“Le cifre che guadagno? Oscene!”. Quando ad affermarlo è addirittura un calciatore

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Un tempo c’era Agostino Di Bartolomei, capitano della Roma durante i gloriosi (per i giallorossi) anni Ottanta; altro calcio ma anche altri uomini. Per tutti era semplicemente ‘Ago’, il ragazzo di Tor Marancia schivo fino all’inverosimile ma terribilmente legato alla sua gente e alle sue radici.

Mi sento un ragazzo fortunato perché vengo pagato per giocare a calcio: questa una delle sue frasi più celebri e che già all’epoca stonava con il tenore di vita e delle dichiarazioni di molti suoi colleghi. “Io sono un ragazzo semplice, vivo di cose semplici, non dovete ringraziarmi, sono io che mi sento grato a voi. A fine partita lasciate che sia io a battervi le mani diceva Di Bartolomei ai suoi tifosi. Parole che oggi, in un mondo del pallone dove il calciatore è prima di tutto una star e poi (se c’è tempo e voglia) un atleta, risuonano quanto mai lontane.

Eppure qualche eccezione, sparsa qua e là per il globo terracqueo, per fortuna sembra ancora esserci. Una testimonianza giunge direttamente dalla Spagna; per la precisione dal fantasista del Manchester United Juan Mata.

Classe 1988, Mata cresce nelle giovanili del Real Madrid prima di spiccare il volo tra le fila degli acerrimi rivali del Valencia. Quattro stagioni ad alti livelli con i bianconeri, poi l’approdo nel campionato da molti ritenuto il più spettacolare ed avvincente del pianeta: la Premier League. Il 22 agosto del 2011 Mata passa al Chelsea per 27 milioni di euro. Due anni e mezzo in blu, tra alti e bassi, e per lo spagnolo è tempo di fare nuovamente le valigie.

Lo aspettano Manchester e i gloriosi Red Devils. Mata finisce sulle prime pagine di mezzo mondo (sportivo); di sicuro è un ottimo calciatore ma i circa 45 milioni di euro spesi per portarlo alle dipendenze dell’allora tecnico dello United David Moyes (acquisto record nella storia del club in quel momento) sembrano davvero troppi. Lo stipendio, inevitabilmente, aumenta, anche rispetto alle cifre, già esorbitanti per qualunque comune mortale, percepite dal ragazzo durante la propria permanenza a Londra con la maglia del Chelsea.

A giudicare dalle parole rilasciate qualche giorno fa dallo stesso Mata nel programma tv spagnolo Salvados, tuttavia, il ragazzo non deve averne fatto un vanto, come accade invece spesso e volentieri a diversi suoi colleghi. “A questo livello, il calciatore è veramente ben pagato” ha detto Mata. “E’ come se vivessimo in una bolla. Rispetto al resto della società, noi guadagniamo somme assurde. E’ incomprensibile.

Il centrocampista della Roja, come viene chiamata in patria la selezione nazionale spagnola, ha rilasciato un’intervista a cuore aperto alla tv del proprio paese in cui ha discusso sullo stato del calcio moderno e sulle esorbitanti somme con cui vengono pagati lui ed i suoi colleghi. Apparso come ospite, Mata ha affermato di comprendere bene il motivo per il quale il mondo del calcio è così ampiamente criticato in riferimento ai soldi che circolano in tale ambiente.

Rispetto al mondo del calcio, io guadagno una somma perfino normale. Ma se paragoniamo la cifra al 99.9% della Spagna e del resto del mondo, io guadagno una somma oscena. Il metro di giudizio che usiamo per misurare i nostri stipendi è paragonarli a quelli dei nostri compagni di squadra o dei calciatori che giocano altrove. Per questo credo che noi viviamo in una bolla. La vera vita è quella dei miei amici. Loro devono lottare per cercare lavoro, richiedere il sussidio di disoccupazione oppure addirittura emigrare. Oggi questa è la normalità per molti. La mia vita, invece, essendo un calciatore è tutto fuorché normale.

I motivi? Presto spiegati: “Talvolta mi spaventa addirittura pensare a quanto io sia privilegiato. C’è il più piccolo problema sulla faccia della terra? Qualcuno viene e lo risolve per me. Questo è solo uno degli aspetti per i quali noi non viviamo una vita normale.

Mata, poi, si è soffermato anche sulla via che sta imboccando anno dopo anno il calcio moderno, sempre più criticato per l’importanza conferita ai soldi e ai bilanci rispetto al semplice pallone che rotola in campo: “Capisco bene quello di cui parla la gente. L’importanza data al lato del business all’interno del mondo del calcio oggi fa sembrare che i proprietari dei club siano addirittura più importanti dei fan.

C’è un altro aspetto da salvaguardare, inoltre, su cui il fantasista del Manchester United si sofferma: i giovani calciatori. Juan Mata afferma di temere che i cattivi consigli di gente poco affidabile e gli stipendi sempre più elevati stiano facendo credere ai talenti in erba di essere superstar prima di aver raggiunto qualunque risultato degno di nota sul campo: “Ogni calciatore pensa di essere Maradona quando raggiunge un grande club. Capita a tutti noi giocatori ma poi inizi a notare che ciò accade addirittura tra i più giovani. Vedi ragazzini che pensano di essere rock star; portano vestiti stravaganti e guidano certe automobili…in quei casi io penso che tu, uomo e calciatore ormai fatto, debba prendere questi ragazzini da una parte e spiegargli un paio di cose.

Per lo spagnolo, il fatto di rappresentare un’eccezione nel mondo del calcio non si limita solo a certe dichiarazioni; basti pensare che Mata, come dichiarato in un’intervista del 2011, oltre alla brillante carriera da giocatore, ha portato avanti gli studi in due diversi corsi di Laurea (marketing ed educazione fisica) all’Università Politecnica di Madrid.

Di certo, un’opinione così profonda sul football di oggi non è una sorpresa per tutti coloro che leggono regolarmente il blog di Mata. Sì, perché Juan Mata ha creato uno spazio tutto suo dove esprime spesso riflessioni a cuore aperto, talvolta anche ironiche, sulla sua vita in Inghilterra; un fenomeno che ha portato l’ex Valencia a diventare una vera e propria star, oltre che sul rettangolo verde, anche sul web.

Populismo, falsa modestia oppure sincerità assoluta? Nessuno può rispondere con certezza. Ad ogni modo, si tratta di una voce fuori dal coro, di dichiarazioni sicuramente più interessanti da ascoltare rispetto ai soliti dischi rotti fatti di “ho scelto di giocare in Cina/Qatar per il progetto e non per il denaro” per non parlare dei “se guadagno così tanto è perché mi merito i soldi sul campo“.

Nato a Roma sul finire degli anni Ottanta, dopo aver conseguito il diploma classico tra gloria (poca) e
insuccessi (molti di più), mi sono iscritto e laureato in Lingue e Letterature Europee e Americane presso la
facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Tor Vergata. Appassionato, sin dall'età più tenera, di calcio,
adoro raccontare le storie di “pallone”: il processo che sta portando il ‘tifoso’ sempre più a diventare,
invece, ‘cliente’ proprio non fa per me. Nel 2016, ho coronato il sogno di scrivere un libro tutto mio ed è
uscito "Meteore Romaniste”, mentre nel 2019 sono diventato giornalista pubblicista presso l'Ordine del Lazio

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