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La Lega Pro, un Titanic destinato ad affondare?

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L’insostenibile pesantezza dell’essere in Lega Pro. Nelle ultime cinque stagioni, 28 fallimenti. Su 329 squadre, 71 penalizzazioni. Classifiche e gironi riscritti dalla giustizia sportiva. E il campo? E i meriti sportivi? Ah, ah, ah. Contano i soldi: anzi, neppure quelli, perchè spesso non ce ne sono. La stragrande maggioranza dei provvedimenti punitivi nasce da inadempienze con la “Co.vi.soc.” la Commissione di vigilanza delle società di calcio: evidente, dunque, che il problema è di natura finanziaria, figlio legittimo di un format ormai impossibile da sostenere.

Nella terza classe professionistica del calcio, si viaggia stretti e scomodi: tre gironi, 60 squadre  e costi insostenibili rispetto al fatturato medio. Ogni società, per partecipare al campionato, versa 600 mila euro di fidejussione, più 90 mila di iscrizione al campionato. Quindi, deve sottoporsi a un controllo trimestrale sul budget finanziario con l’obbligo di ripianare (entro 30 giorni) ogni forma di sconfinamento, pena la penalizzazione. Soluzione puntuale e inevitabile, considerati i costi di gestione di un club.

Eh già, perchè in Lega Pro il gioco costa più della candela. Una stagione, in media, costa 4,2 milioni di euro a fronte di un fatturato di 3,1. Una spesa insostenibile, specialmente per chi proviene  dalla LND, categoria dove sono sufficienti con 400-600 mila euro. Costi quasi decuplicati.

A conti fatti, perchè si dovrebbe partecipare? Indossate i panni di un presidente: che senso ha investire su un palcoscenico dove gli sponsor sono pochi, gli stadi semivuoti, i diritti tv esigui e la possibilità di vincere quasi nulla? Risposta mica facile, specialmente se i proprietari delle società non navigano nell’oro. Il pallone, da queste parti, è spinto da imprenditori legati a territori con risorse limitate. E in un format dove ogni società, in media “brucia” 1 milione di euro, gestire un campionato rischia di trasformarsi in una via crucis.

Di storie da raccontare, anche troppe: tutte senza lieto fine. Vince sempre l’orco che si materializza in libri contabili spediti in tribunale: è il caso dello Sporting Bellinzago, che lo scorso centra la promozione dalla D ma non ha i fondi per iscriversi. Si sveglia dal sogno e si ritrova in Eccellenza. In altre realtà si sfiora il tragicomico: il Monza, ora in D, lo scorso anno, in ritiro, si portava la spesa da casa. Il Barletta, a febbraio 2015, sceglie come “advisor” il capo ultrà, incaricandolo di trovare acquirenti per la società…

Soluzioni? Servirebbe una ferrea cura dimagrante. Insistere su tre gironi a 20 squadre è improduttivo, quasi dannoso. Lo scorso anno il format ha richiesto il ripescaggio di 12 squadre. Ad oggi, a metà campionato, già si contano 7 società penalizzate: Lucchese (-1, Girone A) e Maceratese (-3, Girone B). Nel giorne centromeridione, un quinto delle squadre ha già subito decurtazioni. Casertana (-2), Catania (-7), Fondi (-1) Melfi (-1) Il resto dei conti? Si farà a giugno, quindi, tranquilli, il peggio deve ancora arrivare.

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  1. Questo danneggia tutto lo sport: infatti, per far fronte alle spese insostenibili, la maggior parte delle squadre, accetta e segnala calciatori che sono in grado di portare liquidità. Lo stesso vale per gli allenatori che, dotati di sponsor ma privi di capacità tecniche, assumono il ruolo dirigenziale grazie al denaro che li segue. Questa è una piaga che si trascina da anni ma nessuno osa parlare, con buona pace di quesi calciatori che hanno “solo” talento ma non denaro e sponsor per farsi valere. Tanto ci sono i caciatori dai cognomi improponibili….

    • Brava Giulia, è proprio così la realtà dei fatti. Conseguenza diretta del sistema corrotto è la scarsa qualità tecnica delle squadre nelle varie serie A, B, C ecc…

  2. Le squadre che giocano in Lega Pro sono rappresentative di città molto più popolose di quelle che hanno le squadre in serie B. Basta ricordare Catania, Reggio Calabria, Messina, Taranto, Lecce, Parma, Venezia. Purtroppo nel calcio quello che conta non è l’incasso domenicale ma la presenza di un presidente danaroso o affarista, e questo manca nella stragrande maggioranza delle squadre del Sud. Il campionato costa tantissimo e le promozioni sono solo quattro per 60 squadre. Utile quindi sarebbe ridurre la Lega Pro a due gironi.

  3. quali sono le squadre che vincono la D con 400mila euro??? Ricordiamoci che sono state proprio le squadre che hanno votato il riallargamento a 20….inoltre quattro milioni li spendi per vincere il campionato, a meno che tu non sia SDL che a Mantova li ha spesi per rischiare di retrocedere, tante altre spendono circa la metà

  4. Lo sanno anche i muri e tutti i tifosi delle squadre in lega pro che bisognerebbe ridurre a 40 le squadre in soli due gironi, ma se le società hanno votato il ritorno a tre gironi da 20 c’è poco da fare…(come andrebbero ridotta A e B) perchè alla Lega va bene così e quindi tutti in silenzio o ad accettare gli annessi e connessi (come gli orari osceni dello spezzatino web)

    Aggiungo alcuni dati che fanno capire che l’articolo pecca di lacune che non entrano nel dettaglio del problema facendo solo un po’ troppo di sensazionalismo italico.

    Rimango in attesa di capire chi vince o riesce a fare una buona D con solo 400.000€….faccio qualche esempio: 400.000€ li ha spesi il CazzagoBornato Calcio per vincere la Promozione e il Governolo sempre in Promozione l’ha vinta l’anno scorso spendendone 280.000€ (Promozione….) Il Darfo Boario per vincere l’Eccellenza ne ha spesi 700.000€ e con lo stesso budget quest’anno è in zona play-out nei Dilettanti e sempre in LND la Polisportiva Ciliverghe di Mazzano ha budget di 1.2 M e non va su…..

  5. Tre serie professionistiche, in Italia, sono troppe. Non è un problema di 2-3 gironi, ma di ridurre a 2 le serie professionistiche: A e B. Poi si può discutere se sia più avvincente far partecipare 54 – 60 piazze a una maxi-serie B, con 100 milioni di introiti TV e mutualità, per ridurre la filiera del calcio e restituire prestigio al calcio di provincia e provare a risvegliare la passione sopita dei tifosi, oppure portare la Lega Pro sotto l’egida della Lega dilettanti salvaguardando l’attuale format dei campionati ma riducendo, evidentemente, costi e oneri di gestione.

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