“Per stare nella serie A del capitalismo italiano bisogna giocare a tre punte: avere un giornale, una banca e una squadra di calcio”. Diceva proprio così un senatore mentre parlava con il commendator Rastelli, durante una scena del film “Il Gioiellino” di Andrea Molaioli. Giornale-banca-squadra di calcio. La ricetta giusta per diventare grandi. Sarà forse solo un caso allora che il celebre film fosse ispirato ad uno dei più grossi crack finanziari nella storia del capitalismo italiano. Il fallimento della Parmalat di Calisto Tanzi. Un’altra brutta storia di soldi e potere che ha finito per legarsi al mondo del calcio. Con l’allora squadra di Tanzi, il Parma, che anni più tardi farà la stessa fine del suo celebre sponsor. Così come la Lazio di Sergio Cragnotti, altro grande imprenditore-presidente passato dai fasti dello scudetto alle celle del carcere per il crack della Cirio. Con la sua Lazio ad un passo dal fallimento dopo essere stata per bocca di Sir Alex Ferguson “la squadra più forte del mondo”. La Cirio e la Parmalat, Tanzi e Cragnotti, la Lazio e il Parma.
Storie di calcio e capitalismo finite male con al centro la banca di turno (Capitalia di Cesare Geronzi) a recitare un po’ il ruolo del difensore-creditore e un po’ quello del regista che detta i tempi nelle grandi operazioni di mercato oppure quando va male in quelle di salvataggio. Fino a trasformarsi in un vero e proprio centravanti di area di rigore quando c’è da trovare il miglior acquirente sul mercato che diventi anche il principale azionista. E’ così che negli anni si è trasformato il ruolo delle banche nel calcio italiano. Che da semplici finanziatori sono diventate dei veri e propri “player” nella vita delle società di calcio. Che diventano l’agnello da sacrificare nel caso delle grandi holding dove la società controllante non riesce a ripianare i propri debiti ed è costretta a vendersi le controllate migliori. Come nel caso del passaggio di proprietà dell’As Roma dalla famiglia Sensi alla cordata americana guidata prima da Thomas Di Benedetto e poi da James Pallotta. Sotto la regia della banca Unicredit (che nel 2007 si è fusa con Capitalia e attualmente uno dei main sponsor della Uefa Champions League), principale creditrice di Italpetroli la società della famiglia Sensi che all’epoca era anche la proprietaria delle quote di maggioranza della Roma.
Ma l’ingresso delle banche nel calcio va ben oltre i confini nazionali. E’ una storia che si ripete sempre più spesso; un potere che si ramifica ovunque, soprattutto tra le società di calcio europee. Dove alcuni rapporti tra società di calcio e gruppi bancari sono diventati anche terreno di polemica politica. Come il caso raccontato su queste colonne da Leonardo Ciccarelli riguardante la vicenda della banca spagnola Bankia accusata da alcuni europarlamentari di aver finanziato nell’estate del 2013 il maxiacquisto da parte del Real Madrid, del calciatore gallese Gareth Bale del Tottenham per 100 milioni di euro, con una parte dei soldi ricevuti dalla Banca Centrale Europea. Nell’ambito dell’operazione di salvataggio della banca stessa (che aveva dichiarato debiti per quasi 20 miliardi di euro) richiesta dal governo spagnolo. Ma come racconta il sito Sportpeople anche in Portogallo il salvataggio delle banche ha finito per condizionare le strategie delle società di calcio. Il caso più eclatante è quello del Benfica, costretto a cedere i suoi calciatori migliori dopo aver beneficiato per anni dei finanziamenti erogati dal Banco Espirito Santo, prima che la crisi economica causasse il dissesto dell’istituto.
Dalla banche salvate o quelle fallite si passa poi ai grandi gruppi bancari che negli anni sono arrivati ad essere i principali sponsor dei più importanti campionati europei oppure delle federazioni calcistiche. Se in Germania la Targobank (controllata della multinazionale Citigroup) è diventata partner ufficiale della DFB la federazione calcistica tedesca, in Inghilterra Barclays ha garantito come sponsor della Premier introiti fino a 150 milioni di euro. In Spagna, il main sponsor della Liga è stato per anni il gruppo BBVA, ora sostituito con il competitor Banco Santander. E per tornare all’Italia, molti istituti bancari hanno stretto negli anni partnership con le squadre di Serie A: dalla Deutsche Bank con l’Inter alla Banca Popolare di Milano con il Milan, da Intesa San Paolo con il Napoli a Veneto Banca con la Juventus. Fino ad arrivare a Compass (gruppo MedioBanca) con la nazionale di calcio. Inoltre, da qualche anno ormai si è fatta notare la presenza della Goldman Sachs come banca finanziatrice di grandi società della serie A come l’Inter o la Roma. Nel caso della società giallorossa in particolare, la banca d’affari statunitense ha finanziato con circa 30 milioni di euro, i costi preliminari del progetto relativo alla costruzione del nuovo impianto di proprietà. Come già raccontato ai lettori di Io Gioco Pulito, proprio la costruzione degli stadi di proprietà, potrebbe essere il nuovo importante business delle banche internazionali in Italia.