Negli ultimi anni abbiamo assistito all’avvento di nuove filosofie, capaci di creare correnti di pensiero innovative e di ribaltare teoremi tattici che per alcuni apparivano obsoleti. L’ultimo decennio ha visto salire alla ribalta impianti di gioco costruiti su pensieri e ideologie tattiche palesemente in contrasto con alcune regole da sempre considerate inattaccabili. I nuovi astri nascenti delle panchine europee, dopo l’avvento del ‘’Guardiolismo’’, hanno cercato di ribaltare svariati capisaldi del calcio. Possesso palla ossessivo, inizio della manovra palla a terra fin dal portiere, gioco offensivo in ogni occasione, integralismo: queste le nuove idee di calcio che hanno preso piede negli ultimi anni, abbagliando platee convinte di assistere alla svolta epocale del gioco del calcio.
Dopo i primi successi, raggiunti più per la bravura dei calciatori che per le nuove impostazioni tattiche, queste filosofie rivoluzionarie però hanno iniziato a scricchiolare, lasciando intravedere tutti i propri limiti. Se è assolutamente condivisibile cercare con costanza nuove soluzioni e idee innovative per migliorare risultati e prestazioni, bisogna anche avere l’umiltà e l’intelligenza di riconoscere eterne alcune ‘’leggi’’ del calcio. Una di queste riguarda gli equilibri e le fondamenta per costruire una squadra vincente: qualunque sia la categoria e chiunque sia al timone della squadra, il primo passo per creare una compagine che possa puntare in alto è sistemare con cura la difesa. A meno di una netta supremazia tecnica, nessuna compagine può basare le proprie fortune solo sul reparto offensivo, preoccupandosi semplicemente di segnare una rete in più dell’avversario.
Il motto ‘’prima non prenderle’’, per certi versi anacronistico e fuori moda, contiene però un fondo di verità: meno saranno le reti subite, più facile sarà vincere l’incontro. Non essendo sempre possibile, per svariati fattori, attuare il proprio gioco, ecco che il saper soffrire e l’essere in grado di difendersi col coltello tra i denti diventa fondamentale per raggiungere determinati risultati. L’esempio lampante di quanto un reparto difensivo di livello possa cambiare l’andamento di una stagione è la Lazio di Simone Inzaghi. Squadra a cui piace giocare a calcio e che non si risparmia in fatto di gioco offensivo, ha però nella linea arretrata il suo vero punto di forza. Dopo la disastrosa annata precedente, in cui al centro della difesa si alternavano onesti mestieranti come Bisevac e Gentiletti, in questa stagione i biancocelesti hanno blindato la retroguardia grazie ad innesti di assoluto valore. Oltre al fondamentale recupero fisico di De Vrij, quello che ha blindato a doppia mandata la difesa laziale è l’avere non uno, ma ben quattro centrali di buon valore, con la conseguente possibilità di rotazione da parte di mister Inzaghi. Grazie agli acquisti azzeccati di Wallace e Bastos e alla crescita esponenziale dell’olandese Hoedt, in ogni partita finora disputata la Lazio ha sempre potuto contare su centrali di assoluto affidamento, chiudendo a doppia mandata la porta biancoceleste.
Con la poca concretezza del reparto avanzato a creare talvolta qualche problema di troppo alla banda di Inzaghi, il maggior merito per una stagione sinora altamente positiva è da ricercare nel reparto arretrato, capace di far sentire al sicuro l’intera squadra e consentendo agli attaccanti di sbagliare anche qualche occasione di troppo. In ottica futura, la Lazio può considerarsi discretamente coperta nel ruolo in questione e in grado di sopperire anche ad una probabile cessione dell’olandese De Vrij durante il prossimo calciomercato, a patto che i soldi incassati vengano poi reinvestiti negli altri ruoli per creare, finalmente, una Lazio in grado di assestarsi con continuità nelle zone nobili della classifica. Perché costruire una buona difesa è assolutamente fondamentale, ma è solo il primo passo verso il successo.
Se lei pensa che il “guardiolismo” si basi solo sul gioco di attacco, e non invece su una visione complessiva del gioco, allora non ha capito niente del calcio degli ultimi vent’anni.
Ma è serio quest’articolo?
No perché i cosiddetti “guardiolisti” si giocano Champions League e campionati nazionali, mentre questa “fantomatica” Lazio, nonostante “una stagione sinora altamente positiva”, lotta per un posto in Europa League con l’Atalanta.
Gran bel successo.
Non si sta facendo nessun tipo di paragone..credo semplicemente che si è voluto sottolineare come il “guardiolismo” inteso come la ricerca di un gioco altamente spettacolare e rischioso venga preso sempre più spesso come modello da perseguire da tecnici che obiettivamente non hanno una rosa neanche minimamente paragonare a quella del Barcellona, City, etc.In questo caso credo si volesse esaltare la lucidità di alcuni allenatori di capire che il gioco di Guardiola non è applicabile con i giocatori a disposizione e si affidano giustamente ad un bel reparto difensivo. Come nel caso della Lazio
Io non ci vedo nulla di speciale, ma solo il solito difensivismo che tanto piace in Italia, dove personalmente tutti questi “guardiolisti” non li vedo.
E quei pochi che ci sono mi pare ottengano risultati migliori rispetto alla Lazio pur senza rose stellari.
Vedi il Napoli dove Sarri ha valorizzato o rivalutato giocatori che con Benitez venivano contestati.
Oppure il Sassuolo della passata stagione o appunto l’Atalanta di questa.
All’estero la situzione è radicalmente opposta e puntando sul bel gioco, senza difensivismi e tatticismi esasperati, le squadre minori riescono perlomeno a competere con i club miliardari e ogni tanto pure a vincere qualcosa.
Il guardiolismo, se hai Messi, Iniesta, Xavi, pique, Mascherano e compagnia bella, lo sa fare anche Luis Enrique …
Lo stesso Guardiola, a Monaco, a parte fare quello che facevano anche i suoi predecessori (vincere la Bundesliga) ha prodotto poco, in relazione agli investimenti fatti. Lo stesso sta succedendo ora a Manchester. Il merito di Guardiola è stato di cucire, a Barcellona, un vestito perfetto per la stoffa che aveva a disposizione. L’errore è pensare che quello stesso vestito possa essere bello utilizzando la stoffa a disposizione della Lazio o di 100 altre squadre in Italia o nel mondo.
Comunque….forza lazzziiooooo!!!!!!
Contano solo i giocatori , gli allenatori incidono nelle sconfitte .Quanti scudetti ha vinto il ” grande ” Sacchi con il Milan ….con quel Milan ?.1 ( uno )!!! piu che altro perso da qualcuno per favorire coloro dai quali dipendeva . È come diceva Totò’ ( lui si grande davvero ) : ” ho detto tutto “.
la novità emersa nel derby di coppa italia LAZIO-ROMA è come tatticamente inzaghi abbia incartato la partita a spalletti. ha infatti messo sulle fasce un raddoppio di marcatura costituito da basta e quella scheggia di colore di lukaku , uno x fascia, raddoppiando con i tre dietro le marcature su salah e emerson. ormai tutti i terzini scendono x supportare gli attaccanti. la cosa nn si è però ripetuta nella seguente partita di campionato. ovvio che la tattica debba x forza riferirsi alle squadre che svolgono preferibilmente un gioco sugli esterni, ma nn mi ricordo di aver mai visto una risoluzione così vincente.