Kasper non ha paura
Compie oggi 34 Kasper Schmeichel, il portiere danese del Leicester che ha dovuto convivere tutta la sua carriera con la “presenza ingombrante” di un monumento come il padre. Riuscendo a convincere tutti.
Quante storie può contenere un mondiale? Tante quante le esistenze di chi calca un prato, canta un inno, suda per non essere fuori quando la partita è secca. La Danimarca a Russia 2018 si è giocata il suo “dentro o fuori” contro la Croazia. Ha perso ai rigori.
E provateci voi a fare come Kasper. Kasper Schmeichel. portiere del Leicester e della nazionale. Da sempre ha dovuto fare i conti con una presenza ingombrante, per mole e curriculum. Suo padre Peter. Il portiere leggenda del Manchester United che vinse tutto. Ma anche il monumento incorruttibile dell’unica vittoria internazionale della Danish. Gli europei del 1992. Ma non sono solo le vittorie, anche la loro maturazione che sfiora la leggenda per il padre.
Nel 1992 vinse gli europei con la Danimarca, una squadra che nemmeno doveva esserci, si era qualificata la Jugoslavia, poi esclusa per il conflitto interno. I danesi vennero chiamati che erano in vacanza. Leggenda vuole che il tecnico Moller Nielsen stesse montando una cucina quando lo chiamarono per dirgli “raduna tutti che siamo agli europei”. Peter fu uno dei protagonisti di una vittoria totalmente imprevedibile. Parò anche il rigore a Van Basten in semifinale. Per non farsi mancare nulla, in quella finale segnò Kim Vilfort, che non si allenava quasi mai, perchè mentre si giocava aveva la figlia in ospedale per una leucemia, fece appena in tempo a vedere suo papà in finale, far gol, prima di andarsene via.
Nel 1999, fu il protagonista della più pazza delle rimonte della storia del calcio. In finale di Champions League, il Bayern era in vantaggio fino al novantesimo. Nei tre minuti di recupero, Peter sale in attacco e va a fare casino, tanto da contrastare e far finire la palla a Giggs che consente il pareggio di Sheringham. All’ultimo sussurro, Ole Gunnar Solskjaer, colpirà abbattendo i tedeschi. Ma quella è un’altra storia.
Kasper si trova a gestire tutto questo, lo vedono solo come un figlio, a suo padre dicevano e dicono che non sarà mai alla sua altezza e il padre li sfancula educatamente. Ma ha già dimostrato la sua pasta. Perchè vincere il titolo col Manchester United può non essere impossibile, con il Leicester non è proprio una passeggiata e Kasper, con Ranieri alla guida, ci è riuscito. Lui che a quindici anni, durante una partita tra vecchie glorie del padre, fu messo in porta mentre era lì come spettatore. Cavandosela di fronte a mostri sacri del calcio danese.
Agli ultimi mondiali, contro la Croazia, Kasper aveva il padre che lo guardava dalla tribuna. Il padre appunto. Mentre lo inquadravano, Peter non ha mai, proprio mai, fatto la faccia del padre svilente, di quello che dice “io avrei fatto meglio”, era felice. E dimostrava di essere padre da una cosa: non ha mai gioito in maniera così scomposta da giocatore. Solo chi ha sangue del proprio sangue impegnato in qualcosa di unico può capire. Non invadere, non sindacare, soffrire in silenzio ed esserci se il proprio figlio sbatte malamente la faccia. Peter è stato tutto questo. Nonostante fosse ingombrante in tutti i sensi. Kasper ha parato tre rigori, uno in partita e due durante la lotteria finale, ma non è bastato.
Un esempio per certi padri che si scannano alle partite dei pulcini.
Lui che quando cominciò veramente la carriera, si vide arrivare il padre per parlargli. Peter disse: “non voglio mai essere invadente, dimmi tu come posso esserti utile, come calciatore, come consigliere o come padre?”, Kasper rispose “mi serve solo un padre”, il calciatore lo aveva visto tutta la vita, poteva bastare.