L’elezione di Gabriele Gravina a Presidente della Lega Pro ha avuto per ora l’importante merito, di riportare, come direbbe Rudy Garcia, la chiesa al centro del villaggio. Oppure, come direbbe qualche altro allenatore, il pallone al centro del campo. O ancora, più semplicemente, di riconsegnare un presidente alla terza serie del calcio nazionale.
Di ristabilire insomma il criterio della rappresentanza (in questo caso delle società di calcio) in un contesto, come quello della Lega Pro, che era finito, tanto per cambiare, sotto l’occhio protettivo del commissario di turno. Il metodo è infatti lo stesso, che si chiami Consiglio della Figc oppure Consiglio dei Ministri: quando si vedono le brutte, si affida tutto al commissario di turno; al “papa nero”; la figura “esterna” al sistema, che rappresenta tutti e nessuno, e non deve rispondere a questo o quell’interesse di parte.
Nel luglio scorso, la scelta del Consiglio Federale ricadde allora su Tommaso Miele, magistrato e consigliere della Corte dei Conti. Sarebbe toccato a lui, proprio come a Tronca nel Comune di Roma, di “traghettare” il sistema (che sia l’amministrazione di una città oppure di un campionato) verso acque più tranquille di quelle nelle quali stava navigando. Il commissario Miele avrebbe dunque dovuto far rispettare “la legge e l’ordine” all’interno della Lega Pro che, in fatto di ordine, soprattutto ordine dei conti, sembrava avere niente da invidiare ( anche se con cifre diverse) al Comune di Roma Capitale. Il che è tutto dire. Eppure, il commissario Miele non ha mangiato neanche il panettone.
Infatti, il 22 dicembre scorso, l’Assemblea Federale ha eletto Gabriele Gravina (31 voti su 54 contro i 13 ottenuti da Pagnozzi), come nuovo presidente di Lega Pro. Miele lascia dunque dopo appena 5 mesi di “interregno”, con un risultato d’esercizio (tuttavia imputabile a lui soltanto per un semestre) negativo per 797 mila euro. Adesso, dopo i 5 mesi di Miele, spetterà invece a Gravina il compito ancora più difficile, ma fondamentale, di riportare il bilancio della Terza serie in territorio positivo. Un risultato che se fosse raggiunto potrebbe proiettare Gravina (come già si vocifera e lo riporta, tra gli altri, anche Fulvio Bianchi di Repubblica) tra i papabili candidati alla presidenza della Figc. Ma il significato, o forse i significati, dell’elezione di Gravina sono anche altri.
Gravina è infatti considerato un uomo molto vicino all’ex presidente federale Giancarlo Abete, e la sua elezione è vista all’interno della Lega Pro come un forte segnale di discontinuità rispetto alla gestione Macalli. Il quale, non a caso, era uomo del “sistema”, ossia del potere che attualmente governa il calcio italiano, riconducibile tutto all’asse Lo-Tav, ossia alla coppia Lotito-Tavecchio. Un asse che avrebbe voluto Pagnozzi e non Gravina alla guida della Lega Pro. Ma, invece, così non è stato. Ed è proprio per questo che iniziano ad essere in molti quelli che pensano che il potere dell’asse Lo-Tav, si stia effettivamente logorando.
Da qui le ipotesi che vorrebbero uno come Gravina candidato dello schieramento anti Lo-Tav alle prossime elezioni della Figc. Infatti, come tutti i giochi di potere, anche l’elezione del Presidente passa per accordi e compromessi. E il peso della Lega Pro (circa il 17% dei voti sul totale) alle elezioni non può essere per questo assolutamente snobbato. Se Gravina, forte dei voti in Lega Pro, riuscisse ad ottenere anche l’appoggio di quelle società (come la Roma ad esempio) che si oppongono da anni alla gestione Tavecchio, allora le possibilità di una futura elezione diventerebbero veramente concrete. Sia come sia, l’unica cosa certa per il momento è la posizione di contrasto che Gravina avrebbe preso nei confronti del presidente di Lazio e Salernitana Claudio Lotito. Il quale, non a caso, è stato ed è tuttora il principale sponsor di Tavecchio in Federazione. Come riporta, tra gli altri, anche Marco Bellinazzo del Sole 24 Ore, Gravina a Lotito non le avrebbe proprio mandate a dire parlando di “impossibilità di trovare un accordo con lui” e aggiungendo, inoltre, dopo aver definito il potere di Lotito in Figc come “degenerativo”, che “io e lui siamo incompatibili”. Passo e chiudo.
Da qui la domanda: sta veramente calando il sipario sul potere di Lotito nel calcio italiano?
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