Il direttore generale della Rai Dall’Orto progetta e rilancia una Rai competitiva anche sul fronte dello sport, parzialmente adeguata alla concorrenza. Immagazzina la lezione di Netflix e proporrà contenuti a pagamenti mentre sul fronte delle newsroom la politica aziendale, secondo la consueta tradizione di discontinuità, contraddice radicalmente l’impostazione data dal predecessore Gubitosi. E’ la lezione renziana. Se il presente non sfavilla, occorre proiettare nel futuro un sogno, un’ambizione, una prospettiva. La realtà è molto più cruda. Nessuno sport, tra i più seguiti, è attualmente nel bouquet della Rai stante l’impossibilità di rincorrere Sky e Mediaset sul piano della concorrenza dei diritti televisivi.
Chi si accontenta di pallamano e di stantii revival del Giro d’Italia degli anni ’80 (magari con il forte dubbio che le vittorie mostrate siano frutto di doping) può ristagnare su Rai Sport che è talmente in crisi di contenuti da mostrare spesso la stessa pappardella sul canale uno e sul canale due. La programmazione non è frutto di scelte ma di obblighi tassativi, figli di una vecchia impostazione. Non sappiano quanto siano contente le stesse federazioni minori che, spesso, si vedono trasmesso un evento (un campionato italiano, una manifestazione internazionale) che dovrebbe essere di attualità con un mese o due di ritardo.
Un’occasione di rilancio? L’Olimpiade forse. Ma il tema dei grandi eventi ci porta al mancato rispetto del dettato dell’Unione Europea che raccomanda agli stati (e alla propria televisione pubblica di riferimento) di trasmettere in chiaro i principali avvenimenti sportivi. E’ rispettata la forte raccomandazione in Italia? Assolutamente no. E nessuno se ne preoccupa. Purtroppo neanche le associazioni dei consumatori.
La privatizzazione degli eventi attraverso la loro vendita parcellizzata ha bypassato la Rai e la esclude come competitor. Nè i Governi intervengono, né la situazione sembra minimamente preoccupare gli ultimi presidenti del Coni (Petrucci, Malagò) rispettando l’assunto che le raccomandazioni vanno aggirate o ignorate. Mostrare lo sport vuol dirne farne pubblicità. Mostrarlo in chiaro vuol dire arrivare al grande pubblico e fare opera di divulgazione.
La finale dei campionati europei di basket in Spagna è stata mostrata in chiaro e ha riguardato una platea di sei milioni di teleutenti iberici, non necessariamente fidelizzati alla pallacanestro. Un’audience che “batte” persino quella nostrana relativa a Montalbano, trasmesso su Rai Uno, il canale di maggiore ascolto. La citazione dovrebbe far riflettere e stimolare. Un invito ad agire per chi ne ha possibilità. Restituire alla Rai questa possibilità vorrebbe dire riattribuirle quel ruolo di player che al momento sembra quasi definitivamente perduto, stante un mercato che ruota attorno a un duopolio, inquinato da conflitti d’interesse (vedi vicenda Infront) .