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La Giamaica, Bob Marley e il Surf

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In questo 2020 un personaggio come Robert Nesta Marley avrebbe compiuto i 75 anni di età. Il re del reggae, infatti, era nato nel piccolo villaggio giamaicano di Nine Mile il 6 febbraio 1945.

Per festeggiare questo importante anniversario sono usciti, nel corso degli ultimi mesi, alcuni degli episodi del documentario “Legacy” e dedicati a Marley. Grazie ad essi si riesce a capire l’influenza che la figura di Bob ha avuto, sotto numerosi punti di vista, non solo in Giamaica ma anche nel mondo intero.

Tra i vari ambiti toccati non poteva mancare certo quello sportivo. Sono infatti numerosi gli accenni che ci raccontano della passione di Bob Marley per vari sport, in primis il calcio.

Per fortuna però le sorprese sono sempre dietro l’angolo e, mentre vedevo l’episodio intitolato “Ride Natty Ride”, sono venuto a conoscenza di una nuova storia sportiva da raccontare legata a questo artista. Tale storia, nello specifico, accomuna la figura di Marley ad uno sport assai poco conosciuto nella maggior parte del mondo occidentale: il surf.

Da sempre legato alle grandi onde e alle spiagge bianche delle Hawaii, della California o della Australia non tutti sanno che questa disciplina ha acquisito una certa popolarità anche dalla parti di Kingston. Pur trovandosi nell’apparentemente piccolo e tranquillo Mar dei Caraibi, a pochi km a sud della grande isola di Cuba e di Haiti, il mare della Giamaica gode di ottime onde per praticare surf.

Questo grazie alle correnti provenienti dalla zona del Nord Atlantico ma anche ai costanti venti alisei che garantiscono a questa isola caraibica una stagione surfistica lunga all’incirca otto mesi durante tutto il corso dell’anno. I restanti quattro mesi, in cui il mare è pressochè piatto, sono suddivisi in periodi ben precisi che durano una o due settimane.

All’inizio la spiaggia giamaicana più famosa ed amata dai surfisti era la Boston Beach, facente parte della parrocchia di Portland, sulla costa nord-orientale dell’isola. Col passare del tempo anche il resto del litorale fu interessato da questo sport ed un altro luogo specifico si guadagnò la fama  grazie al surf: la località di Bull Bay, nella parte sud-orientale, a circa 10 km ad est della capitale Kingston.

E’ proprio a qui che, dagli anni ’70, si cominciò ad allenare uno dei più famosi surfisti giamaicani di sempre: Billy “Mystic” Wilmot. Questo personaggio nel corso del tempo, oltre alla passione per la tavola da surf, si avvicinò fortemente alla musica reggae.

Egli, per l’esattezza, diventò il cantante e chitarrista del gruppo Mystic Revealers formatosi, nella seconda metà degli anni ’70, proprio a Bull Bay.

Bob Marley, come spiegato nel documentario, è stato a Bull Bay durante la sua breve vita. In quella zona, infatti, il re del reggae ci si recava spesso durante le sue lunghissime corse mattutine che faceva quotidianamente appena gli era possibile.

Non si sa se Wilmot conobbe direttamente Robert Nesta. Sicuramente però fu influenzato, ed affascinato, dagli ideali di quella cultura rastafariana che Marley riuscì, attraverso i suoi testi e le sue canzoni, a far conoscere al mondo intero.

Uno dei lati del rastafarianesimo che interessò di più il cantante dei Mystic Revealers è il rispetto che tale credo religioso nutre nei confronti della natura e dei suoi elementi che ci circondano. Questo stesso tipo di ossequio lo si comprende quando ci viene spiegato che, a Bull Bay, si va a fare surf solamente quando vi è un perfetto equilibrio tra la terra e l’acqua.

Wilmot, inoltre, ha fatto del surf una questione di vita. Questo concetto lo si può racchiudere nella frase, detta da questa personalità, che dice: “Per questi giamaicani il surf non è solo uno sport, è la loro vita, il loro biglietto per la grandezza”.

Tanto è stata grande la passione per la tavola sulle onde che, nel 1999, Billy ha deciso di fondare la Jamaica Surfing Association. Essa è una vera e propria associazione che spinge affinchè il surf in Giamaica non rimanga al livello amatoriale di oggi ma diventi uno sport riconosciuto, ed amato, a livello nazionale quasi quanto l’atletica o il calcio.

Contemporaneamente si è deciso di dar vita al Jamnesia Surf Camp che, come si legge sul sito internet, ha uno scopo ben preciso. Esso, infatti, punta a “fornire una casa per governare nuovi surfisti e aiutare con lo sviluppo del surf attraverso eventi legati al surf”.

Si tenta, quindi, di dare anche una impronta sociale a questo sport. Tramite esso infatti si vorrebbe dare una possibilità ai giovani che provengono dalle parti più povere di un cosiddetto paese del terzo mondo e che quindi hanno opportunità di crearsi una vita migliore.

In chiusura di pezzo vorremmo ricordare che il surf per la prima volta, ai Giochi di Tokyo 2021, diventerà a tutti gli effetti una vera a propria disciplina olimpica insieme all’arrampicata sportiva, al karate e allo skate.

Sarebbe bello poter vedere gareggiare una squadra giamaicana in una importante cornice come quella a cinque cerchi. Chissà se ce la farà la piccola isola caraibica a realizzare questo sogno.   Per ora non possiamo concludere affermando alla Giamaica del surf di guardare al suo immediato futuro con una bella dose di “Positive Vibrations”.

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