Apocalisse. Una parola che riecheggia nelle stanze azzurre e profetico fu proprio Tavecchio che aveva lanciato l’anatema prima dello spareggio che ci ha mandato a casa. Dobbiamo tornare indietro 60 anni per vedere un Mondiale senza Italia, proprio in quella terra svedese che sancì la consacrazione di Pelè e del Brasile a 4 punte, questa volta tremendamente efficaci al contrario di quanto visto nell’esperimento tentato da Ventura in un momento in cui giocare al piccolo chimico era davvero impensabile.
Apocalisse. Come quella che ci aspettiamo tutti all’interno della FIGC. E se a fare la fila al Giudizio Universale ci siamo noi tutti che avevamo certamente sottovalutato i vichinghi gialli, prima di noi, ad essere giudicati devono essere coloro che hanno fatto sì che questo fosse possibile. Perché nominare presidente della Federcalcio una persona che a poche ore dalle elezioni aveva palesato tutta la sua inadeguatezza con dichiarazioni da film trash anni 70, doveva essere un segnale che al confronto Cassandra e Nostradamus sono dei pivelli alle prime armi. E non contenti siamo riusciti anche a confermarlo, abbagliati da un Europeo dove la vera differenza l’ha fatta chi era in panchina, capendo l’insostenibilità del progetto e fuggendo nella Londra che conta. Perché se è vero che il sistema calcio Italia, termine abusato in queste ore, ha fallito, non possiamo negare che a questo teatrino abbiamo partecipato proprio tutti. A cominciare dalle valutazioni sui giocatori, spacciati come fenomeni senza pedigree, che non sono stati in grado di dimostrare i 100 milioni scritti sulla targhetta, i milioni sul contratto e le medie gol da supereroi.
Perché nella corrente che ci doveva portare in Russia, il drakkar svedese è riuscito a domare le onde molto meglio del nostro motoscafo milionario ma senza motore e senza comandante. E non parliamo di arbitri o sfortuna perchè ne va della nostra dignità, se ancora ce l’abbiamo. Le immagini di De Rossi incredulo, per usare un eufemismo, quando viene chiamato per il riscaldamento sono lo specchio di una situazione limpida oltre ogni misura e le dichiarazioni che sono uscite in queste ore che vedevano un allenatore in alto mare, pronto a lasciare anche dopo la partita di andata, ne sono la conferma. Senza dimenticare la famosa riunione tra giocatori, ovviamente senza Ventura. Un allenatore che aveva nel suo palmarés tutte le risposte per quello che a breve sarebbe successo. E non nascondiamoci solo dietro a lui, però, perché certe partite si vincono a prescindere.
Un fallimento annunciato ma non annunciabile, come il morto che cammina che rassicura la famiglia che tutto andrà bene. E in questa lenta agonia il CONI e Malagò interessati ad altre questioni più politiche che di campo, hanno dimenticato che il calcio, oltre ad essere uno sport che ci ha visto sempre o quasi primeggiare è anche, e soprattutto, un’industria da preservare e sostenere. Abbiamo rispolverato addirittura il Ministero dello Sport, senza tenere conto che non c’è Ministero senza Sport.
E allora che Apocalisse sia, senza aspettare che il veleno che ci scorre nelle vene si faccia insopportabile più di quanto lo è già. Apocalisse sia, rapida e perentoria, sperando che i giudicanti non siano i giudicati, come spesso in Italia accade.