La vittoria della Lazio contro la Roma in Coppa Italia ha un significato particolare, diverso dal solito. Vincere un derby a Roma ha sempre un sapore più dolce rispetto a qualsiasi altro match, ma questa volta la differenza l’ha fatta Simone Inzaghi e il suo ‘’rispolverare’’ la cara vecchia tattica italiana a dispetto del nuovo che avanza. Da quando il Barcellona di Guardiola ha incantato le platee di tutto il mondo con il suo tiki taka, soprattutto tra i tecnici emergenti abbiamo assistito troppe volte ad un pericoloso spirito emulativo.
Dall’iniziare la manovra sempre palla a terra fin dal rinvio del portiere, fino ad arrivare alla classica ed estenuante ricerca del palleggio a centrocampo, negli ultimi anni abbiamo assistito al proliferarsi di tattiche e gestioni delle fasi di gioco molto ‘’barcelloniane’’ anche in quelle squadre che, oggettivamente, non avevano i requisiti per intraprendere questa strada. Tutti amiamo il bel gioco, il vincere dominando l’avversario e il mantenere lungamente il possesso della sfera, ma non sempre è possibile farlo. Il rimanere fermi sulle proprie convinzioni e il giocare sempre allo stesso modo contro qualunque avversario non è sinonimo di superiorità, ma di arroganza. La ‘’moda’’ del tiki taka, unita ad una voglia sempre maggiore di stupire da parte di giovani tecnici in rampa di lancio, ha fatto in modo che si andasse contro il buonsenso, cercando di trapiantare con la forza un sistema di gioco palesemente singolare e di difficile adattabilità in innumerevoli contesti poco inclini a questa sperimentazione.
L’intelligenza di un allenatore sta invece nel saper variare, adattandosi con umiltà all’avversario quando questo è oggettivamente superiore. Tolte Barcellona, Real Madrid, Bayern Monaco e pochissime altre squadre, nessun club al mondo può avere la presunzione di pensare solo a se stesso senza curarsi delle caratteristiche tecnico tattiche dell’avversario di turno. In un’epoca dove molti allenatori emergenti cercano, spesso invano, di emulare i Guardiola o i Klopp di turno, Simone Inzaghi contro la Roma ha invece dimostrato ancora una volta come la scuola italiana, per quanto riguarda gli allenatori, sia ancora una spanna superiore alle altre. Partendo dal presupposto che al giorno d’oggi nel calcio non c’è più nulla da inventare e che alcune regole sono sempre attuali, il mister biancoceleste ha rispolverato il vecchio e tanto caro ‘’difesa e contropiede’’, da sempre la miglior arma da usare quando si affrontano le grandi squadre. Varando un 3-5-2 compatto, con difesa bassa e poco spazio tra le linee, Inzaghi ha solamente adottato la tattica più semplice: coprirsi per poi ripartire in contropiede con rapide verticalizzazioni. Senza andare alla ricerca dell’invenzione geniale o della scelta cervellotica, l’allenatore della Lazio ha semplicemente usato la logica e l’intelligenza, riuscendo con umiltà ad ingabbiare alla perfezione l’avversario. In un mondo del calcio dove l’estetica sembra spesso farla da padrone, ancora una volta un tecnico di scuola italiana ha dato una splendida lezione di tattica a svariati colleghi, perché alla fine, nonostante le mode passeggere e le nuove correnti di pensiero, quello che conta è sempre e solo il risultato.
Condivido in toto quanto scritto. Il bel gioco non è sempre il possesso palla, il gioco di attacco, il pressing ecc. ecc. del resto la nazionale Italiana ha vinto titoli mondiali con il “catenaccio” e il contropiede, e quando arrivano i risultati sono tutti contenti e pronti ad elogiare tale tattiche. Ognuno dovrebbe esaltare e migliorare le proprie peculiarità culturali (tra l’altro queste opinioni e considerazioni le dice un tifoso della Roma all’indomani della sconfitta del derby quindi…obbiettive.