Frederic Kanouté era in campo il 12 ottobre 2007, il giorno in cui la sua nazionale conquista la partecipazione alla Coppa d’Africa di Ghana 2008. Il Mali affrontava in trasferta l’avversaria diretta per la qualificazione e doveva assolutamente uscire dallo stadio con almeno un punto per andare alla fase finale. I maliani si impongono 0-2 e ne rimediano anche di più: alla fine del match i tifosi locali, fuori controllo, invadono il campo e si gettano alla caccia di giocatori e tifosi ospiti. Kanouté viene colpito alla testa con una cintura, Sidibé viene accoltellato ad un braccio, alla fine sono più i punti di sutura del resto. Si giocava a Lomé e l’avversaria era il Togo di Emmanuel Adebayor.
Quella che può sembrare una scena quasi di un altro mondo è in realtà nulla di sconvolgente nella tormentata, quasi maledetta, storia calcistica recente della nazionale del Togo. Una squadra che nell’ultimo decennio ne ha vissute davvero di tutti i colori e la megarissa di Lomé non figura tra gli eventi più destabilizzanti. Due turni prima dello scontro diretto Togo-Mali per l’accesso a Ghana 2008, infatti, gli Sparvieri erano andati a Freetown, Sierra Leone, per la 4ª giornata dei gironi di qualificazione per la Coppa d’Africa. Era il 3 giugno 2007, il Togo vince 0-1 ma al ritorno esplode l’elicottero sul quale viaggiava la delegazione al seguito della nazionale: è una tragedia, perdono la vita in 22, tra di loro anche il Ministro della Gioventù e dello Sport, Richard Attipoé.
I gialloverdi proseguono la loro caccia a Ghana 2008, ma i loro sogni si infrangono a Lomé il giorno dell’incontro ravvicinato tra Kanouté e tifo locale. Nel 2010 il bersaglio è centrato, dopo il fallimento di due anni prima, Adebayor e compagni si qualificano per la Coppa d’Africa in Angola. Il girone dei togolesi non gioca nella capitale Luanda, ma in una zona molto particolare: a Cabinda, capoluogo della omonima provincia, exclave dell’Angola, incastonata tra Congo, Repubblica Democratica del Congo e oceano. Cabinda fu a tavolino integrata nell’Angola (dal Trattato di Alvor, 1975) e da allora la regione è attraversata da una guerra senza fine, è una zona minuscola e ricca di petrolio e diamanti (qualcuno lo chiama il “Kuwait d’Africa”). Dal 1975 si sono sviluppati un movimento separatista e varie fazioni armate che lottano con tutti i mezzi per l’indipendenza, cosa che Luanda si guarda bene dal concedere. Il giorno 8 gennaio 2010, i due pullman del Togo stavano per raggiungere Cabinda quando sono stati attaccati da uomini armati che hanno iniziato a sparare senza sosta con dei mitra. Sono morte 3 persone: l’allenatore in seconda, un addetto stampa e un autista. Alcuni giocatori sono rimasti feriti in maniera gravissima, gli altri sono rimasti sconvolti, l’attentato è stato rivendicato dai separatisti dell’exclave.
Il Togo si ritira poi da quella Coppa d’Africa su stretta indicazione del governo impaurito. Adebayor torna in Inghilterra profondamente scosso e sull’onda delle emozioni dichiara di non voler più giocare per la nazionale. L’attaccante di Lomé torna sui suoi passi poco dopo e prende parte alla spedizione di Sudafrica 2013, quella del record degli Sparvieri: la prima volta che la selezione raggiunge i quarti di finale nella competizione continentale, eliminata dal Burkina Faso ai supplementari.
Nel 2017 i ragazzi allenati da Claude Le Roy ci riprovano, dopo aver saltato un’edizione della rassegna africana, inseriti nel gruppo C insieme a Marocco, Costa d’Avorio e Repubblica Democratica del Congo. Sono passati quasi 10 anni da quel 12 ottobre 2007 ma i punti fermi dei gialloverdi sono sempre gli stessi. Emmanuel Adebayor e Kossi Agassa, due vecchie conoscenze del calcio europeo adesso rimasti senza contratto. Il CT Le Roy si affida ai suoi svincolati, entrambi nati a Lomé, uno attaccante e capitano, l’altro portiere con sette anni di Ligue 1 alle spalle.
Su Adebayor c’è poco da dire, dopo le valanghe di gol con le maglie di Monaco, Arsenal, Manchester City, Real Madrid e Tottenham è approdato a gennaio 2016 al Crystal Palace. In Inghilterra lo ricordano per le sue reti, per i suoi balli sfrenati con Eboué e per quegli 80 metri di campo corsi di scatto in un Manchester City-Arsenal per andare ad esultare sotto il settore dei suoi ex tifosi. I sostenitori dei Gunners apprezzarono talmente tanto il gesto che decisero di dedicare al centravanti togolese un coro affettuoso dal profondo spessore culturale (nella canzone si dice che il padre di Adebayor per lavoro lava elefanti, mentre sua madre fa un mestiere più facile da immaginare). In estate la sua firma con il Lione salta (i giornali francesi dicono che, all’incontro definitivo con la dirigenza, lui aveva fatto cattiva impressione tenendo una sigaretta in bocca e ordinando whisky) e lui resta senza contratto. L’attaccante smentisce tutta la questione ma resta lontano dai campi per mesi, in attesa del rilancio con il suo Togo.
A proteggere i pali Kossi Agassa, un’altra testa calda, anche se alla soglia dei quarant’anni. Uno che ha difeso i pali del Reims per otto stagioni, quelli del Metz per quattro ed è conosciuto come “Mani magiche”. Si tratta di un portiere che interpreta il ruolo assolutamente a suo modo (a rischio e pericolo di chi lo schiera), ma con lui in campo le emozioni sono garantite. È dotato di un’esplosività fuori dal comune e le possibilità di vedergli fare papere pazzesche e interventi surreali è praticamente la stessa. Il destino calcistico degli Sparvieri è stato negli ultimi dieci anni sicuramente colpito da qualche maledizione, per questo alla nazionale del Togo serve anche un po’ di magia. Quella nelle mani di Agassa?!?