L’errore del principiante: mescolare molti coaches e molti sistemi non aiuta a diventare un buon player

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Per chi si avvicina per la prima volta ad un tavolo da snooker, magari enfatizzato dai meravigliosi tornei televisivi che tutti ammiriamo, il divario tra quanto si pensa di poter realizzare e quanto effettivamente si è in grado di fare è normalmente molto ampio. Eppure, la sensazione che i professionisti dello snooker siano uomini è evidente, sicura, non lascia dubbi, sono uomini in carne ed ossa che vincono e perdono proprio come noi.Forse, l’unica differenza, di fatto sostanziale, è che dedicano la loro vita a questo sport sin da giovanissimi, non di rado sacrificando istruzione e cultura per inoltrarsi in altri studi che gli otterranno abilità di giocolieri, maghi della balistica in piano, azzardati scienziati della fisica sperimentale, fino a diventare i campioni acclamati che compiono sequenze di miracoli sul tavolo verde. Nel nostro tempo, con una moltitudine di canali di comunicazione, si moltiplicano le fonti dalle quali attingere nozioni, soprattutto quelle di una disciplina importata come lo snooker e sulla quale non esiste documentazione in italiano. La lingua inglese però, ora è comunemente conosciuta, quindi la scelta tra video tutorial, lezioni, e insegnamenti vari è ampia. Per chi avesse voglia di inoltrarsi nel cammino dell’apprendimento tecnico dello snooker, oggi le possibilità esistono realmente ma, insieme ad esse anche i pericoli del “fai da te” più selvaggio. Uno degli errori più frequenti nei quali si incappa, e mi rivolgo a coloro che nutrono la  passione principalmente con la televisione e meno con la pratica di gioco, consiste nell’apprezzare stilisticamente le varie posizioni al tavolo di un giocatore professionista e cercare di imitarlo. Apprendere per imitazione è un istinto naturale ma nelle discipline complesse, dove si fondono conoscenza e abilità manuali, spesso ciò che è bello da vedere in forma statica non è detto che funzioni quando le parti devono muoversi in maniera coordinata.

La “stance” o posizione al tavolo nello snooker è veramente diversa dalle altre specialità del biliardo, più bassa e profilata, con la curiosa abitudine di strusciare letteralmente la stecca sul mento e sul petto. La necessità di colpire punti precisi su bilie più piccole a distanze superiori dovute alle dimensioni del tavolo, ha portato allo sviluppo di accorgimenti tecnici che proteggono e sviluppano la precisione di mira e di esecuzione del tiro, per dirlo in termini originali “aiming” e “cue action”, due componenti che insieme alla sensibilità nel tocco, sono il motore di una buona tecnica in particolare nei giochi con le buche. Ora, tornando ai nostri amatissimi principianti ed ai frequenti quanto innocenti errori, possiamo dire che una buona posizione generale osservata staticamente, cioè senza dover eseguire il tiro, anche avendo le varie del corpo allineate nel giusto modo, non comporta nessuna garanzia di efficacia del colpo. Sembra paradossale ma vi posso assicurare che questa affermazione è oggettiva. Nella mia pratica di coach, molto spesso riesco a determinare dal sito di quale coach possa aver attinto un principiante che si presenta con la convinzione di aver già digerito le basi fondamentali dello snooker. L’esecuzione di un buon colpo, considera la tecnica al completo, ogni particolare azione prima e dopo il tiro ha un preciso significato ed una specifica utilità che si innesta nella fase successiva fino e così via per arrivare al colpo finale chiamato anche “delivery shot”. E’ un movimento semplice, unidirezionale, a velocità gradatamente progressiva, che nella piccola differenza di corsa di pochi centimetri determina tutto l’universo possibile dei colpi e degli effetti con i quali si pilota e controlla la bilia battente, in versione originale denominata “cue ball” ossia cioè “palla della stecca”. La stecca deve essere “on line” cioè sulla linea di mira e deve muoversi esattamente sopra questa linea, senza sbandare a causa dell’errato movimento del nostro braccio, soprattutto negli ultimi centimetri che vanno dal ponte, chiamato “bridge”, fatto con la mano appoggiata sul piano del biliardo, alla famosa “cue ball”. Ogni eventuale deviazione della stecca durante questo percorso, provoca la spinta della palla bianca in una direzione diversa da quella utile con il risultato di un tiro approssimativo se non del tutto sbagliato.

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Ma, ora che abbiamo fatto solo un esempio delle differenza che esiste tra ricalcare lo stile di un campione e conoscere i motivi che lo hanno portato ad assumere una determinata posizione, possiamo dire che molto spesso il principiante, assetato di conoscenza e di risultati a breve termine, passa da vari siti di coaching assorbendo tutto ciò che capisce mescolando tecniche e consigli in base al proprio livello di conoscenza. Il risultato è molto spesso un coacervo di pose e piccoli “tic” che si assumono nel tentativo di immedesimarsi nei panni del proprio idolo o in quelli di un giocatore ideale e proprio per questo inesistente e del tutto superfluo. David Horrix, uno dei più esperti coach del mondo, autore di decine di volumi sulle tecniche di gioco e di insegnamento, nell’ultimo numero della sua rivista “Give me a break”, spiega molto efficacemente che per completare la formazione tecnica di un giocatore sono necessari dai 14 ai 16 mesi, e successivamente ci si dovrà concentrare sulla costruzione dello stile di gioco dando poca enfasi alla tecnica. Naturalmente e per prudenza di neofiti, noi possiamo allungare questi tempi del trenta per cento senza temere smentite ma è necessario tenere a mente una regola fondamentale: non mescolare i metodi di apprendimento o confondere le tecniche dei vari coach in unica soluzione ! PJ Nolan, Nick Barrow, Alan Trigg, David Horrix, Barry Stark, Terry Griffiths, Dell Hill, e molti altri che sono presenti in rete con i loro corsi o le loro pubblicità, sono tutti professionisti preparati e accreditati, almeno quelli in elenco, in grado di portare un neofita di qualunque età dai principi di base al gioco avanzato che consenta di siglare breaks significativi o difese serrate nei momenti più opportuni. Ciò che è fondamentale però, come giocatori di ogni livello che vogliono migliorare, è sceglierne uno e seguire solo quello, cambiando al massimo una volta se ci si dovesse accorgere che il metodo sviluppato non è proprio adatto a noi.

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In Italia, per motivi diversi e tutti molti validi, già abbondantemente spiegati sulle pagine elettroniche di questo blog, è stato scelto PJ Nolan, oramai alla terza visita nel nostro paese, ed i coaches italiani da lui formati, esaminati, promossi con licenza EBSA e costantemente seguiti per approfondire il suo insegnamento, sono presenti nelle accademie di Milano ( Davide Coltro ), Tirano ( Max Sabetta ), Roma ( Michele Monaco ) e Verona ( Francesco Bertaiola ). Il consiglio che posso dare ai giocatori di ogni livello del nostro paese è quello di rivolgersi al più presto ad uno di questi coach per iniziare insieme un percorso di crescita, seguendo il metodo Nolan, uno dei più grandi allenatori del mondo, con migliaia di studenti in tutto il mondo documentati nel suo sito da centinaia di filmati e immagini. Si tratta solo di un consiglio ma, nella storia del nostro snooker, suona come il primo dato ad un pubblico così vasto come quello di “Io Gioco Pulito”. Speriamo sia  considerato da quei nascosti ed ancora anonimi, forse appena adolescenti, prossimi campioni che l’Italia saprà sfornare negli anni, magari nel decennio dal venti al trenta di questo secolo. Perchè forse li vedremo in televisione chiamandoli per nome perché li abbiamo conosciuti sin dall’inizio, amandoli poi per tutta la loro carriera. Sarebbe bellissimo. Un obiettivo lontano e forse fuori portata ma sono un coach di snooker, siate buoni, lasciatemi sognare …

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0 Comments

  1. Ho pagato in prima persona l atteggiamento descritto da Coltro. Scegkiete un coach e seguite solo quello, non forzate il vostro corpo la vostra stance per ragioni estetiche… vi aiuterà anche a capire quali sono i veri punti deboli della vostra impostazione naturale…

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