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La Formula 1 del domani e la Formula E del presente: Due mondi destinati ad incrociarsi?

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Non va certo presa come una risposta diretta alla Formula E (anche perché non lo è) però, fra le proposte per le regole dei motori della Formula 1 che entreranno in vigore col 2021, ce n’è una che ha tutta l’aria di volerla essere: l’abolizione della componente MGU-H dalle attuali power unit per ottenere un aumento del loro rumore in virtù di un maggior regime di rotazione (si parla di 3.000 giri al minuto in più).

Una variazione che, qualora dovesse essere approvata, farebbe muovere la categoria regina della velocità a quattro ruote in una direzione completamente opposta rispetto alla serie fedele al green che, fra i suoi capisaldi, ha proprio l’eliminazione dell’inquinamento acustico grazie a propulsori ad alimentazione elettrica.  Al momento, però, navighiamo nel mare delle idee. Niente è ufficiale e non lo sarà finché i team di Formula 1 non troveranno un accordo definitivo con i vertici di Place de la Concorde e con Liberty Media, la società che ha sostituito Bernie Ecclestone nella gestione del Circus. E le prime reazioni, che raccontano di una generale quanto diffusa assenza di salti di gioia da parte di Mercedes, Ferrari e Renault su quanto uscito dall’incontro di Parigi, sono indicative sulla lunghezza e sulla perigliosità della traversata che nei prossimi mesi attenderà la stesura del format dei motori del futuro.

Intanto, sul suo conto, si possono formulare domande e considerazioni. A cominciare dall’inquadratura che è stata data all’eventuale eliminazione delle MGU-H: un incentivo per gran premi più imprevedibili e spettacolari. Ciò accadrebbe poiché, eliminando questa componente motogeneratrice, si potenzierà l’altra (l’MGU-K), l’uso dell’energia accumulata sarebbe lasciato al pilota, che deciderebbe quando erogarlo. Uno schema, simile a quello del 2009 quando fu introdotto il kers, che dovrebbe dar vita a strategie di gara originali e a corse dall’esito maggiormente incerto.

Si tratta di uno scenario sul quale però la subordinazione al condizionale è…imperativa! Il motivo è semplice. Nell’ultimo decennio di Formula 1, il tema del “maggior spettacolo” è stato, assieme al “contenimento dei costi”, uno dei più gettonati per sostenere l’introduzione delle diverse novità regolamentari. “Maggior spettacolo” con il ritorno alle gomme slick, l’introduzione dell’ala mobile per i sorpassi e la progressiva eliminazione dei test privati che avrebbe impedito ai team benestanti di avvantaggiarsi in maniera incolmabile nello sviluppo rispetto le squadre più “middle class” (dal 2009 in poi); “maggior spettacolo” con l’eliminazione dei rifornimenti (2010); “maggior spettacolo” con l’era ibrida (dal 2014 in avanti). Sennonché, i riscontri affermativi in tal senso sono pochi. Perché soltanto tre delle ultime dieci stagioni hanno raccontato di una competizione equilibrata e divertente fino all’ultimo. Il 2010 con Red Bull, Ferrari (Alonso) e McLaren (Hamilton) a giocarsi il titolo fino alla fine; il 2012, la “più spettacolare” di tutte, con otto piloti e sei costruttori differenti a vincere una delle venti gare in programma; infine, il 2017 che, seppur “giusto” con Mercedes e Ferrari a contendersi il mondiale, può considerarsi passo in avanti significativo rispetto all’ultimo triennio monopolizzato dalle Frecce d’Argento.

Dunque, perché Federazione e Liberty Media vorrebbero propulsori più rumorosi? Forse per favorire, come s’è detto, l’ingresso in Formula 1 di nuove case motoristiche che, attratte dalla sfida, ideerebbero soluzioni in grado di sparigliare la competizione guadagnandoci così in visibilità? Tutto sarà più chiaro col passare del tempo, soprattutto una volta approvato il nuovo regolamento motoristico.


 

Intanto ci si chiede se questi possibili cambiamenti sono collegabili alla valenza da attribuire alla Formula 1 che sarà. Soprattutto tenendo conto del principio che vuole le corse automobilistiche come un laboratorio dove sperimentare soluzioni da impiantare sulla produzione delle vetture in serie. Una logica che ingloberebbe anche l’avvento delle power unit e la nascita della Formula E, poiché il futuro dell’auto sarebbe l’elettrico. Che, come detto, azzererebbe l’inquinamento acustico. Ora però che si parla di Formula 1 “più rumorosa”, si deve forse pensare che essa, nel giro di dieci-quindici anni, diverrà un universo esclusivo, concentrato sulla sfida di uomini e bolidi destinati a compiacere le platee in ripetuti vernissage di potenza e tecnologia, a favore di una Formula E che, oltre a quello di regina, assumerà anche lo scettro di atelier dell’automobilismo che verrà?

Oppure la svolta nel segno del green non è così vicina come si pensa e, complice una Formula E giovane e non ancor appetita dai grandi costruttori, non sono ancora maturi i tempi per un tramonto della Formula 1 con annesso passaggio di consegne? Un’ipotesi che parrebbe trovar conferma nell’uscita dall’elettrico col 2018-19 annunciata dalla Renault fin qui vincitrice di due titoli piloti e altrettanti costruttori (più uno come partner ufficiale) per concentrarsi proprio sulla Formula 1. Ma anche questa è un’ipotesi e nulla più. Perché, a ora, nel rapsodico mondo dei motori del doman non v’è certezza”.

 

Classe 1982, una laurea in "Giornalismo" all'università "La Sapienza" di Roma e un libro-inchiesta, "Atto di Dolore", sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, scritto grazie a più di una copertura, fra le quali quella di appassionato di sport: prima arbitro di calcio a undici, poi allenatore di calcio a cinque e podista amatoriale, infine giornalista. Identità che, insieme a quella di "curioso" di storie italiane avvolte dal mistero, quando è davanti allo specchio lo portano a chiedere al suo interlocutore: ma tu, chi sei?

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