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Le donne e il calcio: a tu per tu con Viviana Greco

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Le donne e il calcio: a tu per tu con Viviana Greco

Nella vita di Viviana Greco, modella e giornalista argentina originaria di Reconquista con trascorsi televisivi anche in Italia, il calcio è da sempre una presenza fissa. Come il pallone sul sinistro di Maradona quel pomeriggio del 1986 allo stadio “Azteca” di Città del Messico. O come la bellezza sulla terrazza del Pincio a Roma mentre tramonta il sole.

Una passione sgorgata nell’infanzia e sviluppata nel tempo anche grazie al giornalismo, che oggi la vede conduttrice radiofonica per l’emittente spagnola “ClickRadioTV” e le consente di parlare del ruolo delle donne nello sport più popolare del mondo.

 

Dove nasce la passione per il calcio?

In famiglia. Mio padre aveva giocato come difensore nella Serie-B argentina ed era un grande tifoso del Boca Juniors. Così da piccola, anche per stare più tempo con lui, cominciai a guardare le partite assieme e mi appassionai.

Che cosa le piace in particolare di questo sport?

L’adrenalina, il combattere fino alla fine, la perseveranza nell’inseguire un obiettivo, il perdere ma uscendo a testa alta dal campo e l’imprevedibilità, che regala sempre grandi emozioni. 

Proprio il calcio l’ha fatta conoscere al pubblico italiano con le sue presenze a “Quelli che il calcio…” dove seguiva la Fiorentina di Batistuta (anche lui di Reconquista), Rui Costa, Toldo… Come ci arrivò e che ricordi ha?

Mi ero trasferita in Italia per lavoro e iniziai a partecipare grazie all’agenzia di moda per la quale lavoravo. Era una trasmissione che mi piaceva tantissimo, ricordo Fabio Fazio, molto gentile, c’era un clima divertente. In quegli anni partecipai anche alla “Domenica Sportiva”, ho ricordi bellissimi di quel periodo.

Fu lì che nacque l’interesse anche per il giornalismo sportivo?

Anche. Ma più che altro è stato un insieme di motivi: la possibilità di farsi conoscere, la passione per il calcio e, soprattutto, la possibilità di raccontare un evento in diretta.

Ultimo grande evento seguito?

Il campionato del mondo in Russia per il programma “Feed Latino” della piattaforma “Miami Online”. Ho visto almeno cinquanta partite e penso di non aver mai guardato tanto calcio in vita mia!

In base alla sua esperienza, come si è trovata a occuparsi di un argomento a lungo ritenuto, erroneamente, un’enclave maschile?

Posso dire che il bilancio è positivo.

Che differenze ha riscontrato nella narrazione giornalistica del calcio da parte degli uomini e da parte delle donne?

Gli uomini prestano molta più attenzione all’aspetto tecnico dell’evento, alla partita, a come hanno giocato le squadre. Le donne invece hanno più interesse alla parte emotiva e psicologica, come gli atteggiamenti dei calciatori o le reazioni del pubblico.

In Spagna e in Argentina qual è la presenza di giornaliste che si occupano di calcio?

In Argentina la maggioranza è sempre maschile, però rispetto a venti anni fa ci sono più donne. E anche in Spagna il loro spazio è aumentato.

È mai stata vittima di episodi di maschilismo dettati dal pregiudizio che una donna non può parlare di calcio?

Nel 2002 in Argentina un giornalista disse che le donne non lo potevano fare, perché dovevano stare a casa a lavare i piatti. Sul momento rimasi scioccata. Poi gli risposi che anche lui non poteva esprimere giudizi perché, come le donne, non aveva mai giocato a calcio.

Confrontando Argentina, Italia e Spagna, esistono differenze sul modo di vivere il calcio?

Si può dire che il calcio sia una passione trasversale a questi tre Paesi latini. Molto tifo, molto calore, molto entusiasmo. In Spagna e soprattutto in Argentina è molto più sentito rispetto all’Italia. Da noi, per esempio, quando gioca la Nazionale, se necessario si fermano anche le scuole.

Qual è il livello del campionato argentino?

Buono. Però i giocatori migliori si trasferiscono subito in Europa. Ed è triste che siano vietate le trasferte ai tifosi.

Perché, pur avendo una miniera di talenti, l’Argentina non vince la Coppa del Mondo da oltre trent’anni?

Perché manca organizzazione a livello di federazione. Prima abbiamo avuto Grondona, che è stato presidente per troppo tempo (dal 1979 al 2014, ndg). Dopo di lui se ne sono succeduti già altri tre. C’è molta confusione.

Com’è visto oggi Maradona?

Pensando a quello che è stato come calciatore, cioè un campione, credo che sia visto con molta tristezza per il suo atteggiamento molto polemico. La sua esperienza come ct è stata un disastro, un leader deve dare l’esempio.

 

Spostiamoci all’Italia. Nell’ultimo biennio il calcio femminile è cresciuto per investimenti e attenzione mediatica. Siamo sulla buona strada per raggiungere la parità con il calcio maschile?

Penso che siano stati fatti passi in avanti rispetto, per esempio, a venti anni fa. Però ci sono ancora enormi differenze, e non soltanto in Italia, tra i due generi rispetto ad altri sport, per esempio il tennis. Credo che le nuove generazioni potranno colmare questa differenza.

Qual è la differenza principale tra calcio femminile e maschile?

Le condizioni economiche, a cominciare dagli stipendi.

Che cosa pensa della Serie-A di quest’anno?

La Juve è sempre la più forte, però ora c’è anche l’Inter a lottare per lo scudetto. Poi ci sono Lazio, Atalanta e Cagliari che giocano molto bene.

A proposito di Lazio: quando era a “Quelli che il calcio…” conobbe anche Suor Paola?

Sì. Mai vista una suora così tifosa di una squadra di calcio (ride)!

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Classe 1982, una laurea in "Giornalismo" all'università "La Sapienza" di Roma e un libro-inchiesta, "Atto di Dolore", sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, scritto grazie a più di una copertura, fra le quali quella di appassionato di sport: prima arbitro di calcio a undici, poi allenatore di calcio a cinque e podista amatoriale, infine giornalista. Identità che, insieme a quella di "curioso" di storie italiane avvolte dal mistero, quando è davanti allo specchio lo portano a chiedere al suo interlocutore: ma tu, chi sei?

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