La notizia di ieri è che esiste il calcio femminile in Italia. Dobbiamo ringraziare, si fa per dire, le minacce pervenute allo Sporting Locri, squadra che milita nel campionato di Serie A di Calcio a 5 Femminile.
L’accaduto, rimbalzato su tutti i quotidiani e i telegiornali, ha portato all’indignazione delle grandi personalità dello sport e della politica italiana che stamattina si è svegliata con la novità che, anche nel nostro Paese, le donne hanno un ruolo importante, ma completamente ignorato, nell’universo calcio italiano.
Gli alti vertici dell’egocentrismo italico hanno intrapreso una corsa alla solidarietà che profuma più di auto celebrazione che di vera vicinanza ad un movimento, come quello femminile che, oltre ad non avere lo spazio che merita, non ha nemmeno lo stesso rispetto in termini di trattamento lavorativo paragonandolo ai ben più conclamati colleghi uomini e l’esempio più tangibile sono le battaglie sindacali intraprese per equiparare il calcio in rosa con quello maschile.
Ma il problema del calcio femminile in Italia, è una falla che esiste da sempre e che, come sempre, ci vede tra gli ultimi posti nelle classifiche dei Paesi che hanno sviluppato e pianificato soluzioni per farlo emergere.
Basti pensare ai Mondiali di Calcio Femminile che si sono svolti in Canada la scorsa estate. Oltre all’assenza della nostra Nazionale, il dato da sottolineare è che, in Europa, così come in Asia e Africa, tralasciando gli Stati Uniti che praticano il Soccer femminile da sempre, molte Federazioni hanno fatto passi avanti, sviluppando strategie per incrementare l’adesione allo sport da parte del gentil sesso e le testimonianze sono chiare vedendo i risultati conquistati da Inghilterra, Germania e Norvegia e la partecipazione di pubblico alla manifestazione iridata.
In Italia, niente di tutto questo. Le femmine sono femmine e per questo non hanno, e non si sa perché, la stessa credibilità del calcio degli uomini. Pochi soldi, poca attenzione, poca pubblicità per una sport che è in costante fermento tra le donne. Quando poi le cronache del “pallone masculo” sono intasate dagli scandali che lo riguardano, allora almeno un tentativo per poter sognare le ragazze in prima pagina sarebbe doveroso.
L’altro dato che emerge dalla richiesta coatta, il cui mittente è ancora sconosciuto, di ritirare la squadra calabrese dal campionato, è che in Italia, oltre al calcio femminile, esiste anche il Calcio a 5. Pur avendo, negli ultimi anni, un livello di adesione giovanile maggiore rispetto al calcio a 11, la disciplina è ancora oggi ritenuta uno sport minore, ben assimilabile nella parola “calcetto”, così piccolo rispetto al gigante “calcio”.
Facendo il paragone con il contesto mondiale, anche qui la situazione è pressoché tragica: palazzetti semivuoti anche nelle serie maggiori e, si ti va bene, pagina 20 dei quotidiani sportivi. Tutta un’altra storia rispetto alla Spagna o Portogallo. Andando a vedere, invece, i risultati ci accorgiamo come il movimento sia vivo e bisognoso di attenzione. Nel 2014, la nazionale italiana si è portata a casa il secondo titolo europeo nell’indifferenza quasi generale. Allo stesso modo, i campionati sono trasmessi a stento e in orari quasi improponibili in televisione e difficilmente in diretta.
Oggi la cronaca ci ha dato un assist importante per evidenziare come in Italia, spesso e volentieri, siano necessari degli exploit negativi per poter approfondire un argomento. Quando la notizia si sarà sgonfiata, ci si dimenticherà del calcio femminile e del calcio a 5. Finirà la gara a chi è più indignato o dispiaciuto e si ritornerà a pensare al calciomercato o all’attaccante di turno.
La Figc sembra essere interessata fino ad un certo punto all’argomento e, oltre alle promesse, fattivamente ha fatto poco. In questo, c’è da dirlo, il sempre contestato Tavecchio qualcosa ha cambiato, introducendo l’obbligo per le squadre di Serie A e B di creare una compagine al femminile. Per il resto, i calciatori maschili continueranno a fare la bella vita e le donne la “fame”. Il calcio a 11 in prima serata e quello a 5 in differita alle tre di notte.
Del resto, a chi potrà interessare il “calcetto” giocato da “4 lesbiche”?
FOTO: www.strettoweb.com
la federazione parla parla, ma il futsal lo maltratta, e ogni anno ne combina di tutti i colori. il torneo femminile poi ha cambiato formula praticamente ogni anno, generando solo confusione, fallimenti e ripescaggi. le società di paese, spesso nate da gruppi di amici che vogliono solo giocare assieme, devono ogni anno sborsare sempre più soldi di iscrizioni e soddisfare sempre più richieste di regolamento (dimensioni campo, under in campo). mai visto poi un allenatore o un dirigente della federazione venire a vedere un allenamento o a fare formazione. alla FIGC interessa solo incassare i soldi delle iscrizioni.
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