È un guizzo rapace quello con cui Armando Sadiku sfrutta l’incertezza del portiere romeno Tatarusanu, capitalizza l’assist di Ledian Memhusaj e insacca il gol grazie a cui le Shqiponjat (“Aquile”) rossonere dell’Albania hanno potuto conquistare un trionfo storico nell’incontro conclusivo del primo turno degli Europei 2016, disputatosi a Lione. La rete di Sadiku rappresenta il coronamento di settant’anni di storia del movimento calcistico albanese, che ottiene il suo più importante successo nella notte magica del Parc Olympique Lyonnais, il primo in una grande manifestazione internazionale, ottenuto ai danni di un’avversaria contro cui l’Albania non vinceva dal 1948 dopo le due sfortunate sconfitte contro le ben più quotate Svizzera e Francia. Grazie al colpo di Lione, l’Albania ora spera ancora una possibile qualificazione nel novero delle migliori terze; nel frattempo, un paese intero si crogiola nella soddisfazione dovuta allo storico successo conseguito in terra francese, che ha portato decine di migliaia di persone a festeggiare animosamente per le strade della capitale Tirana nella notte tra domenica e lunedì.
La vittoria dell’Albania sulla Romania assume dunque connotazioni nazionalpopolari, divenendo motivo di giustificatissimo orgoglio per una nazione nei confronti della quale la gloria sportiva è stata molto spesso avara e venendo sottolineata in maniera evidente dalla decisione del primo ministro Edi Rama, intenzionato a ricompensare le buonissime prestazioni della poco quotata selezione albanese con un premio di un milione di euro e con il dono dei passaporti diplomatici ai suoi componenti al momento del ritorno in patria. Il cammino dell’Albania, qualunque saranno gli esiti degli altri incontri e a prescindere dall’ottenimento della qualificazione agli ottavi, è da sottolineare: a partire dal 7 settembre 2014, quando con un gol di Bekim Balaj le Aquile trafissero il Portogallo all’esordio delle qualificazioni ad Euro 2016, la selezione rossonera è sempre stata costretta a dover remare contro i pronostici, ed è riuscita a superare lo scetticismo che circondavano il suo cammino con prestazioni grintose e con un’organizzazione di gioco figlia del lavoro del massimo artefice della felice parentesi vissuta dal calcio albanese: Gianni De Biasi, fresco sessantenne che ha ricevuto dai suoi ragazzi il regalo più bello e nel corso della rassegna continentale ha mostrato su uno scenario di assoluto prestigio i maiuscoli risultati raggiunti dal suo lavoro. In particolar modo, nonostante le capitolazioni finali, l’Albania ha mostrato carattere e coraggio nel corso delle partite contro Svizzera e Francia, preludio al successo conclusivo contro la Romania che, oltre a mantenere aperte le speranze di qualificazione, ha consentito alla squadra albanese di segnare un’ulteriore pietra miliare sul cammino della piena maturazione.
Con il suo lavoro De Biasi ha forgiato un gruppo compatto, coeso da una profonda alchimia di squadra, ed è divenuto l’idolo incontrastato di un intero popolo: tre milioni di albanesi guardano oggi all’uomo di Sarmede come al principale artefice delle imprese memorabili che hanno contraddistinto la recente storia della nazionale a seguito dell’investitura di De Biasi a commissario tecnico, avvenuta il 14 dicembre 2011. Gianni De Biasi ha cantato a viva voce l’inno nazionale del suo paese adottivo assieme al suo vice Paolo Tramezzani prima della partita con la Romania, testimoniando un legame che oramai è ben più che professionale: l’Albania è paese di sentimenti forti, e di questa realtà gli innumerevoli tifosi che seguono la squadra danno una viva rappresentazione. La campagna continentale della nazionale albanese ha offerto l’occasione per la creazione di un’ideale legame di contatto in supporto ai ragazzi di De Biasi che nelle ultime settimane ha unito i cittadini albanesi risiedenti in patria alle centinaia di migliaia di emigrati popolanti tutte le nazioni d’Europa (600.000 dei quali in Italia); l’Albania è stata in passato terra di diaspora, e poche occasioni come l’Europeo attualmente in corso hanno offerto ad un popolo tanto frammentato l’occasione di riunirsi, seppur solo in maniera metaforica, per celebrare un momento di sincero orgoglio nazionale. Un’ulteriore vittoria da ascrivere al palmarès personale di De Biasi, che ora prospetta di restare alla guida della selezione sino al termine del ciclo di qualificazioni per i Mondiali di Russia 2018, che vedrà l’Albania inserita nel proibitivo girone di Spagna e Italia e che sarà il banco di prova definitivo per testare il grado di maturazione tecnica conosciuto dal movimento locale, già rivelatosi come notevole nel corso di Euro 2016.
Nei fatti, l’exploit dell’Albania rappresenta l’ascesa della classe operaia del pallone al Paradiso: grintosi, lottatori, instancabili, i membri della compagine scelti per Euro 2016 sono al tempo stesso autentici e sinceri rappresentanti del loro popolo e pedine perfette per le strategie calcistiche preferite da De Biasi. A rappresentanza di questa autentica working class sbarcata in Francia per ben figurare si possono prendere i due uomini che hanno costruito l’azione del gol alla Romania che ha fatto svoltare la storia del calcio albanese: il regista Ledian Memushaj e il goleador Armando Sadiku. Il primo ha conosciuto in questo 2016 il coronamento di una carriera professionistica vissuta principalmente nel nostro campionato, riuscendo a ottenere da protagonista la promozione in Serie A con la maglia del Pescara dopo aver salito tutti i gradini della piramide calcistica italiana a partire dall’Eccellenza, campionato in cui esordì nel 2003 con la maglia della Sarzanese; il secondo milita nel remoto Liechtenstein, ed è infatti attaccante del Vaduz che in patria tiranneggia la locale coppa nazionale e contemporaneamente disputa la massima divisione del campionato svizzero.
Entrambi, dunque, sono giunti in Francia a partire dalle periferie del calcio europeo, e sono riusciti a conquistarsi un meritato spazio nella storia di questo Europeo assieme al resto di una squadra composta da giocatori militanti da un capo all’altro del continente, e riuniti in rappresentanza di una nazione che vede in loro una fonte di orgoglio e ispirazione. Al di là del risultato finale dei gironi e di quale sarà il futuro del suo cammino, l’Albania ha già vinto. Ha vinto la piccola selezione rossonera, che è riuscita infine a conquistare l’agognato successo contro la Romania dopo aver ben figurato all’esordio. Hanno vinto i giocatori che dall’esperienza in terra di Francia trarranno forza e stimolo per il proseguimento delle loro carriere. Più di tutti, ha vinto un umile maestro di calcio italiano che in cinque anni ha saputo far volare le aquile laddove, in passato, esse non avevano mai osato avventurarsi.