La Grande bugia del Calcio Italiano

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Nel muro del Calcio italiano fatto di scandali, giochi di potere, intercettazionizuffe mediatiche e allenatori da bancone, un raggio di positività e speranza illumina i nostri punti di vista: secondo la Deloitte, società di consulenza britannica, nella classifica Top 20 dei club con i maggiori ricavi nell’anno appena concluso, figurano ben 4 squadre di casa nostra: in decima posizione, prima per quanto riguarda il cerchio delle italiane, troviamo la Juventus con circa 324 milioni di ricavi, seguita da Milan (circa 200), Roma (180) e Inter (164).

La poca affluenza di pubblico, la mancanza delle stelle di un tempo e l’assenza di stadi di proprietà sono limiti che non hanno fermato la passione e la voglia di calcio nel Belpaese.

Si potrebbe pensare che, visto il flusso “migratorio” verso campionati più ricchi da parte dei grandi giocatori, il motivo di questa analisi sia dettato dai ricavi derivanti dalle plusvalenze ottenute dai club in fase di vendita. Ma così non è: la Football Money League rappresenta la graduatoria secondo 3 diversi parametri riconducibili ad introiti dei biglietti e degli abbonamenti dello stadio, diritti tv, merchandising e sponsor, non tenendo conto delle entrate del calciomercato.

Dato ancora più sorprendente e, da un punto di vista “finalmente” patriottico è la supremazia che questo quadrilatero italiano ha nel calcio europeo. Infatti, tolta l’Inghilterra, che può vantare 9 squadre all’interno della classifica, l’Italietta del calcio “ormai morto” si piazza seconda davanti alla sempre ammirata Bundesliga, modello per molti da imitare (un campionato che nei fatti vede due/tre squadre al massimo contendersi un titolo che poi vince sempre o quasi il Bayern Monaco) e alla Spagna del Tiki Taka (dove anche qui, senza polemiche, vediamo un abisso tra le due squadre di Madrid e il Barcellona rispetto alle altre “sfortunate”). Fanalino di coda, la Francia, grazie allo strapotere economico e di immagine del Paris Saint German.

In testa al ranking, il Real Madrid con 577 milioni, seguito dal Barcellona (circa 561), rincorse dal Manchester United che paga le deludenti stagioni passate in termini di risultati e quindi di attrattiva. A scendere altre squadre inglesi, il Bayern e il PSG.

La Juve, grazie soprattutto agli introiti derivanti dallo Stadium e il fascino vintage da Vecchia Signora ha ricavi che sono quasi il doppio delle altre cugine italiane. Per il Milan, l’appeal della squadra che fu e i trofei messi in bacheca. Roma e Inter, beneficiano delle nuove proprietà che, se da una parte non hanno ancora portato a risultati tangibili in termini di vittorie rilevanti, hanno rivoluzionato, soprattutto per quanto riguarda la squadra capitolina, il loro modo di intendere il calcio, sfruttando l’aspetto del marketing che sa molto di calcio moderno ma che, nei fatti, profuma anche di contante. Probabilmente,  per coloro che, per certi versi a ragione, si lamentano di tour “inutili” in giro per il mondo, questo dato potrebbe farli riflettere.

Scorrendo la classifica vediamo come, per quanto presenti nella Top 20, siamo comunque ben lontani dai risultati delle compagini della Premier League. Il loro modello tanto invocato ha tra le basi solide della loro ricchezza stadi di proprietà che, come rilevabile nel caso della Juventus, hanno un peso davvero preponderante.

In una Serie A povera” di soldi (e non è vero) e di campioni, esiste un’economia che si muove e ottiene risultati, non solo sul campo (vedasi la Juventus lo scorso anno) ma anche nei ricavi. Il che ci deve far pensare che, una volta dato il là nella costruzione di impianti nuovi e, senza dover sempre guardare con sospetto gli investimenti esteri (molto presenti nel resto dell’Europa, senza che nessuno si sia mai lamentato), il campionato italiano, forse perdendo un po’ di identità, possa davvero tornare quello di una volta. Dove i talenti facevano la fila pur di venire a giocare da noi (ricordiamoci Zico all’Udinese o Junior al Torino, con tutto il rispetto), le televisioni estere si contendevano all’asta le nostre partite e i trofei internazionali avevano spesso la coccarda tricolore.

Il calcio italiano è vivo e, a quanto pare, anche vegeto.

0 Comments

  1. Molto interessante. Peccato però che manchi completamente un’analisi circa la metodologia con cui vengono spartiti gli introiti dei diritti televisivi di ogni lega tra i club partecipanti a tali leghe. Ovverosia i dati relativi ai club italiani sono falsati dal fatto che le percentuali riconosciute alle big sono assolutamente sproporzionate rispetto a quanto avviene nelle altre leghe europee, dove esiste una più equa ripartizione tra tutti i club partecipanti. Come dire che l’analisi andrebbe ripulita dagli evidenti aiuti della lega Nazionale ai nostri club (e infatti la Juventus, che tra le big é l’unica ad avere uno stadio proprio, supera di molto i risultati degli altri club italiani, i quali hanno come introito principale il lauto bonus “elargito” dalla lega di serie A, perlappunto).

    • Caro Signor Giovanni,
      nei prossimi giorni troverà un approfondimento proprio sulla situazione dei diritti tv tra i vari campionati.
      Grazie,
      La Redazione

    • Vorrei allargare le sue considerazioni.
      In Inghilterra i tifosi, organizzati in trust per il club ma anche in associazioni trasversale sono un importante punto di riferimento per difendere i loro diritto ad essere tifosi e non dei consumatori, trasformandosi in gruppi di pressioni o a volte, come nel caso del Chelsea diventano addirittura in onlus proprietaria dei diritti del nome e del terreni dello stadio. Questi riescono a contrattare con fortune alterne anche sul prezzo del biglietto allo stadio.
      Altra considerazione, leggevo delle “minacce” dei grandi club rappresentati da Rummenigge , intenzionate a creare una superleague dei soli 15-20 club più importanti europei, che per ovvie ragioni di tempo dovrebbero rinunciare al campionato nazionale, il tutto per poter ancora spremere i “consumatori”.

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