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L’importanza del marketing nello Sport: intervista a Maurizio Laudicino

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L’importanza del marketing nello Sport: intervista a Maurizio Laudicino

Sport e Marketing rappresentano ormai un binomio centrale nelle strategie di coloro che si occupano di club e atleti. In questo contesto, il ruolo chiave è rappresentato dal tifoso, vero e proprio motore per il successo, la cui soddisfazione è direttamente legata al raggiungimento dei risultati delle squadre e dei singoli. E in una società in cui il digitale ha preso ormai il sopravvento, riuscire a consolidare quel legame tra fan e i propri idoli non è semplice ma rimane ancora fondamentale.

Per capire come si opera nel mondo della comunicazione e del marketing sportivo, abbiamo intervistato Maurizio Laudicino, sport marketer e autore del libro “Sport Marketing Formula”, che nella sua storia professionale ha vissuto importanti esperienze lavorative all’interno di grandi società di calcio e pallacanestro, l’ultima delle quali ha visto il ritorno in Serie A del Pistoia Basket, ricoprendo il ruolo di responsabile commerciale e marketing del club toscano.

Ecco cosa ci ha detto.

Nella sua esperienza di lavoro, si è trovato a confrontarsi con diversi Sport, tra cui Calcio e Basket. Quali sono le differenze in termini di operatività per quanto riguarda il Marketing?

Poter contare, per chi si occupa di marketing, su una clientela coinvolta e potenzialmente fedele ab aeterno è un vantaggio fondamentale che solo lo sport può regalare. Rari sono i casi in cui un tifoso dell’Inter sia passato alla sponda milanista! E questo è un aspetto che tutte le discipline sportive portano indistintamente in dote a chi come me di questo si occupa. La differenza sostanziale che comporta operare in una disciplina piuttosto che in un’altra è rappresentata dalla tipologia di ‘consumatori’ che varia molto. Operare nel calcio presuppone una conoscenza del target di riferimento che ha caratteristiche comuni e ben identificabili che sono spesso diametralmente opposte a quelle che si riscontrano nel basket o nel rugby. Il calcio sfocia in tifo viscerale, innescando spesso aspetti irrazionali (e deteriori) cosa che nel rugby non avviene visto quanto il fair play ed il rispetto dell’avversario siano religiosi. Quindi per avere riscontri positivi occorre conoscere approfonditamente il target di riferimento ed azionare le leve giuste per coinvolgerlo, interagire e fidelizzare. Chiaro è che quanto più uno sport è mediatico tanto più facile sarà allargare la fanbase da un lato e attrarre investitori e sponsor dall’altro.

Lei ha lavorato anche nel mondo del tennis. Come cambia il marketing tra uno sport di squadra e uno individuale?

Seguire marketing e comunicazione di un tennista non è diverso dal farlo per un talento calcistico o cestistico. Questo è un cambiamento piuttosto recente innescato specie dalle nuove generazioni (specie la generazione Z) molto più attratte dalle performance individuali che collettivo. L’evoluzione dal concetto aureo per i boomers che ciò che contava di più era il simbolo sulla parte frontale della maglia piuttosto che dal nome sulle spalle si sta trasformando in un crescente idolatria per il campione che anche negli sport di squadra sempre più riesce a spostare gli equilibri fuori dal campo sia in ambito digitale che offline. L’arrivo di Ronaldo alla Juve consentì al club bianconero di guadagnare i vertici a livello mondiale in quanto a followers su Instagram!

Nel suo libro “Sport Marketing Formula” lei parla delle principali chiavi di successo per il marketing sportivo. Quali sono?

C’è una regola che è riassunta nel titolo: mettere al centro il tifoso per vincere anche fuori dal campo. E quando parlo di tifoso al centro dell’attenzione non dico niente di strano per un marketer che opera in campo extrasportivo. Quale azienda al mondo non opera per attrarre e coinvolgere nuovi clienti? Amazon basa il suo successo sul servizio impeccabile dato al cliente la cui soddisfazione è’ sempre centrale. Nello sport, specie nel calcio, questo è un concetto che è sempre meno prioritario e pressante. Il calo di appeal, il calo netto di praticanti e appassionati evidenzia quanto le politiche di fan engagement siano diventate ormai virtuali, digitali e questo è un errore madornale. Del resto vivendo al 70% di diritti tv i club hanno spinto i propri tifosi dai gradoni degli stadi verso i divani di casa ma chi si occupa di marketing sa bene che l’esperienza con un prodotto ne determina il consumo e allontanare specie i giovani dai propri idoli è un suicidio che da qui a 10/15 anni sarà completato.

Lo sport italiano soffre ormai da anni di grandi problemi nell’attirare sponsor. Quali sono i motivi e le possibili soluzioni?

Le aziende oggi hanno meno risorse di ieri da investire e gioco forza devono spostare verso attività che funzionano e danno un ritorno. L’imprenditore tifoso che regalava soldi alla squadra del cuore non esiste più. Oggi c’è molta attenzione nell’investire risorse e nello sport, specie in Italia, non c’è adeguata preparazione e cultura per far fronte a questa esigenza. Le società hanno bisogno di soldi ma si chiedono di cosa hanno bisogno gli sponsor? Accatastare centinaia di cartelli a bordo campo o far girare loghi sui led è la massima estroversione che i miei colleghi offrono! E quando la telecamera si spegne tanta visibilità sparisce vista la moria di spettatori negli stadi. Serve ripensare il rapporto con gli sponsor e provare a studiare soluzioni efficaci che diano un ritorno misurabile; capisco serva preparazione e sensibilità per questo (oltre che impegno e fatica) ma non vedo alternative in prospettiva. Chi saprà creare soluzioni diverse dalla mera visibilità riuscirà sicuramente ad invertire il trend ed attrarre un numero crescente di investitori.

Si è appena conclusa la sua esperienza nel Pistoia Basket con una splendida promozione in serie A. Quali ricordi porterà con sé e quali sono i suoi progetti futuri?

La parabola a Pistoia è stata pazzesca. Mi porterò dentro emozioni forti e contrastanti. L’esordio in A1, stagione poi fermata sul più bello dal COVID, l’autoretrocessione e la stagione a porte chiuse, le difficoltà economiche e alla prima stagione normale (questa) la vittoria prima della Supercoppa e poi del campionato contro ogni attesa. Il palazzetto dal vuoto spinto in era covid ai 4.000 delle ultime uscite. Mi rimarrà l’affetto della gente così come fu nel biennio vincente al Livorno calcio: mi nutro di questo, della passione della gente che è il mio vero e proprio obiettivo ancor prima di tutti gli altri.

I miei programmi? Ci sto pensando e credo dovrà essere ancora una volta una scommessa, un club precipitato che ha voglia di tornare in alto… seguendo le mie idee però!

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