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La storia del Terribile Terry, il piccolo Mike Tyson di un secolo fa

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La storia del Terribile Terry, il piccolo Mike Tyson di un secolo fa

Nato il 9 marzo del 1880 col nome Joseph Terrence McGovern, fu col soprannome di Terry il Terribile che, una volta passato professionista, a soli quindici anni, impose il proprio regno di autentico terrore nei pesi gallo, piuma e leggeri. Al crepuscolo del diciannovesimo secolo, il 12 settembre 1899, Terrible Terry vinse il mondiale dei gallo, in quello che fu il primo titolo di quella categoria messo in palio secondo le regole, da pochi anni introdotte, del marchese di Queensberry, che stabilivano in tre minuti la durata di ogni round.

Piccolo di statura, Terry era dotato di forza erculea e corporatura taurina; aveva un’aggressività tale da distruggere mentalmente ogni avversario, anche prima che il match iniziasse. In anni in cui gli incontri avevano la tendenza a durare all’infinito, per favorire le attività degli scommettitori, McGovern usciva dall’angolo come un toro da combattimento, cercando rapide soluzioni per atterramento che spessissimo trovava. Con tutta probabilità Terry il Terribile fu il più devastante colpitore al corpo della storia. Lunga o corta che fosse, le figure dei suoi avversari erano squassate per l’intera durata del combattimento dalla furia del Terribile.

“Imbattuto ed imbattibile” titolava la Brooklyn Gazzette all’indomani del suo successo sul campione dei leggeri Frank Erne; in dieci mesi, a cavallo tra i due secoli, batté dieci uomini in diciassette round, spaziando dai gallo, ai piuma, ai leggeri. Poi, come un fulmine a ciel sereno, Terrible Terry perse. Contro il rampante Young Corbett, a cui andò pure la rivincita. La furia di McGovern cominciò ad estinguersi come una fiammella al vento e con essa se ne andò pure la salute mentale: dal 1908, anno del ritiro, al 1918, anno della morte, egli passò la maggior parte del tempo nei terribili istituti psichiatrici del tempo. Sano o malato che fosse, chiunque entrasse in un manicomio del tempo non tardava ad impazzire.

Ufficialmente morì per collasso dei reni e polmonite a soli 37 anni. L’America del tempo, risvegliata dalla morte del piccolo campione ormai dimenticato, gli riservò esequie emozionanti; a portare la bara anche George Cohen, compositore e regista all’epoca molto conosciuto. Nel 1928, Francis Albertani, prestigiosa firma del Ring Magazine, avrebbe scritto: “Potremmo non rivedere più un altro Terrible Terry, perché come McGovern ne nasce uno per generazione”. Curiosamente, e tristemente, il suo unico figlio Joseph morì d’infezione alla sua medesima età, senza lasciare figli ed interrompendo così la furente linea di sangue di Terrible Terry.

 

Nipote di un insegnante sammarinese migrato nei licei delle vallate alpine, sono nato a Padova nel ’70 ed ho chiuso il cerchio di itinerante storia familiare rientrando nell’antica repubblica del Titano quando non ero ancora trentenne.

Avevo prima vissuto in varie parti d’Europa, dei Caraibi e dell’Africa grazie a diversi, talvolta avventurosi, impieghi giovanili. Al contrario, ora, lavoro in banca.

Ho coronato il mio amore per le lingue e le letterature straniere all’Università di Urbino, compiendo gli studi in una lunga e poco gloriosa carriera accademica.

Appassionato sportivo, ho praticato con alterne fortune il pugilato, il windsurf, il calcio, la canoa olimpica. Seguo il rugby con piglio da intenditore. Nel 2015 ho attraversato l’Adriatico in kayak nel suo punto più largo.

Scrivo di boxe perché ne vale la pena: il ring trattiene tra le corde le storie che la fantasia di un romanziere non potrebbe mai eguagliare.

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