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Lassissi a Roma, tra stregoni ed un’avventura mai iniziata
La storia del difensore ivoriano Saliou Lassissi è fatta di grandi passi scalati a velocità supersonica ed una caduta, successivamente, fragorosa, che lo porterà poi sostanzialmente a smettere con il calcio giocato.
Nella sua prima stagione da professionista con il Rennes, giovanissimo, il centrale mette insieme ben 21 presenze e, soprattutto, viene messo sotto la lente d’ingrandimento da diversi importanti club europei; su tutti la Juventus di Moggi.
A maggio del 1997 i bianconeri ne annunciano l’acquisto a parametro zero per bocca proprio del direttore generale. Sembra tutto fatto per il ‘sogno italiano’ di Lassissi, tuttavia il transfer del calciatore viene negato poiché il difensore ha firmato ben due contratti allo stesso tempo, uno con la compagine torinese ed uno con il Rennes. Luciano Moggi va su tutte le furie e afferma: “Noi rinunciamo al giocatore: se a 19 anni sottoscrive due contratti, chissà cosa farà da grande. Non è uomo da Juve“. Emerge, così, per la prima volta il vero problema, oltre alla sfortuna, che caratterizzerà la carriera di Lassissi: un carattere decisamente sopra le righe. Il centrale rimane, alla fine, tra le fila del Rennes per un’altra stagione, costellata però di piccoli infortuni che non lo fanno esprimere al meglio e gli permettono di giocare soltanto sette partite.
L’approdo in Serie A si rivela, comunque, spostato in avanti soltanto di un anno visto che nell’estate del 1998 il Parma di Tanzi lo mette sotto contratto. Lassissi esordisce con la maglia dei ducali nella sfida del 20 settembre contro il Venezia, un pareggio a reti bianche, prima di essere immediatamente spedito in prestito alla Sampdoria. I gialloblu, d’altronde, possono contare su una discreta coppia difensiva centrale, composta da Thuram e Cannavaro, e per l’ivoriano è quindi meglio andare a farsi le ossa dove può ragionevolmente trovare più spazio. Dopo poche gare disputate con i blucerchiati, Lassissi mostra il proprio carattere focoso facendosi espellere per una spinta a gioco fermo a Gennaro Gattuso, allora militante nella Salernitana. Tre giornate di squalifica e si riparte. Il 14 febbraio del 1999 arriverà pure il suo primo gol nella massima serie contro la sua futura squadra: la Roma.
Continua la stagione e, con essa, anche le esplosioni di rabbia di Lassissi, che viene nuovamente espulso a marzo in una sfida contro l’Inter per reciproche scorrettezze con Nicola Ventola. La squalifica è ancora di tre turni. Inoltre, quando torna in patria, per rispondere alla convocazione in nazionale, le cose per Lassissi non vanno decisamente meglio visto che genera addirittura un caso diplomatico: il centrale colpisce un compagno di squadra con una testata in allenamento e gli rompe il labbro. Il malcapitato è Blaise Kouassi, colpevole di aver sbagliato un passaggio. Saliou viene espulso dalla selezione e perde il posto nell’avventura in Coppa d’Africa. Tuttavia la storia non finisce qui perché quella rissa fa il giro della nazione e Lassissi viene internato in un campo militare, dove viene interrogato sui fatti e costretto a seguire un corso di rieducazione civica. Viene rilasciato solo dopo aver chiesto scusa a tutto il paese, in diretta televisiva.
Lassissi finisce il campionato 1998/99 con diciannove presenze ed un gol all’attivo; la Sampdoria retrocede e il ragazzo torna a Parma. L’ivoriano si ferma in Emilia per la stagione 1999/2000, rappresentando una buona alternativa ai già citati Cannavaro e Thuram, prima di lasciare nuovamente Parma, stavolta in direzione Firenze. Con i viola, Lassissi colleziona 18 partite tra campionato e coppe, segna la sua seconda rete in Serie A, contro il Perugia, e vince la Coppa Italia. Nella sua esperienza toscana passa alla storia però, soprattutto, per le sue disavventure automobilistiche; celebre la volta che si schianta contro i bidoni dell’immondizia, o quando viene denunciato per aggressione da un vigile urbano. Il rapporto con Fatih Terim non regala meno emozioni, dal momento che sul tecnico turco Lassissi afferma: “Ha usato la Fiorentina per farsi un nome. Terim ha fatto credere di essere un genio ma, se lo fosse davvero, perché non ha fatto una magia in Coppa Uefa contro l’Innsbruck? Lui si prende i meriti ma di questa squadra non gliene importa un accidente”. Diplomazia a non finire.
Giungiamo, dunque, all’incredibile esperienza romana di Lassissi. Siamo nell’estate del 2001, i giallorossi sono appena diventati Campioni d’Italia per la terza volta nella loro storia, e Fabio Capello è alla ricerca di rinforzi per la propria squadra. La società del presidente Sensi mette in piedi un maxi scambio con il Parma in cui vengono coinvolti ben sei calciatori; Gurenko, Mangone e Poggi si trasferiscono in Emilia mentre Fuser, Longo ed il nostro eroe fanno il percorso opposto. Ogni calciatore viene valutato ben 20 miliardi di lire; storie di fantasmagoriche plusvalenze e di un calcio che non c’è più. L’ivoriano arriva a Roma con la fama del ‘nuovo Thuram‘, forse lievemente esagerata, e la possibilità di crescere all’ombra di grandi campioni come Samuel, Zago e Aldair. Il 7 agosto del 2001 la Roma neoscudettata si presenta al proprio pubblico in tripudio in un’amichevole contro il Boca Juniors. La gara scorre tranquilla, i giallorossi conducono per 2-0 e al 15′ della ripresa Saliou Lassissi fa il suo debutto all’Olimpico. Sette minuti dopo accade il fattaccio: l’ivoriano subisce un’entrata durissima da parte dell’avversario Barijho. Un fallo grave, tanto che l’attaccante degli argentini viene espulso dall’arbitro Rossetti. La diagnosi è tremenda: rottura di tibia e perone, per almeno sei mesi di stop. Incredibilmente, conoscendo il suo carattere, Saliou tranquillizza però Barijho, riguardo all’incidente, ai microfoni all’inviato della testata argentina Olé, dichiarando: “Voleva recuperare la palla, non posso dirgli nulla. Deve stare tranquillo, è stato un incidente. Deve stare tranquillo e dimenticare tutto, non è stata colpa sua. Mi piacerebbe ricevere la sua maglietta, potrebbe nascere una piccola amicizia, ma non voglio mettergli pressione”.
Fatto sta che la carriera di Lassissi si esaurisce sostanzialmente qui, a soli 21 anni. I giorni dopo l’operazione sono tremendi e il calciatore dichiara al Corriere della Sera: “Continuo a sentire dolore, soffro molto, non vivo più, dormo sul divano, mi sveglio come un barbone, dormo mezz’ ora a notte. Non mi riconosco più, mi vedo male, anche la mia fidanzata mi chiede come è possibile che stia così”. Inizia, contestualmente, una lunga disputa tra la società e lo stesso giocatore; la vera storia d’amore tra la Roma e Lassissi. Il 6 settembre il difensore decide di lasciare Villa Stuart, la clinica dove era ricoverato, perché, a suo dire, gli vengono somministrate le pillole sbagliate. Dalla Roma arrivano, intanto, accuse di non rispettare gli appuntamenti con la fisioterapia e di non voler fare le iniezioni per paura di riti voodoo; lui e il suo procuratore Caliendo incolpano a loro volta i medici. Brozzi dice di dover seguire la prima squadra, come se il giocatore non ne facesse parte, mentre il consulente medico Camiglieri rimanda appuntamenti per impegni di lavoro. La Roma, comunque, non ha gradito il comportamento di Lassissi e dichiara che il giocatore agisce senza consultare il parere di chi gli paga lo stipendio. Proprio da quest’ultimo assunto, nasce un nuovo contenzioso tra la Roma e Lassissi, che nel novembre del 2002 torna agli onori della cronaca in quanto dichiara che la società non ha provveduto a pagargli sei mensilità (“Come pagano Batistuta devono pagare anche Lassissi” la sobria dichiarazione dell’ivoriano). “Pago tutti tranne Lassissi”, dal canto suo, afferma il presidente Sensi, che non intende versare 2,5 miliardi di lire a stagione a un giocatore inattivo da più di un anno. La Roma fa di tutto per arrivare a una rescissione del contratto che la lega al giocatore; addirittura nel gennaio del 2003, convocato per una partita della Primavera giallorossa contro il Sora, Lassissi scopre di non poter giocare una volta arrivato al campo. Sugli spalti ci sarebbero anche i dirigenti del Bolton, interessati a un prestito, ma il ragazzo non gioca: “So che è stato il presidente Sensi a decidere, forse per dimostrare che sto ancora male. Non sono Maradona, ma non si sono scordati di me. La Roma mi sta rovinando. Mi avevano detto che, se mi fossi trovato una squadra, mi avrebbe pagato mezzo stipendio. Saranno costretti a pagarmi anche gli interessi, ma così perderemo tutti: sia io, che la Roma”. A provare a stemperare un po’ la tensione ci pensa, intanto, il sempre tranquillo Antonio Cassano che “mi chiama negro e mi fa ridere”. Decisamente non basta. La vicenda si sposta in tribunale, dove Lassissi vince. Si tratta, comunque, di una vittoria di Pirro; il calciatore, infatti, resta nella Capitale fino all’estate del 2004, naturale scadenza del suo contratto, senza mai scendere in campo con la maglia della Roma in impegni ufficiali. Tre anni di nulla calcistico; e dire che Lassissi, quando la Roma nell’estate del 2003 sta lottando con la Juventus per accaparrarsi a suon di milioni di euro il difensore del Chievo Nicola Legrottaglie, prova anche a tornare a farsi sentire dopo due anni di inattività dichiarando: “Non me ne frega nulla di chi arriva. Sono più forte di chiunque possa venire“. Il canto del cigno prima dell’addio.
A gennaio del 2005 sembra arrivare una nuova opportunità. Il Bastia gli offre la possibilità di allenarsi con la squadra e, magari, di tesserarlo. Lassissi però non convince e resta altri sei mesi senza calcio giocato. Finalmente, nel giugno del 2005, Saliou Lassissi torna calciatore e firma con il Nancy. Tanti buoni propositi non bastano, tuttavia, a rivedere Lassissi in campo con i ‘grandi’. Dopo sei mesi di sole gare disputate con la squadra riserve, quindi, il difensore lascia anche il Nancy e torna in patria per giocare nel RFC Daoukro. Qui resta un anno e mezzo prima di ritentare l’avventura europea nel 2007; lo chiama, infatti, il Bellinzona di Petkovic, futuro tecnico della Lazio. L’inizio è promettente: l’ivoriano arriva rigorosamente in ritardo al primo allenamento a bordo del suo SUV bianco e a Petkovic dirà, parlando in terza persona: “La difesa la comanda Lassissi. Bisogna ascoltare Lassissi“. Tre partite, diversi disastri, e finisce anche questa esperienza per l’ivoriano, che rescinde e si accorda con i francesi dell’Entente SSG. 14 presenze e due gol nel campionato National durante la stagione 2007/2008 poi la decisione: stop, ritiro. Il calcio non fa in tempo a piangere un addio così doloroso che, due anni dopo, arriva il clamoroso ripensamento; Lassissi torna in campo tra le fila del Sokół Skromnica, formazione amatoriale polacca, con cui gioca due stagioni prima del definitivo ritiro e del ritorno in patria per condurre una vita da agente immobiliare di successo.
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