: si rendono finalmente conto che loro figlio ha realizzato il proprio sogno.

Ma Jeremiah non ha ancora smesso di sognare. Ha sì raggiunto un obiettivo importante, ma vede già nuove strade davanti a sé, tortuose e piene di ostacoli, come al solito. Il suo nuovo sogno? Diventare un coach a livello universitario.  E se la posta in gioco vi sembra troppo alta… Non è la prima volta che smentirebbe qualcuno!

 Buona fortuna, Jeremiah!

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