Sembra ormai imminente l’arrivo in Mercedes di Valtteri Bottas – nelle scorse settimane il pilota ha visitato la fabbrica di Brackley e pare abbia provato l’abitacolo – e la notizia non può essere derubricata a mero fatto di cronaca sportiva. Perché riguarda la dominatrice dell’ultimo triennio di F1 (la Mercedes) e colui che prenderà il posto di Nico Rosberg, ritiratosi dalle corse cinque giorni dopo la conquista del titolo iridato. Una scelta che prese in contropiede gli addetti ai lavori e le stesse Frecce d’Argento, costringendo Toto Wolff e Niki Lauda ad approntare un “Piano-B” in tempi rapidi, perché a dicembre le squadre per la stagione successiva erano pressoché fatte e non rimanevano molte soluzioni per colmare un vuoto enorme nella forma, si tratta del pilota campione del mondo, e nella sostanza: in sette anni di militanza teutonica, Rosberg ha dimostrato di essere corridore veloce, costante, vincente e corretto.
Inevitabili i riflettori puntati su chi lo avrebbe sostituito, indipendentemente dal nome. Alla fine, la scelta pare esser caduta su quello rumoroso come un fiocco di neve e inebriante quanto un’acqua tonica: Valtteri Bottas. Ventisette anni, finlandese, in F1 da quattro stagioni, tutte in Williams dove, grazie al feeling tra telaio e motori Mercedes, nel 2014 conquistò due secondi posti che rappresentano i migliori risultati della sua carriera. Un pilota onesto, ma non un trascinatore. Né sui media, sebbene la mitezza sia consuetudine dei finnici e tanto Hakkinen quanto Raikkonen insegnano che si può essere campioni senza per forza dichiarare guerra al mondo, e né sull’asfalto. Bottas non è un bucaniere del volante: zero pole, un solo giro veloce e nessuna memoria di duelli particolarmente emozionanti. In definitiva, un primo pilota da scuderia di seconda fascia, bravo a sviluppare la macchina e a portarla al traguardo, ma dal quale non si possono pretendere vittorie o, addirittura, allori mondiali.
Viene da chiedersi allora perché la Mercedes propenda per uno come lo scandinavo e cosa significhi questa scelta. Sul suo ingaggio, probabile l’incidenza di fattori di natura economica, perché Alonso e Vettel, gli altri top driver del Circus fin da subito accostati a Hamilton, hanno contratti con penali rescissorie elevate per svincolarsi dalle loro squadre. Possibile quindi che la Mercedes non abbia voluto sostenere una spesa tanto onerosa con il rischio di eventuali ripercussioni sul fronte sportivo: una coppia di assi dalla forte personalità equivale a un alto coefficiente di difficoltà gestionale e qualora si generassero insanabili conflitti tra i due, si comprometterebbe la stagione. Basti pensare alla McLaren del 2007, piloti proprio Alonso e Hamilton.
L’altro candidato a sostituire Rosberg, Wehrlein, salvo sorprese correrà per la Sauber. La Mercedes gli consentirà così un’altra stagione di maturazione dopo il discreto esordio con la Manor nel 2016 ed eviterà il rischio di bruciare un pilota costruito in casa, e pronosticato come il kaiser del domani, a seguito delle inevitabili pressioni che graverebbero su un pilota tedesco, a bordo di una monoposto tedesca spinta da un motore tedesco, chiamato a sostituire un campione del mondo anch’esso tedesco. Con Hülkenberg già accasato alla Renault, salvo convincere Button a posticipare il ritiro, non rimaneva quindi che Bottas.
Il suo eventuale approdo rappresenta un cambio di strategia interna per la Mercedes che, dal suo rientro in F1, per la prima volta non partirà con due piloti alla pari bensì con una prima e una seconda guida definite. Uno schema analogo alla Ferrari dell’era Schumacher (Bottas epigono nordico di Irvine, Barrichello e Massa), che sposa prudenza e affidabilità all’alba di una stagione di per sé incerta a causa dell’introduzione di novità tecniche che potrebbero alterare i valori in pista.
A Stoccarda, in definitiva, sembrano preferire non rischiare e giocare coperti. Anche perché hanno solo da guadagnarci. Se Bottas dovesse assurgere a nuovo imperatore della velocità, si confermerebbe l’assioma che nella F1 odierna il potere della vettura è schiacciante e la Mercedes non potrebbe che compiacersi di essere ancora über alles. Dovesse invece andar male, sarebbe un’annata di transizione, generata da un imprevisto (l’addio di Rosberg) al quale era complicato porre rimedio e che, comunque, già consegna al finnico la grande occasione della carriera perché, a condizioni normali, sarebbe stato complicato un suo approdo in un top team. Nessuno gli chiederà la luna, ma dovrà capitalizzarla al massimo perché è improbabile che abbia una seconda chance. Come fu lottare per il mondiale per Irvine (1999) o per lo scudetto per la Roma di Ranieri (2010). Certi treni passano senza preavviso e bisogna saltarci su al volo, senza fare troppe domande. Altrimenti restano i rimpianti.
Chi invece ci perderà, da Bottas in Mercedes, sarà la F1, che avrebbe rialimentato il suo appeal con un tandem Hamilton-Vettel o, soprattutto, Hamilton-Alonso, conoscendo il talento, la sete di vittoria e la caliente tempra dello spagnolo. Ma questa è una considerazione valida finché non si spegneranno i semafori della prima gara. Poi, a parlare e ad avere ragione, sarà la pista. Come sempre.