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La faccia di Cyrille Regis, pioniere della lotta al razzismo

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La faccia di Cyrille Regis, pioniere della lotta al razzismo

C’è un tram, della Midlands Metro Service, che ha il nome di un calciatore. Collega West Bromwich al centro di Birmingham ed è tutto blu, come blu e bianca è la sagoma disegnata sul vagone che tende le braccia al cielo. I colori dei The Baggies, della squadra di Cyrille Regis, uno dei più grandi calciatori della storia dell’Inghilterra, il cui cuore ha smesso di battere due anni fa.

A renderlo leggenda non sono i 158 gol messi a segno in oltre 600 presenze e nemmeno la FA Cup vinta con il Coventry City. A farlo brillare nel firmamento dei più grandi c’è la sua battaglia, silenziosa e sorridente, contro il razzismo.

Per capire come nasce questa guerra, bisogna fare un salto indietro di mezzo secolo. E andare a Maripasoula, nella Guyana Francese. È qui che nel 1958 Robert Regis, bracciante, e Mathilde Regis, sarta, danno alla luce il futuro campione. La famiglia quattro anni dopo emigra in Inghilterra, precisamente ad Harlesden, nel nord est di Londra, un sobborgo animato da immigrati irlandesi, africani, caraibici. Sui muri del quartiere, il partito conservatore appendeva manifesti con su scritto: “Vota Labourista, se vuoi un nero nel quartiere.

Il nero Cyrille, nel quartiere, studia, alla Cardinal Hinsley Maths & Computing College, lavora, come elettricista, ma soprattutto prende a calci il pallone. E mentre il Nottingham Forest di Brian Clough inizia la sua leggenda, nei bassifondi del calcio inglese, precisamente nella Isthmian League e con la maglia del Hayes CF, Cyrille Regis inizia la sua scalata.

Lo nota subito il West Bromwich Albion, che lo paga 5.000 sterline. Il salto non mette paura all’attaccante, che segna 10 reti alla prima stagione, portando in Coppa Uefa la sua squadra. Era un calciatore nuovo: veloce e dal fisico forte, tecnico e potente. Ma soprattutto aveva una particolarità: era nero. Un qualcosa di singolare, per i tempi, quando tra gli oltre 400 atleti delle 22 squadre della prima divisione solo 50 erano neri. Tre di questi l’allenatore Ron Atkinson li mette tutti insieme in campo, per la prima volta nella storia del calcio inglese, tutti in attacco: accanto a Regis arrivano Brendon Batson, originario di Grenada, e Laurie Cunningham, che a Madrid chiameranno La Perla Negra. Li chiamano The Three Degrees, come il trio di cantanti afroamericane di When Will I See You Again, e i loro gol sono musica.

Ma se sul campo la melodia è splendida, brillante, fuori dal campo e sugli spalti è ancora cupa e triste. È la fine degli anni 70, gli anni di Margaret Thatcher e delle sue politiche liberali, sono gli anni del Fronte Nazionale, partito di ispirazione fascista che trova nel primo movimento hooligans un terreno fertile per l’odio e la violenza. “Siamo scesi dall’autobus senza polizia, senza sicurezza, ed eccoli lì, quelli del Fronte Nazionaleracconta Batson nel libro di Paul Ree, The Three Degrees, Gli uomini che hanno cambiato il football britannico per sempre Dovevamo correre negli spogliatoi mentre quelle persone mi sputavano addosso“. In campo il suono degli insulti era assordante, ma Cyrille Regis non faceva un verso:Più abusi ho ricevuto e più incanalavo la rabbia nelle mie azioni“.

Quel suo modo di affrontare il problema, silenzioso e composto, a tratti stoico, diventa un faro per gli altri giocatori neri. Regis diventa un modello di comportamento, di cultura. Il The New Musical Express, influente settimanale londinese di musica e tendenze, lo sbatte in prima faccia con il titolo The Human Face Of Football“. Intanto lui e gli altri neri del West Bromwich continuano a segnare. Ron Greenwood, ct dell’Inghilterra, decide di convocarli. Viv Anderson era stato il primo nero a giocare per i Tre Leoni, Laurie Cunningham fu il secondo e Cyrille Regis fu il terzo. Dopo aver ricevuto una lettera di minacce, accompagnata da un proiettile:Se metti piede sul nostro prato di Wembley, ne prendi uno nel ginocchio“.

Da quel momento però qualcosa cambiò per sempre nel calcio, e nella società inglese. L’intensità degli insulti diminuì, i giornalisti iniziarono a parlarne, calciatori stranieri cominciarono a giocare ovunque.

Nel palmarés di Regis non ci sono grandi trofei e con la nazionale inglese scese in campo solo 5 volte. Ma la partita che ha vinto è forse ancora più importante. Non ha sconfitto il razzismo, ovviamente, ma l’ha reso fuorilegge, vergognoso, minoritario. L’ha fatto in un’epoca in cui essere calciatore nero era una rarità, in cui gli insulti non facevano notizia. L’ha fatto a suon di gol, con i sorrisi e con la faccia, la faccia umana del calcio.

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